noia (nuta)
Probabilmente derivata dal provenzale noja, enoja (v. NOIARE), n. mostra spesso in antico un senso più forte che non oggi, indicando " dolore " nei suoi vari gradi.
Questo valore di " pena grave ", " tormento ", manifesta in If I 76 Ma tu perché ritorni a tanta noia?, dove allude alla selva, e quindi alla condizione del peccato.
Con gradazione appena meno intensa, in Vn XV 4 4 quand'io vi son presso, i' sento Amore / che dice: " Fuggi, se 'l perir t'è noia "; in Fiore CXX 6 tropp'è gran noia l'andar travagliando!, e CLXXVIII 8 non faccia mostranza / ched e' le paia noia né oltraggio.
Nel Detto e nel Fiore è senz'altro l'opposto di ‛ gioia ' (v.): suo' gioie e noie per lui fur ricevute, / né ma' su' viso non andò cambiando (Fiore XLIV 7); è troppo corta e breve / la gioia e la noia lunga (Detto 95); o designa lo stato di una vita senza amore: ché sanza amor non è altro che nuia (Fiore XXXVIII 11); sanz'Amor sì è nuia (Detto 153).
Nel brano di Vn XII 6 ricorre due volte col valore di " biasimo ", " danno alla reputazione ": Quella nostra Beatrice odio da certe persone di te ragionando, che la donna la quale io ti nominai nel cammino de li sospiri, ricevea da te alcuna noia; e però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, temendo non fosse noiosa.
Correlativamente ad argomenti o problemi intellettuali, denota l'" impaccio ", il " turbamento " da questi arrecato alla mente che non riesce a chiarirli o risolverli: E per queste parole, se ricolte / l'hai come dei, è l'argomento casso / che t'avria fatto noia ancor più volte (Pd IV 90).
Infine rientra in due locuzioni verbali: ‛ recarsi a n. ', che equivale a " considerare offesa " (l'un di lor... si recò a noia / forse d'esser nomato sì oscuro, If XXX 100); ‛ essere a n. ', corrispondente a " rincrescere ", " riuscir grave ": ed a la fine falle umil preghero, / lo perdonaré se le fosse a noia, / che mi comandi per messo ch'eo moia, / e vedrassi ubidir ben servidore (Vn XII 13 32).