NOCCIUOLO (lat. scient. Corylus avellana L.; fr. noisettier; sp. avellano; ted. Haselnusstrauch; ingl. hazelnut-tree)
Pianta della famiglia Cupulifere, forse di origine asiatica, certo da gran tempo introdotta in Italia e in Europa, dov'è diffusissima allo stato spontaneo e coltivata particolarmente nell'Avellinese (donde il nome di avellana) e in Sicilia. È un arbusto o un alberetto da 2 a 5 m. con chioma espansa, irregolare; foglie picciolate, grandi sparse, ovatorotonde, nuvide, doppiamente seghettate. I fiori staminiferi sono in amenti lunghi, cilindrici, penduli; i pistilliferi riuniti da 2 a 4 in brevissime cime; il frutto è una noce ravvolta da una cupula fogliacea campanulata, slargata superiormente, verdastra. È comune nei boschi dei colli e dei monti fino a 1200 m. s. m.
Si distinguono tre sottospecie: racemosa, glandulosa e maxima e molte varietà. Specie affine è il C. tubulosa Willd., che in Italia si trova qua e là nell'Istria e al M. Baldo e che viene anche coltivato in parecchie varietà: differisce specialmente per l'involucro del frutto tubuloso e cilindrico, superiormente ristretto.
Le zone migliori per la sua coltura sono dai 400 ai 900 m. s. m., in terreni profondi, freschi, soffici, permeabili e in luoghi non troppo ventosi. Si moltiplica per seme o per polloni e l'innesto è molto raro. La forma più adatta è a cespuglio: comincia la fruttificazione dopo quattro anni e continua per 7-10 anni. I frutti si consumano freschi o secchi e si usano largamente nell'industria dolciaria e nella fabbricazione della cioccolata. Sulle ceppaie di nocciuolo bruciate si sviluppano i ricettacoli di un eccellente fungo, il Polyporus corylinus o sfogatello del nocciuolo, edule; questo si trova con frequenza nei colli laziali, specie nella zona di Rocca di Papa.
Bibl.: F. Alfonso, Monografia del nocciuolo, Palermo 1887.