NOBILI SAVELLI, Giuseppe Ottaviano. –
Nacque a Sant'Antonino di Balagna, in Corsica, nel gennaio 1742 da una famiglia di piccoli notabili. Con il matrimonio aggiunse al suo il patronimico della moglie, assumendo il cognome Nobili Savelli.
Dopo aver compiuto solidi studi nel convento di Corbara, entrò nel 1765 all'Università di Corte appena fondata da Pasquale Paoli, del quale era cugino di secondo grado per parte di madre e al quale legò il suo destino. Fu infatti uomo di azione: presidente del Magistrato (consiglio provinciale) di Balagna nel 1766, dopo il trattato di Versailles (15 maggio 1768), con il quale Genova cedette la Corsica alla Francia, partecipò alla guerra contro le truppe di Luigi XV. La disfatta degli isolani a Ponte Nuovo lo costrinse all'esilio, prima a Oneglia e poi, per un periodo più lungo, in Toscana, dove attorno a Clemente Paoli, fratello del generale rifugiato a Londra, si organizzò la resistenza dei fuorusciti.
La Rivoluzione scoppiata in Francia nella primavera del 1789 aprì a Nobili Savelli, come d'altronde a Pasquale Paoli, nuove prospettive. Il 30 novembre infatti l’Assemblea nazionale concesse l'amnistia agli esiliati e permise loro di rientrare in patria. Il 23 dicembre il 'padre della patria' scrisse all'amico, invitandolo a celebrare la nuova era, a mettersi al suo servizio e a raggiungere l'isola prima che lui stesso potesse ritornarvi (Costa, 1930, nn. 490-495, p. 29).
Nel febbraio 1790 arrivò a Bastia ed entrò nel Consiglio superiore, che aveva preso il posto delle istituzioni dell'Antico regime in attesa che venissero create le nuove strutture politico-amministrative. Nel settembre 1790 l'Assemblea generale di Orezza lo elesse procuratore-sindaco del distretto di Isola Rossa, carica dalla quale venne destituito nell'aprile 1792. Il radicalizzarsi della Rivoluzione trovò Pasquale Paoli su posizioni differenti e sempre più in conflitto con i giacobini corsi, tra i quali i fratelli Bartolomeo, Giuseppe Antonio e Filippo Antonio Arena erano le figure più emblematiche. Filippo Antonio Arena era sindaco della piccola città e si scontrò con il sostenitore dell'ex capo, sconfessato d'altronde dal Consiglio generale del dipartimento. Fu un passo importante verso la rottura con la Convenzione che, il 2 aprile 1793, mise Paoli fuorilegge. Naturalmente Nobili Savelli seguì Paoli nella secessione e nell'avventura del Regno anglo-corso (giugno 1794-ottobre 1796), facendo parte, assieme ad altri tre conterranei della delegazione incaricata di offrire a Giorgio III la corona di Corsica. Al suo ritorno, nel luglio 1795, si pose al servizio del nuovo regime in qualità di consigliere di Stato. Per breve tempo Paoli si era illuso che gli inglesi gli affidassero il potere, ma essendo stato scelto al suo posto sir Gilbert Elliot, assunse un atteggiamento di risentita contrapposizione, seguito dal suo fedele amico, il quale in agosto si vide privato delle sue funzioni. Allorché nell'autunno del 1796 la 'riconquista repubblicana' restituì ai francesi il possesso dell'isola, Nobili Savelli fu escluso dall'amnistia e riprese il mare verso la Toscana.
La sua vita non si riassume tuttavia nel solo itinerario politico, all'ombra delle gesta di Paoli. Fu anche un fine letterato, la cui opera merita attenzione. Nel corso del suo primo soggiorno toscano frequentò l'Università di Pisa e si legò con gli eruditi e studiosi che la frequentavano, tra cui Vittorio Alfieri. Nel 1782, durante un viaggio a Vienna incontrò Pietro Metastasio al quale, dopo la morte, consacrò un'Elegia. Metastasio lo aveva incitato a tradurre le Odi di Orazio e a quest'impresa, di valore riconosciuto, Nobili Savelli dedicò buona parte della sua vita.
La sua opera maggiore resta però il Vir Nemoris, lungo poema in latino in cui viene celebrato Domenico Leca, detto Circinellu, parroco di Guagno, simbolo della resistenza alle truppe del Re di Francia. Composto tra il 1771 e il 1772, scritto secondo i canoni del genere, è un inno alla libertà e alla Virtus. Pubblicato per la prima volta nel 1846 da Niccolò Tommaseo, su sollecitazione di Salvatore Viale di Bastia, ha un ruolo anche nella storia dell'Italia contemporanea. Inserendolo nelle sue Lettere di Pasquale Paoli Tommaseo intendeva infatti dimostrare che l'indipendenza dell'isola guidata da Pasquale Paoli aveva rappresentato la prima esperienza italiana in cui ci si era sbarazzati di un dominio straniero sotto il vessillo di un cattolicesimo mistico e messianico. Tutt'altra fu l'interpretazione datane dal fascismo: negli anni Trenta il Vir Nemoris fu oggetto di ben due traduzioni all'interno di pubblicazioni irredentiste finalizzate a dimostrare l'italianità di una Corsica destinata, per natura e per storia, a integrare la 'Madre patria' (Vir Nemoris (l’uomo del Bosco), trad. di M. Roselli Cecconi, Firenze 1930 [II ed.: Livorno 1931]; Corsica eroica, trad. di A. Gianola, Livorno 1930 [già in Archivio storico di Corsica, 6, 1, 1930]). Oggi lo sguardo degli studiosi restituisce al testo la sua dimensione di testimonianza di un uomo del XVIII secolo, attore di un momento importante per la storia della sua isola (cfr. Circinellu, ou L'homme du bois sacré, a cura di F.-M. Durazzo, pref. di M. Cini, Ajaccio-Bastia 2008).
Morì a Firenze il 27 maggio 1807.
Fonti e Bibl.: N. Tommaseo, Lettere di Pasquale Paoli, Firenze 1846, p. 632; A. Costa, Lettres de Pascal Paoli à G.O. N.-S., in Bulletin de la Société des Sciences Historiques et Naturelles de la Corse, 1930, nn. 490-495 e 496-501.