Vedi NIMES dell'anno: 1963 - 1996
NÎMES (Nemausus)
Capitale dei Volsci Arecomici all'epoea dei Galli, era anche un santuario importante per la sua posizione lungo la strada che dall'Italia conduceva in Spagna presso una sacra sorgente da cui ha tratto il nome.
La leggenda, tramandataci da Partenio di Nicea, secondo la quale il fondatore di N. sarebbe stato Nemausos, figlio di Eracle, prova un influsso esercitatovi dal mondo greco attraverso Marsiglia. Ed infatti una parte del territorio dei Volsci, dove fu particolarmente estesa l'influenza di quella città, le venne aggregata da Pompeo nel 72 a. C. Inoltre le prime monete di N. recano la leggenda in greco (ΝΑΜΑΣΑΤ) e numerose stele, a N. e nella valle del Gardon, sono scritte in questa stessa lingua.
Colonia latina, fu popolata da soldati greco-egiziani dell'esercito di Antonio, e sembra che ad essi si debba l'origine del suo stemma (un coccodrillo aggrappato ad una palma). Durante l'impero di Augusto, il quale le diede il nome di Colonia Augusta Nemausus nel 27 a. C., in occasione della riorganizzazione della Gallia Narbonese, le furono aggregate nuove colonie, come Narbona e Arles.
Fu profondamente romanizzata: diede i natali a Domizio Afro, maestro di Quintiliano, e al nonno dell'imperatore Antonino Pio. Augusto, come Agrippa suo genero, vi soggiornò più volte: dapprima nel 25 a. C., come attesta un'iscrizione della Fontana, poi nel 16-15, secondo la scritta della Porta di Augusto nella quale si ricorda che l'imperatore fece dono alla colonia delle porte e del nuovo territorio.
Anche all'epoca di Augusto risale indubbiamente la Tour Magne, trofeo costruito di fronte alle montagne delle Cevenne, che corrisponde a quello della Turbia situato di fronte alle Alpi Liguri (7-6 a. C.): ambedue commemorano la romanizzazione della provincia. La Tour Magne, di forma ottagonale, adorna di pilastri dorici, ha archi di scarico poggianti su semicilindri verticali, come si trovano nei monumenti augustei (Mausoleo di Augusto a Roma, tempio di Diana a N., bastioni di Fréjus e di Beaucaire).
Il territorio della colonia, stabilito nei suoi confini da Agrippa, era delimitato da una cinta di mura che si estendeva per un perimetro di più di 6 km e che per la sua superficie di circa 275 ettari, era uno dei più importanti della Gallia, comprendendo a N le colline dalle quali sgorgava la sorgente di Nemausus e donde originava l'acquedotto, di cui oggi sopravvivono numerosi ruderi (Ponte del Gard, Vers, Uzès).
All'incrocio del cardo e del decumanus, sorge la Maison Carrée tempio esastilo pseudo-periptero, circondato da portici, presso il Foro. Il rinvenimento di due iscrizioni successive in lettere di bronzo ha determinato l'ipotesi che il tempio fosse stato dedicato inizialmente ad Agrippa, poi ai suoi figli Gaio e Lucio Cesare, il maggiore dei quali aveva accettato di divenire il patrono della colonia e vi aveva fatto costruire uno xystus.
Nella periferia meridionale della colonia, entro la cinta, si ergevano il circo, oggi scomparso, e l'anfiteatro, i cui carceres, dove erano rinchiusi gli animali, avevano accessi sboccanti sulle strade che conducevano in Camarga, regione famosa per l'allevamento di cavalli e tori. L'anfiteatro, di proporzioni uguali a quello di Arles (133 m × 101 m), presenta una cavea sostenuta da due ordini di arcate; la parte sottostante all'arena, che doveva accogliere le belve e quant'altro occorreva per le rappresentazioni, è costruita in forma di croce latina secondo una regola architettonica che sembra anteriore a quella di Arles e risale indubbiamente alla seconda metà del I sec. d. C.
Nella zona a N-O della colonia, presso il trofeo della Tour Magne, sorgeva uno splendido complesso di monumenti ordinati intorno alla sorgente di Nemausus e circondati da un portico: il teatro disposto sul pendio della collina, il ninfeo con portici conservato ed incluso in un giardino creatovi nel Settecento, e numerosi templi. Un frontone, appartenente ad uno di questi templi, attribuibile all'epoca dell'imperatore Adriano (?), è stato collocato nella piazza antistante la Maison Carrée. Sopravvive ancora il tempio di Diana che durante il Medio Evo era stato trasformato in chiesa: esso è costituito da un pronao e da una grande cella con vòlta a botte con sottarchi, che forse serviva come sala rituale per gli oracoli. Essa risale certamente all'età di Augusto ed è stata adornata sotto l'imperatore Adriano di grandi nicchie con frontoni triangolari e ricurvi: su ogni lato, inoltre, si aprono ampî corridoi con scale, attraverso i quali si accede in edifici disposti sul declivio della collina in diversi piani e si giunge anche sulla terrazza del tempio, dove esistono canali che attingono acqua da una derivazione dell'acquedotto. Sembra che qui il culto di Apollo, adorato in Gallia come dio delle sorgenti, abbia sostituito quello di Nemausus. È poco verosimile invece l'ipotesi che in questo luogo Costantino abbia avuto la prima visione nel 310; è più probabile che ciò sia accaduto sul limes, a Grand.
Nella colonia sorgevano monumenti pubblici di grande valore, oggi scomparsi: terme, templi, un circo, la basilica di Plotina, innalzata da Adriano per onorare la memoria dell'imperatrice. I palazzi privati erano adorni di ricchi mosaici, dei quali numerosi esemplari si conservano nel museo (Bellerofonte lottante contro la Chimera, Achille nell'atto di trascinare il corpo di Ettore, le Nozze di Admeto, ecc.).
Il culto pagano durò a lungo nella città, anche dopo che la Chiesa fu riconosciuta in tutto l'Impero, e non sembra che si siano costituiti anche qui, come ad Arles ed a Marsiglia, importanti nuclei religiosi. St. Baudile, apostolo di N., certamente originario di Orléans, subì il martirio nel bosco sacro che circondava il tempio di Nemausus durante le feste pagane di maggio (20 maggio), e fu condannato per aver voluto distruggere gli idoli.
Tuttavia è probabile che un vescovado vi fosse già stato fondato nel IV sec., poiché nel 396 vi si tenne un concilio; ma il primo vescovo di cui ci sia pervenuto il nome è Sedatus, il quale nel 5o6 partecipò al concilio di Agde.
La cattedrale, dedicata a S. Castore, amico di S. Cassiano e vescovo di Apt, fu elevata su un edificio pagano (forse tempio di Augusto): ai lati di essa sorgevano un battistero (chiesa di S. Giovanni) ed una basillea dedicata a S. Stefano. In seguito a scavi eseguiti nella piazza delle Erbe si sono ritrovati resti della chiesa primitiva o del suo atrium ed una necropoli dell'alto Medio Evo.
Al di fuori delle mura, lungo la via Regordane, sorge l'abbazia di St. Baudile sul luogo dove si trovava la tomba del santo (sarcofago paleocristiano di Arles) in mezzo ad un crmitero pagano e cristiano come la tomba di S. Genesio negli Aliscamps di Arles.
Nel V sec., il territorio dei Volsci fu invaso dai Visigoti: tale dominazione si estese nel S-O della Francia e durò fino all'invasione araba, favorendo lo sviluppo della chiesa cristiana e degli ordini monastici (abbazia di St. Gilles nella foresta della Vallis Flaviana).
A quest'epoca risalgono alcuni toponimi (Silva gothica o Silvegodesque, Mandagout, Malgoirès Mons Gothorum, ecc.) e tombe con decorazioni geometriche (croci, triangoli, volute, rosoni, spirali) di ispirazione affatto diversa dai sarcofagi della scuola di Aquitania appartenenti alla stessa epoca, con decorazione floreale.
Bibl.: L. Ménard, Histoire de Nîmes, VII, Parigi 1758; Germer-Durand, Notes archéologiques, in Mém. de l'Académie du Gard, 1860-76; E. Espérandieu, La Maison carrée, Parigi 1922; E. Gimon, Les origines de Nîmes, Nîmes 1923; E. Espérandieu, Le Musée lapidaire, Parigi 1924; id., L'amphithéatre de Nîmes, Parigi 1933; id., Répertoire archéologique du dép. du Gard, Montpellier 1934; id., Les mosaïques romaines de Nîmes, Nîmes 1935; R. Naumann, Der Quellbezirk von Nîmes, in Arch. Inst. des deutschen Reichs. Denkmäler ant. Architectur, Berlino-Lipsia IV, 1937; M. Gouron, Les étapes de l'histoire de Nîmes, Nîmes 1939; M. L.-A. Blanchet, Forma orbis Romani, VIII, Gard 1941; F. Benoît, Nîmes, Arles et la Camargue, Parigi 1946; P. Orgels, La première vision de Constantin et le temple d'Apollon à Nîmes, in Ac. Royal de Belgique, Lettres, XXXIV, 1948, p. 176; E. Galletier, La mort de Maximien dans le panégirique du 310, in Rev. Ét. Anciennes, 1950, pp. 288-290.