Pseudonimo del poeta iraniano Muḥammad Isfandiyārī (n. Yūsh 1897 - m. 1960). Creatore della scuola poetica shi῾r-i nau, che postulava la completa rottura con le regole della prosodia classica persiana e araba, l'abbandono del genere della qaṣida e del ghazal e l'adozione dei principî del verso libero, N. creò una poesia fondata sul ritmo e la musicalità del linguaggio. Le sue opere, caratterizzate dapprima da un pessimismo egocentrico (Qeṣṣe-ye rangparīde "Il racconto pallido", 1921), da influssi del romanticismo francese (Afsāne "La favola", 1921), e da una sorta di realismo sociale (Khānvāde-ye sarbāz "La famiglia di un soldato", 1925), nell'ultimo periodo trovano espressione in una poesia meditata, fitta di simbolismi e allegorie, spesso difficili da decifrare (Ay, ādamhā "Oh, uomini!", 1942) e influenzate dal simbolismo francese, dall'espressionismo e dal surrealismo.