Pseudonimo dello scrittore tedesco Nikolaus Niembsch von Strehlenau (Csatád, Temesvár, 1802 - Oberdöbling, Vienna, 1850). Di indole passionale e malinconica, condusse una vita nomade sospinto da una permanente inquietudine. Considerato tra i maggiori interpreti tedeschi della cosiddetta «poesia del dolore», fu dotato di una profonda sensibilità arricchita da un incessante lavorio d'immaginazione. Scrisse liriche e poemi.
Figlio di un ufficiale di famiglia nobile prussiano-slesiana, morto quando il poeta aveva solo sei anni, crebbe in Ungheria godendo della raffinata educazione della madre. Studiò all'università di Vienna dapprima filosofia, poi diritto e in seguito medicina, senza tuttavia giungere alla conclusione. Natura focosa e in pari tempo melanconica, disponibile alla fantasia più incontrollabile e alla più profonda tristezza, L. cominciò assai presto ad avvertire nostalgia per la sua terra di origine, trasferendola in un'irrequietudine che si tramutò in autentico nomadismo. Nel 1829, passò in Svevia, a Stoccarda, ove conobbe G. B. Schwab, L. Uhland e J. Kerner; poi emigrò nell'America Settentrionale, dove, nel 1832, acquistò un terreno in Pennsylvania; ma già l'anno successivo tornò deluso in Europa e trascorse gli anni fra il 1833 e il 1843 tra Vienna e la Svevia. Alla perdurante insicurezza contribuì la serie di amori, quasi tutti fugaci e tutti infelici (per la popolana Berta Auer, per Lotte Gmelin che gli ispirò gli Schilflieder, per la cantante Carolina Unger e per Sophie Loewenthal). Sempre più scosso e distante dalla realtà, nel 1844 L., che già in precedenza aveva sofferto di crisi di follia, entrò in uno stadio del male che lo costrinse a trascorrere gli ultimi anni di vita in casa di cura.
L. fu già al suo tempo esaltato come l'esponente più autentico di quella «poesia del dolore» che sembrò esprimere le inquietudini di una coscienza che, in parte disincantata dagli ideali romantici, non aveva avuto il vigore di formularne altri sostitutivi. Esordì nel 1831 con Gedichte, composizioni musicalmente languide e aristocratiche e insieme fantasiosamente tetre o meste o anche passionalmente impetuose. Seguirono, sulla stessa traccia, Neueren Gedichte (1838). Fra le due raccolte di liriche, alcune delle quali appartengono al meglio della poesia in lingua tedesca, si colloca il Faust (1836 in prima stesura), poema epico-drammatico nella struttura ma lirico nell'essenza. Passionalmente più poveri, anche se formalmente meglio strutturati, sono i poemi storico-filosofici Savonarola (1837) e Die Albigenser (1842). Al Faust si ricollega, per l'immediatezza dell'ispirazione, il poema Don Juan, composto fra il 1842 e il 1844 e pubblicato postumo da A. Grün nel 1851. La fama di L. è soprattutto legata ai cicli lirici composti fra il 1832 e il 1843, Hussarenlieder, Schilflieder e Waldlieder, fra i più belli, specie questi ultimi, per ricchezza di contenuti e robustezza compositiva.