ROMANOV, Nikolaj Nikolaevič
Granduca e generalissimo russo, figlio di un fratello dello zar Alessandro II, nato a Pietroburgo il 6 novembre 1856, morto a Cap d'Antibes il 5 gennaio 1929. Percorse l'intera carriera in cavalleria, sino alla carica d'ispettore generale dell'arma. Comandò poi il corpo della Guardia e quindi la circoscrizione militare di Pietroburgo. Allo scoppio della guerra mondiale fu, tra l'approvazione universale, nominato comandante supremo dell'esercito. Pieno di attività, energico, talvolta violento, aveva buone qualità di comandante e un ascendente personale sia in Russia sia presso gli Alleati. Come quasi tutti i generali russi, il granduca difettava per quanto riguarda la condotta strategica di un grande esercito. Gli fu dato come capo di Stato maggiore il generale Januškevič, ben visto a corte, ma privo di adeguata capacità e senza ascendente. L'ispiratore delle operazioni militari fu dunque il quartiermastro generale Danilov, fautore dell'offensiva contro la Prussia Orientale. Poiché la Russia doveva naturalmente prendere l'offensiva anche contro l'Austria ne derivò l'offensiva generale in entrambi i teatri di guerra, per la quale, se la forza si poteva dire adeguata, mancava invece, per le operazioni contro i Tedeschi, l'abilità manovriera e anche la solidità delle truppe, già rose da fermenti rivoluzionarî. Inoltre l'essere le operazioni in pratica dirette da un generale molto capace, ma di grado modesto, diminuì il controllo sull'operato degli altri generali comandanti le varie fronti. Si ebbero così operazioni mal condotte, come quella di Tannenberg. I rovesci del 1915 e il desiderio dello zar di assumere il comando produssero l'esonero del granduca e dei suoi collaboratori (7 settembre 1915). Fu perciò mandato come comandante al Caucaso l'uomo che per energia dava affidamento di poter dominare gli avvenimenti militari e politici: la sua lontananza facilitò grandemente il lavoro di disgregazione dell'esercito. Nel Caucaso il granduca condusse nel 1916 una campagna vittoriosa contro i Turchi. All'atto dell'abdicazione (15 marzo 1917), consigliata anche dal granduca, lo zar gli cedette il comando dell'esercito, ma il governo rivoluzionario non approvò tale nomina. Il granduca fu internato in Crimea, donde solamente nel 1919 poté espatriare.