Michalkov, Nikita Sergeevič
Regista, attore e produttore cinematografico russo, nato a Mosca il 21 ottobre 1945. È il regista più famoso e influente della generazione di autori del suo Paese nati durante la Seconda guerra mondiale o nell'immediato dopoguerra; fin dagli esordi la sua opera si è discostata volutamente dai modelli del cinema sovietico, per rifarsi alla grande tradizione letteraria russa di I.A. Gončarov, F.M. Dostoevskij, A.P. Čechov e N.V. Gogol′. Nel 1991 con Urga (Urga ‒ Territorio d'amore) ha ottenuto il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia, mentre con Utomlën-nye solncem (Sole ingannatore) ha vinto nel 1994 il Gran premio della giuria al Festival di Cannes e l'Oscar come miglior film straniero nel 1995.
Proveniente da una famiglia di intellettuali e artisti (il bisnonno V. Surikov e il nonno P. Končalovskij erano pittori, la madre, Natal′ja Končalovskaja, poetessa e traduttrice), fratello minore del regista Andrej Michalkov Končalovskij, esordì giovanissimo nel cinema come attore nel film di Georgij N. Danelija, Ja šagaju po Moskve (1963; A zonzo per Mosca). Dal 1962 al 1967 studiò recitazione all'Istituto teatrale di Mosca e in seguito si diplomò in regia al VGIK, dove aveva seguito i corsi di Michail I. Romm, con il mediometraggio Spokojnyj den′ v konce voiny (1970, Un giorno tranquillo alla fine della guerra), in cui dimostra la sua predilezione per una messinscena di ampio respiro, basata sull'immobilità dei personaggi che sono così costretti a parlare, a confessarsi (nel film due soldati, un uomo e una donna, parlano di loro stessi in cima a una torre di avvistamento). Il suo primo lungometraggio fu Svoj sredi čužich, čužoj sredi svoich (1974; Amico fra i nemici, nemico fra gli amici), che lo segnalò per l'originalità dello stile e la padronanza del mezzo cinematografico: l'epoca dei primi soviet viene infatti raccontata attraverso gli elementi tipici del genere western (un uomo è accusato di complicità in una rapina a un treno blindato). Il successo crebbe con i film che seguirono in cui M. continuò a esplorare le potenzialità narrative del cinema assumendo però come punto di riferimento costante il patrimonio letterario russo, diversamente da altri registi, come Otar Ioseliani, Andrej A. Tarkovskij e lo stesso Michalkov Končalovskij. Un senso di nostalgia soffusa pervade già Raba ljubvi (1976; Schiava d'amore), che racconta la fine dell'epoca zarista attraverso la storia di un film girato nei giorni della rivoluzione bolscevica. Ma il recupero di un'idea classica di narrazione e delle radici culturali autenticamente russe diviene esplicito nei film seguenti, a partire da Neokončennaja p´esa dlja mechaničeskogo pianino (1977; Partitura incompiuta per pianola meccanica), film parzialmente tratto da un'opera giovanile di Čechov (Platonov), in cui gli attori agiscono e parlano come sospesi nello spazio e nel tempo, in un'atmosfera rarefatta. E se nel seguente Pjat′ večerov (1979, Cinque serate) M. trasse ispirazione da una pièce teatrale degli anni Cinquanta di A. Volodin per affrontare il passato più prossimo, con Neskol′ko dnej iz žizni I.I. Oblomova (1980; Oblomov) tornò a immergersi nell'epoca zarista, realizzando una notevole trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Gončarov, il cui protagonista è un eroe dell'inazione, della sospensione dell'agire, che si contrappone all'inevitabile divenire della Storia.
Dopo due film di ambientazione contemporanea, Rodnja (1982, Legami di sangue) e Bez svidetelej (1983, Senza testimoni), M. ha ottenuto la consacrazione internazionale con Oči čërnye (1987; Oci ciornie), una coproduzione russo-italiana in cui ha dato una nuova prova della sua capacità di tradurre in termini cinematografici le atmosfere di Čechov (in questo caso quelle dei quattro racconti cui la sceneggiatura è ispirata), avvalendosi anche delle ottime interpretazioni di Marcello Mastroianni e Silvana Mangano. Il ritorno ai modelli culturali della Russia prerivoluzionaria si è ulteriormente intensificato nelle opere realizzate dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica. A partire dal premiato Urga, coproduzione russo-francese ambientata nella Mongolia, i film di M. si sono fatti sempre più magniloquenti, desiderosi di mostrare al mondo la grandezza dell''anima russa'. Parallelamente è emersa l'esigenza di rielaborare l'esperienza storica dell'Unione Sovietica, in particolare in Utomlënnye solncem, dove lo stesso regista interpreta il ruolo del colonnello Kotov, eroe sovietico che sta per cadere vittima delle purghe staliniane, e nel più personale Anna 6-18 (1994; Anna), in cui M. filma la figlia Anna, nata nel 1974 (oggi attrice di successo), a intervalli regolari per dodici anni, rivolgendole sempre le stesse domande, e monta le riprese familiari con altri materiali accompagnati da una voce off che racconta con toni moralistici la caduta del regime sovietico. Nel 1998 M. ha realizzato Sibirskij cirjul′nik (Il barbiere di Siberia), il suo film storico più ambizioso, in cui torna a raccontare la Russia zarista (sfruttando l'eccezionale opportunità di girare all'interno del Cremlino) mescolando musical, commedia e film d'avventura. Tra i film cui M. ha partecipato come produttore, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, si ricorda Nežnyj vozrast (2000, Tenera età) di Sergej A. Solov′ev.
S. Borelli, Nikita Michalkov, Firenze 1981.
G. Buttafava, La macchina del cinema sovietico (due autori a confronto), in "il Patalogo", 1981, 3, pp. 133-35.
G. Buttafava, Oci ciornie e Shy people, in "Bianco e nero", 1985, 3.
Oci ciornie, in "L'avant scène du cinéma", 1987, 365, nr. monografico.
G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Venezia 2000, pp. 207-09.
M. Trofimenkov, Cinema russo 1956-2000, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 3° vol., L'Europa. Le cinematografie nazionali, t. 2, Torino 2000, pp. 1139-72.