NIGERIA.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Politica economica e finanziaria. Storia. Webgrafia. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato dell’Africa centro-occidentale. Con 140.431.790 ab. al censimento del 2006 e 178.516.904 ab. secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) del 2014, la N. rimane il Paese più popoloso dell’Africa. La popolazione, che per il 54% ha meno di 19 anni, cresce del 2,8% annui e si concentra per il 50% nelle aree urbane, soprattutto del Sud: Lagos (12.614.000 ab., stima UNDESA del 2014), Ibadan (3.085.000 ab.), Port Harcourt (2.227.000 ab.), Benin City (1.453.000 ab.) e Onitsha (1.056.000 ab.). Altre città importanti sono: la capitale, Abuja (2.301.000 ab.), nel centro del Paese, Kano (3.508.000 ab.) e Kaduna (1.038.000 ab.) al Nord.
A fronte di qualche importante progresso (la mortalità infantile è passata dall’88‰ del 2008 al 74,3‰ del 2013 e la mortalità materna dal 2005 al 2013 è passata da 820 a 560 su 100.000 nati vivi), sulle condizioni di vita della popolazione influiscono vari fattori negativi. La speranza di vita è molto bassa (52,5 anni, 2013), anche perché continua a pesare la diffusione dell’AIDS/HIV (Acquired ImmuneDeficiency Syndrome/Human Immunodeficiency Virus): con 3.200.000 persone affette, in costante aumento, la N. è al 2° posto al mondo per numero di malati (3% della popolazione nigeriana compresa tra 15 e 49 anni e il 7,7% di tutti i malati di HIV/AIDS del mondo). Su questo fronte, tuttavia, alcuni risultati sono stati raggiunti: il numero di nuo vi affetti per anno è passato da 360.000 del 2000 a 220.000 del 2013, anche se i decessi per anno sono ancora molto numerosi (200.000).
Un terzo della popolazione non ha accesso all’acqua potabile e il tasso di alfabetizzazione è al 60%. Inoltre, la povertà è diffusa: secondo statistiche nazionali, essa riguarderebbe il 61% dei nigeriani (2009-10); secondo dati della Banca mondiale, invece, essa interesserebbe il 33% della popolazione (2012-13), soprattutto nelle aree rurali, dove il 90% della popolazione è dedita ad attività agricole di sussistenza. Qualunque sia la reale entità del fenomeno, il problema più pesante è rappresentato dalle disuguaglianze: nelle aree rurali, soprattutto del Nord e Nord-Est, il tasso di povertà è di quasi quattro volte superiore rispetto a quello delle aree urbane. Inoltre, nel Nord-Est la povertà è in crescita, contrariamente a quanto avviene nel più industrializzato Sud-Ovest. Le disuguaglianze sono all’origine di disordini sociali e di gravi episodi di violenza, in particolare nella regione del delta del Niger, storicamente per il controllo delle risorse petrolifere da parte del Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (MEND), e nel Nord-Est del Paese, dove dal 2009 è attivo il gruppo armato Boko Haram che, nel 2013, ha portato il governo a dichiarare lo stato di emergenza negli Stati di Borno, Yobe e Adamawa (1200 persone uccise in 48 attacchi tra maggio e dicembre 2013, dati UNICEF).
Significativa la presenza di immigrati, sia africani (Benin, Ghana e Mali) sia europei, in particolare tecnici e professionisti. Molto consistente è anche la comunità di nigeriani in Europa (Regno Unito, Italia, Spagna, Germania) e in altri Paesi africani (Ciad, Camerun, Benin, Costa d’Avorio): le rimesse dall’estero sono passate da 2,3 miliardi di $ del 2004 a 21 miliardi del 2012.
Condizioni economiche. – A seguito del ricalcolo dei dati e dell’aggiornamento dei settori presi in considerazione per la valutazione del PIL, la N., dal 2010, è diventata la prima economia del continente, sorpassando il Sudafrica e attestandosi, con un PIL di 594,3 miliardi di $ (2014), al 22° posto nel mondo. Con una produzione di 118,157 milioni di t di petrolio (intorno ai 2 milioni di barili al giorno, 2013), il Paese rimane il primo produttore africano (11° su scala mondiale) e primo esportatore (5° nel mondo), soprattutto verso Europa (44% del greggio esportato nel 2012), Stati Uniti (18%), India (12%). La N., poi, possiede le più grandi riserve africane di gas (none a livello mondiale), in larga misura però ancora non adeguatamente sfruttate per la carenza di infrastrutture. Ma è proprio questa ricchezza a rendere la struttura produttiva della N. vulnerabile sotto più punti di vista. Rappresentando il petrolio il 90% dell’export e il 75% delle entrate di bilancio, il Paese è esposto alle oscillazioni dei prezzi sui mercati internazionali e ai cali di produzione o domanda. Ma la vulnerabilità si manifesta anche rispetto ad alcuni fattori interni, primo fra tutti la corruzione endemica, che si fa gioco della mancanza di trasparenza sulle reali entrate petrolifere e sulla loro distribuzione. Alla corruzione, poi, si aggiungono i sabotaggi delle infrastrutture (oleodotti, raffinerie), gli atti di vandalismo, i sequestri del personale, i furti di petrolio: si calcola che ogni giorno vengano sottratti da 100.000 a 500.000 barili di greggio (US-Energy information administration, 2013), ossia circa 1,7 miliardi di $ al mese (4% del PIL). Di fatto, la N. non è più riuscita a raggiungere il picco di produzione registrato nel 2005 (2,44 milioni di barili al giorno). A tutto ciò, infine, vanno aggiunti i gravi danni ambientali, soprattutto nella regione del delta del Niger, a carico delle terre coltivate, dell’aria e dell’acqua, con conseguenze sulla risorsa ittica. Si calcola che nell’Ogoniland saranno necessari 25-30 anni per il ripristino delle condizioni ambientali.
Nonostante la dipendenza dell’economia dal petrolio, la struttura produttiva si presenta comunque in qualche misura diversificata. La sostenuta crescita nel periodo 200310 (in media, +7,5%), si è basata anche su buoni risultati nei settori dell’agricoltura, del commercio, delle telecomunicazioni e dell’industria. L’agricoltura, che ha beneficiato di una riforma strutturale, è tornata a essere il primo settore in termini di PIL (22% nel 2013, a fronte del 14,4% del petrolio), arrivando a occupare il 31% della forza lavoro. La N. è al 2° posto al mondo per la produzione di radici e tuberi (100 milioni di t, 2012) e di patate dolci (3,4 milioni di t); al 3° posto per le arachidi (3 milioni di t); al 4° posto per il cacao (383.000 t) e l’olio di palma (3 milioni di t). Significative anche le produzioni di mais (12° posto, con 9 milioni di t) e caucciù (144.000 t); importante è anche il patrimonio zootecnico (57,6 milioni di caprini, 38,5 milioni di ovini, 205 milioni di volatili).
Prospettive di crescita per i prossimi anni si attendono dal settore energetico (attualmente carente), interessato dalla riforma per l’apertura ai privati; dal settore infrastrutturale (soprattutto nei trasporti), il cui piano di sviluppo integrato è partito nel 2013; dal settore finanziario. Molto dinamico e vivace è il settore musicale e cinematografico: Nollywood è diventata la terza industria cinematografica mondiale, dopo Hollywood e l’indiana Bollywood. L’industria dell’intrattenimento rappresenta uno dei settori individuati per la creazione di nuovi posti di lavoro (si stimano tra 50 e 60 milioni di giovani disoccupati), insieme all’industria della carne e del cuoio, delle telecomunicazioni, delle costruzioni. Importante, anche nelle sue prospettive future, è il turismo, con 4.673.000 ingressi nel 2012.
Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – Nel corso del biennio 2004-05, le autorità nigeriane hanno adottato importanti politiche strutturali volte a rafforzare la governance e la trasparenza nell’azione dello Stato, contrastare la corruzione, riformare il sistema previdenziale, avviare il programma di privatizzazione delle imprese pubbliche. La politica fiscale espansiva sovvenzionata dai maggiori introiti del settore energetico è stata indirizzata a favore della crescita economica e della riduzione della povertà. Contestualmente è stata realizzata una politica monetaria prudente di contenimento delle fluttuazioni del cambio e di controllo della pressione inflazionistica. Nel corso degli anni successivi è stato avviato un processo di riforma del sistema politico volto a incrementare le responsabilità dei diversi livelli di governo nel consolidamento fiscale. In questo periodo, anche il settore bancario è stato oggetto di alcune azioni riformatrici promosse dall’istituto centrale con l’intento di sviluppare un’adeguata cornice normativa, regolamentare e operativa per la vigilanza sui rischi dell’attività bancaria. All’autorità monetaria è stata inoltre garantita una maggiore indipendenza al fine di dotarla della credibilità necessaria per il perseguimento di una politica efficace di contenimento dei prezzi in presenza di pressioni sul mercato dei prodotti alimentari. Il settore privato ha beneficiato delle riforme di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, della realizzazione di alcune privatizzazioni e della politica di promozione dello sviluppo di infrastrutture finanziate anche con il ricorso a forme di partenariato pubblico privato. La crisi finanziaria e reale ha colpito la N. in particolare a partire dal 2009, con un rallentamento della crescita nei settori non petroliferi. Per far fronte alle pressioni sul mercato dei cambi, le autorità di governo hanno introdotto misure temporanee che fissavano la valuta nazionale al tasso prevalente nei confronti del dollaro. Al fine di sostenere il mercato del credito, l’amministrazione nigeriana ha promosso misure volte a incrementare la liquidità, mentre i conti pubblici si sono deteriorati a causa del crollo degli introiti petroliferi e della politica fiscale, che si è mantenuta accomodante. Con il protrarsi della crisi sono emerse fragilità del sistema bancario nazionale, che hanno costretto la banca centrale a interventi straordinari quali l’erogazione di fondi e l’isolamento in un istituto costituito nel 2010 dei titoli tossici delle banche commerciali. A partire dal 2011, il governo ha adottato una politica fiscale restrittiva di contenimento della spesa, in particolare a livello federale, e di riallocazione delle risorse a favore degli investimenti. Nel medio termine, le autorità hanno promosso il rafforzamento dei meccanismi di salvaguardia dall’estrema volatilità dei redditi petroliferi, con la creazione di un adeguato fondo di stabilizzazione. Altri interventi hanno incoraggiato l’efficienza della spesa pubblica, il potenziamento della gestione finanziaria dello Stato e la promozione dei redditi non petroliferi. Nel corso del 2012 sono state realizzate misure volte all’inclusione finanziaria della popolazione, mentre le piccole e medie imprese hanno fruito di un fondo di sviluppo dedicato. In questi anni, le autorità nigeriane hanno anche favorito la diversificazione economica e la competitività migliorando le condizioni del mercato, incrementando la dotazione di infrastrutture, soprattutto nei settori del trasporto e della produzione elettrica, e avviando un programma trentennale di sviluppo nei comparti energetico, edile, dell’acqua, delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni. Per quanto concerne la cooperazione economica e l’integrazione regionale, la N. ha aderito nel 2013 alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS, Economic COmmunity of West African States), operativa dal 2015.
Storia di Emma Ansovini. – A cavallo del primo decennio del 21° sec., la N. continuava a confrontarsi con una serie di gravi problemi: il fenomeno della corruzione e del clientelismo, l’inquinamento ambientale e la conflittualità endemica delle regioni del Delta, le diseguaglianze sociali, la fragilità della società civile e soprattutto la crescita del movimento fondamentalista islamico dei Boko Haram, che a partire dal 2009 insanguinava il Paese con uno stillicidio di gravissimi attentati e dal 2013 arrivava a controllare alcune zone del Nord-Est, in particolare nello Stato del Borno.
Boko Haram, letteralmente «L’educazione occidentale è peccato», è il nome usuale del movimento estremista islamico Ǧamā῾t ahl al-Sunna li᾽l-da῾wa wa al-ǧiḥād («Popolo impegnato nella propagazione degli insegnamenti del Profeta e del jihad»). Il gruppo, le cui radici religiose sono riconducibili alla setta degli Yan Tatsine – operativa negli anni Ottanta nello Stato di Kano – si costituì nel 2005 sotto la guida di Muḥammad Yūsuf, un imām della moschea di Maiduguri (Stato del Borno) dotato di grandi capacità oratorie e diventato in pochi anni assai noto tra la popolazione locale per le sue prediche contro la corruzione dei politici. Il movimento inizialmente aveva scopi caritatevoli e di indottrinamento e si rivolgeva a una popolazione in larga parte analfabeta e molto povera. L’uccisione di Yūsuf, in circostanze mai chiarite, da parte delle forze di polizia nel 2009, provocò un’esplosione di violenze in tutto il Nord-Est del Paese. La dura repressione (in pochi giorni circa 700 morti) spinse il movimento verso una progressiva radicalizzazione anche grazie ai rapporti, divenuti nel corso del tempo sempre più stretti, con l’AQMI (al-Qā῾ida nel Maghreb Islamico). Questo travagliato contesto era stato preceduto dalle elezioni presidenziali dell’aprile 2007, che avevano visto la vittoria di Umaru Musa Yar’Adua, un musulmano del Nord, candidato del People’s democratic party (PDP), con il 70% dei voti. Le violenze che avevano contrassegnato la campagna elettorale (oltre 200 morti) e la scarsa trasparenza delle operazioni di voto confermavano le forti incertezze con cui procedeva il processo di democratizzazione. Nel gennaio 2010 il Parlamento, in conseguenza della grave malattia che aveva colpito Yar’Adua, trasferì i poteri nelle mani del vicepresidente, Goodluck Jonathan, un cristiano del Sud, che assunse pienamente la carica a maggio, dopo la morte dello stesso Yar’Adua. Le consultazioni, svoltesi nell’aprile 2011 e vinte con circa il 59% dei voti, lo confermarono alla presidenza. L’elezione di Jonathan interrompeva una prassi interna al PDP che prevedeva un criterio di alternanza tra rappresentanti musulmani e cristiani.
La decisione di Jonathan di ricandidarsi nel 2015 suscitò per questo tensioni nel PDP, che emersero in modo netto tra il 2013 e il 2014, quando alcuni governatori, deputati e senatori del partito aderirono alla nuova formazione All progressives congress (APC), che raggruppava i principali partiti di opposizione. Le vecchie appartenenze si confrontavano però con un Paese che sembrava richiedere un superamento delle logiche etnico-religiose, soprat tutto perché, sulla spinta di una costante crescita economica, si era ormai formato nelle città un ceto medio, attivo, capace di iniziative imprenditoriali senza l’aiuto dello Stato e che a questo chiedeva rispetto dei diritti, sicurezza e lotta alla corruzione. Un fenomeno, quello della corruzione, che aveva assunto una rilevanza enorme per i danni che procurava al Paese in termini di perdita di risorse e per i possibili risvolti internazionali: la sua fonte principale era costituita infatti dalla gestione del settore petrolifero, dalle cui royalties derivava il 70% delle entrate statali e in cui operavano le grandi compagnie straniere. Crescita economica e sviluppo di ceto medio non avevano peraltro attenuato le diseguaglianze e nel 2010 il 68% della popolazione viveva ancora sotto la soglia di povertà, nonostante la N., secondo i nuovi criteri statistici introdotti dal Fondo monetario internazionale, risultasse nel 2012 il Paese con il PIL più alto del continente, superiore, almeno sul piano contabile, al Sudafrica.
A partire dal 2013 l’attività terroristica dei Boko Haram, ormai sostenitori di un grande Stato islamico e rafforzati dalle armi provenienti dagli arsenali libici, diveniva però il problema cruciale del Paese: l’intensificarsi degli attentati, degli attacchi ai villaggi, dei rapimenti rendevano sempre più tragica la vita delle popolazioni del Nord-Est, nonostante lo Stato d’emergenza e un territorio presidiato dall’esercito. Il terrorismo allargava intanto il suo raggio di azione con attentati nella stessa capitale Abuja. Il 14 aprile del 2014 il rapimento di oltre 200 alunne di una scuola di Chibok mise la N. al centro dell’attenzione internazionale: Stati Uniti e Gran Bretagna inviarono una squadra di esperti dell’antiterrorismo mentre la Francia promuoveva, nel maggio, un vertice tra i capi di Stato di Nigeria, Camerun, Ciad, Niger e Benin per costituire un coordinamento militare, che la N. accettava, superando le resistenze in precedenza opposte per motivi di prestigio nazionale. Un intervento allargato si rendeva necessario anche perché il Nord del Camerun, divenuto la base logistica dei Boko Haram, era bersaglio di attacchi e rapimenti: una frontiera porosa, quella tra Camerun e N., che si estende fino al lago Ciad e dove vivono le stesse etnie e si parlano le stesse lingue.
Nelle elezioni di marzo 2015 – inizialmente previste per febbraio e poi posticipate di sei settimane per consentire la conclusione di un’importante operazione contro i Boko Haram nel Nord-Est del Paese – l’APC conquistò la maggioranza dei seggi in entrambe le Camere del Parlamento nigeriano; inoltre il suo candidato alla presidenza, Muhammadu Buhari, già al vertice del Consiglio supremo militare tra il 1983 e il 1985 dopo il golpe che aveva rovesciato il presidente Shehu Shagari, fu eletto capo dello Stato con circa il 54% dei voti, sconfiggendo Jonathan.
Webgrafia: International Crisis Group, Nigeria’s dangerous 2015 elections: limiting the violence, 2014, http://www.crisisgroup.org/~/media/Files/africa/west-africa/nigeria/220nigeria-s-dangerous-2015-elections-limiting-the-violence.pdf (3ag. 2015).
Letteratura di Maria Paola Guarducci. – La pubblicazione di The palm-wine drinkard (1952; trad. it. Il bevitore di vino di palma, 1954) di Amos Tututola (1920-1997) segna per convenzione l’inizio della letteratura anglofona nigeriana, destinata a imporsi sulla produzione nelle tre maggiori lingue del Paese (ibo, hausa e yoruba). La commistione tra materia indigena e lingua coloniale, quest’ultima plasmata da Tutuola in modo personale, affabulatorio e inimitabile, da un lato entusiasmò gli intellettuali europei, assetati di novità, dall’altro sconcertò quelli nigeriani, all’epoca in cerca di omologazione piuttosto che di originalità. Tutuola, uno yoruba di famiglia cristiana, non era colto e rimase sempre defilato rispetto alla coeva generazione che diede lustro alla letteratura nigeriana a venire, tra cui T.M. (Timothy Mofolorunso) Aluko (1918-2010), Cyprian Ekwensi (1921-2007), Gabriel Okara (n. 1921), Onuora Nzekwu (n. 1928), Chinua Achebe (v.) e poi, sulla loro scia, Flora Nwapa (1931-1993), Christopher Okigbo (1932-1967), Wole Soyinka (v.), Elechi Amadi (n. 1934), J.P. (John Pepper) Clark-Bekederemo (n. 1935). La storia della N. moderna, che passò dal paternalistico governo inglese (1914-60) a una lunga serie di dittature militari, inframezzate da una guerra civile, colpi di Stato, elezioni farsesche, censura, corruzione e violenze, fornì agli intellettuali abbondante materiale da rielaborare. Il confronto tra lo stile di vita di stampo occidentale e quello ‘tradizionale’ fu al cuore di molta narrativa degli esordi, come dimostra la complessa opera di Achebe o, più schematicamente, il romanzo People of the city (1954) di Ekwensi. Fu ancora la letteratura a fare da cassa di risonanza alla disillusione postindipendenza, come testimoniò per primo Soyinka con The interpreters (1965; trad. it. Gli interpreti, 1995). Sulla sua scia si modulò anche la critica alla corruzione dilagante, di cui si fecero portatori Kole Omotoso (n. 1943), Ifeoma Okoye (n. 1937), Festus Iyayi (1947-2013) e Ken Saro-Wiwa (1941-1995), quest’ultimo pagando con la vita il suo dissenso. Ma è la guerra tra N. e Biafra (1967-70) il macrotema attorno cui è gravitata una larga parte della letteratura nazionale, come si nota nei romanzi e memoirs usciti a ridosso della fine del conflitto, tra cui The man died (1972; trad. it. L’uomo è morto, 1986) di Soyinka, Sunset in Biafra (1973) di Amadi, Sunset at dawn (1976) di Chukwuemka Ike (n. 1931), The last duty (1976) di Isidore Okpewho (n. 1941). La guerra è rimasta centrale nell’immaginario estetico, come dimostrano Destination Biafra (1982) di Buchi Emecheta (v.) e Sozaboy: a novel in rottenEnglish (1985; trad. it. Sozaboy, 2005) di Saro-Wiwa e, più recentemente, Half of a yellow sun (2006; trad. it. Metà di un sole giallo, 2008) di Chimamanda Ngozi Adichie.
Oltre al romanzo, il genere in cui la N. ha primeggiato è il teatro, il cui centro propulsore fu la University of Ibadan, crocevia di culture diverse e importanti manifestazioni di tolleranza. Da lì uscirono Soyinka, Clark, Ola Rotimi (1938-2000), Zulu Sofola (1935-1965) e, poi, Femi Osofisan (n. 1946), Bode Sowande (n. 1948), Kole Omotoso (n. 1943), Tess Onwueme (n. 1955).
Si rimarca da sempre, sebbene oggi in aumento e con nuove modalità, una vasta diaspora che riguarda scrittori nigeriani o di origine nigeriana quali Emecheta, Chris Abani (n. 1966), Ben Okri (v.), Sefi Atta (n. 1964), Biyi Bandele (n. 1967), Helon Habila (n. 1967), Chika Unigwe (n. 1974), Teju Cole (n. 1975), Taiye Selasi (n. 1979), Adichie, Uzodinma Iweala (n. 1982), Helen Oyeyemi (n. 1984) e così via. Molti di loro, insigniti di premi ovunque, scrivono su importanti testate internazionali, ricoprono prestigiose cattedre universitarie e delineano quella nuova tipologia di intellettuale che Selasi stessa ha definito afropolitano, cioè cosmopolita, urbanizzato, culturalmente ibrido, poliglotta, spesso etnicamente misto e dal respiro globale.
C’è però anche una recente tendenza a rivendicare la scelta di rimanere nel Paese, come ha fatto Lola Shoneyin (n. 1974) che, con The secret lives of Baba Segi’s wives (2009; trad. it. Prudenti come serpenti, 2012), è riuscita a trattare in modo tragicomico questioni spinose come la poligamia. La rivisitazione critica degli stereotipi più negativi sul Paese è al centro di molta narrativa contemporanea, soprattutto femminile. I did not come to you by chance (2009), cui nel 2010 è andato il Commonwealth writers’ prize come miglior romanzo d’esordio per l’Africa, di Adaobi Tricia Nwaubani (n. 1976), si snoda in modo ironico attorno alle note truffe web che hanno origine in Nigeria. Sull’utilizzazione spregiudicata del corpo delle donne nel traffico internazionale di stupefacenti è invece costruito Swallow (2010) di Sefi Atta (n. 1964), già vincitrice di numerosi premi con il suo primo romanzo Everything good will come (2006; trad. it. Il meglio deve ancora venire, 2009), mentre la disamina del destino di prostituzione di molte nigeriane che arrivano in Europa è al cuore di Fata Morgana (2007; trad. it. dall’originale olandese Le nigeriane, 2008), di Chika Unigwe (n. 1974), trasferitasi da anni in Belgio.
Bibliografia: A. Maja-Pearce, A mask dancing. Nigerian novelists of the eighties, London 1992; F. Osofisan, The nostalgic drum. Essays on literature, drama and culture, Trenton 1999; W. Griswold, Bearing witness. Readers, writers, and the novel in Nigeria, Princeton 2000; T. Selasi, Bye-bye Babar, «The lip», March 3, 2005, http://thelip.robertsharp.co.uk/?p=76 (25 luglio 2015); T. Morosetti, Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese, Roma 2009; G. Collier, Focus on Nigeria: literature and culture, Amsterdam 2012; D. Tunca, Stylistic approaches to Nigerian fiction, Basingstoke 2014.
Cinema di Giuseppe Gariazzo. – La cinematografia nigeriana si è contraddistinta dagli anni Novanta per avere sviluppato un’industria nota con il nome di Nollywood. In pochi anni, la N. è diventata la seconda produttrice mondiale di film con circa 1200 titoli annui (preceduta solo dall’India), realizzati in video e poi in digitale, destinati alla diffusione interna e nelle comunità nigeriane all’estero. Si è trattato di un fenomeno unico nel continente africano, caratterizzato dalla scarsa qualità della maggior parte dei lavori e da un vero e proprio star system. Titolo esemplare è stato Living in bondage (1992) di Chris Obi Rapu, mentre Tunde Kelani ha cercato di distinguersi per una più ricercata confezione artistica.
Oltre a questi film spesso centrati sulla serialità, fra melodramma e vendette, corruzione e tradimenti, nel segno di un moralismo accentuato, il cinema nigeriano ha affidato la sua esistenza e il suo rinnovamento a un esiguo numero di registi. Newton I. Aduaka con Ezra (2007) ha portato in primo piano la schiavitù dei bambini soldato arruolati nelle guerre in Africa e con One man’s show (2012), ambientato in Francia, ha girato un’intensa opera sperimentale costruita attorno alla figura di un attore teatrale. Waheed Andrew Dosunmu ha raccontato la comunità yoruba di Brooklyn in Mother of George (2012). Biyi Bandele ha esordito con il dramma storico Half of a yellow sun (2013). Tra i film d’azione va segnalato A place in the stars (2014) di Steve Gukas. La regista Branwen Okpako ha realizzato in Germania i documentari Die Geschichte der Auma Obama (2011, noto con il titolo The education of Auma Obama), sulla sorellastra di Barack Obama, e Fluch der Medea: Curse of Medea (2014), sulla modernità di Medea.
Bibliografia: Nollywood. Le phénomène vidéo au Nigeria, éd. P. Barrot, Paris 2005; Viewing African cinema in the twenty-first century. Art films and the Nollywood video revolution, ed. M. Saul, R.A. Austen, Athens (Ohio) 2010; N. Denton, The Nigerian filmmaker’s guide to success: beyond Nollywood, London 2014.