Vedi NICOPOLI d'Epiro dell'anno: 1973 - 1996
NICOPOLI d'Epiro (v. vol. v, p. 457)
Alla basilica A, dedicata a S. Demetrio e costruita a cura del vescovo Domizio, già nota, vanno aggiunte tre altre basiliche messe recentemente in luce dagli scavi del servizio archeologico greco (A. K. Orlandos, G. Sotiriou).
Una di queste si trova accanto alla strada che porta a Iannina ed è la più grande di quelle finora trovate (dimensioni del corpo longitudinale: m 44,50 di lunghezza × 29,50 di larghezza). Ha cinque navate con transetto ed è munita di un nàrtex e di un atrio che conserva due vasche. All'estremità meridionale del nàrtex si trova una piccola cappella; probabilmente il diaconicòn, con pavimento a mosaico e una iscrizione che ricorda come fondatore della cappella il vescovo Aikison della seconda metà del VI secolo. La chiesa era pavimentata. Importante era la decorazione della porta principale, di passaggio al nàrtex, con la cornice decorata da sculture e recentemente restaurata. La chiesa conserva il sỳnthronon in forma di Π, con gradini di salita, la base dell'altare con nove sostegni e le basi del ciborio; si conservano anche le fondazioni del cancello dell'iconostasi e l'ambone situato nella metà meridionale della navata centrale; questo ambone presenta nella parte mediana una base rotonda, riadoperata, con un rilievo di amazzonomachia, della prima età augustea. Queste raffigurazioni sono state coperte in età cristiana da un mosaico di cui restano due figure, una probabilmente femminile e una di incerta identificazione.
Un'altra basilica di dimensioni minori è stata messa in luce un po' più a N; ha tre navate, con sỳnthronon semicircolare e con molti gradini e con baldacchino, due colonne davanti e con un nàrtex e diaconicòn rettangolare sulla parte meridionale. Non esiste atrio ma il nàrtex presenta sul suoi due lati due aperture con due colonne che sostengono la copertura. Questa basilica ha tre absidi, (cioè anche sulla pròthesis e sul diaconicòn) e questo ci permette di datarla ad età giustinianea (fine VI-VII sec. d. C.). Infine la terza ed ultima basilica D si trova fuori delle mura cristiane e romane di N. sulla collina Charaouli, sulla quale oggi si trova una stazione telegrafica. Ha tre navate con transetto sporgente con sỳnthronon rettangolare entro un'abside semicircolare; si conservano davanti all'abside l'altare con quattro sostegni e ai due lati i posti per i preti di secondo grado. Verso O è munita di un nàrtex allungato, che sulla sua parte meridionale, confluisce nel diaconicòn (σκευοϕυλάκλον). Diversamente dalla chiesa principale che era pavimentata da lastre di diversi colori e forme, il nàrtex e il diaconicòn erano qui coperti da mosaici che, stilisticamente, appartengono alla metà del VI secolo.
Oltre a queste, basiliche sono stati scavati anche i seguenti edifici: immediatamente ad O dell'atrio della basilica di Domizio, le fondamenta di una grande costruzione, con molti ambienti organizzati intorno ad un cortile aperto con peristilio. Per la sua vicinanza con la basilica, si suppone che questa costruzione in età cristiana sia stata usata come abitazione del vescovo. Si tratta però di una più antica costruzione romana di ignota destinazione; molti dei suoi ambienti conservano gli ipocausti; 500 m ad E della basilica D, fuori delle mura romane, e nella località Fteià, è stata notata una costruzione allungata costituita da ambienti successivi, da E verso O. L'ambiente più ad O presenta una grande sala con un'abside sulla parete O iscritta esternamente in un rettangolo. L'aspetto della costruzione fa pensare ad una abitazione; probabilmente si tratta di una villa, i cui ambienti, all'infuori dell'abside, erano coperti da mosaici che sembrano appartenere alla fine del V o all'inizio del VI sec. d. C.
Bibl.: G. Sotiriou-A. K. Orlandos, in Praktikà, 1937, pp. 78-83; G. Sotiriou, ibid., 1938, pp. 112-117; A. K. Orlandos, ibid., 1956, pp. 149-153; id., ibid., 1959, pp. 90-95; 98-113; id., ibid., 1961, pp. 98-107; 1964, pp. 179-183; A. Xungopoulos, in Arch. Deltion, 1967, pp. 15-20; per la base con amazzonomachia: B. Schlörb, in Ath. Mitt., 78, 1963, pp. 162 ss.