Vedi NICOPOLI d'Epiro dell'anno: 1973 - 1996
NICOPOLI d'Epiro (v. vol. V, p. 457 e S 1970, p. 545)
Dal 1970 in poi le scoperte archeologiche vere e proprie sono limitate ai risultati degli scavi di emergenza e a ritrovamenti casuali; nonostante questi limiti, l'immagine della città e del suo territorio si è sensibilmente arricchita, grazie ad alcune indagini dall'esito inatteso. P.es., per lo studio della topografia della città entro le mura comunemente dette bizantine, che formano la cinta interna rispetto alle mura romane, è di valore non indifferente la «riscoperta» nell'archivio della Scuola Archeologica Italiana di Atene di dieci disegni che documentano i resti archeologici della zona nello stato in cui si trovavano più di cinquant’anni fa.
L'evidenza del tracciato delle centuriazioni a S di N. rivela che l'orientamento dei limites coincide con alcune tracce delle mura romane; con i due lati della cinta interna completamente costruiti più tardi, nel V o VI sec. d.C., e con diversi edifici, tra i quali l’odèion, lo stadio, e la Basilica Β'. La lettura delle fotografie aeree non ha permesso di localizzare il foro, mentre alcuni studiosi lo vorrebbero subito a Ν dell’odèion. Sembra che la centuriazione e la rete viaria urbana siano coeve alla fondazione di N. fra il 30 e il 27 a.C.
Lo studio del monumento sulla collina Michalitzi, dedicato alla vittoria di Ottaviano nella battaglia di Azio, ha permesso sia l'identificazione di nuove lettere che consentono di modificare la lettura dell'iscrizione dedicatoria, sia la ricostruzione della tipologia dei rostri delle navi catturati ad Antonio e Cleopatra durante il conflitto nel settembre del 31 a.C.
Finora sono cinque le necropoli identificate a N.: quattro sono localizzate lungo le strade che attraversavano altrettante porte nella cinta muraria esterna (per quella E, tuttavia, l'accesso non è stato ancora identificato con esattezza). Varî scavi condotti negli anni '70 hanno portato alla luce tombe (per lo più già profanate) pertinenti ai già noti cimiteri situati a E vicino la laguna Mazoma, che si trova all'estremità occidentale del Golfo di Ambracia, e a O lungo la strada che va dalla grande porta della città romana (in località Boufi) verso il mar Ionio. Altre tre zone cimiteriali sono da identificare: a N, in località Koumasia e Kalpetzaki, tra la città e il Proàsteion lungo la strada che porta verso la collina Michalitzi; a SE, lungo la strada che portava al porto interno di Vathỳ e da ultimo, a SO, in località Matsouyiannina, lungo la strada che conduceva al porto Comaro sul mar Ionio. A Ν come a SE, le tombe esplorate vanno ad aggiungersi ai mausolei già descritti e disegnati da Baccin e Ziino e pubblicati nel 1940. A SE è stata scoperta una serie di tombe addossate alla torre orientale della porta monumentale, e a SO è stata identificata una parte del lastricato insieme alle tombe venute alla luce durante lavori per la rete idrica della cittadina di Prèveza. Mentre per le necropoli romane si hanno ora indicazioni precise sull'ubicazione e la tipologia di una serie di tombe e mausolei, non ci sono ancora notizie sicure sulle sepolture cristiane a Nicopoli.
Lo scavo parziale della «Villa Domaris» (dal nome dell'odierno proprietario del fondo in cui si trova), a NE dell’odèion, ha portato alla luce un interessante esempio di abitazione signorile con rivestimenti parietali in marmo e pavimenti in marmo e in mosaico, probabilmente costruita nel II sec. d.C. e poi rinnovata nel III o addirittura nel IV secolo. L'iscrizione in mosaico ricorda sia il fondatore Man[ilios] Aristoklias sia la coppia costituita da Man[ilios] Antoninos e la moglie Theosegou, che fecero eseguire un nuovo restauro della casa.
I ruderi, popolarmente detti Boufi, appartenevano a un enorme ninfeo del II sec. (o forse in parte del III), dalle pareti rivestite in marmo e ornato da statue collocate all'interno di nicchie, che costituiva una quinta monumentale, rivolta verso l'interno, del grande ingresso occidentale della città romana. I due lati del ninfeo, alimentati dall'acquedotto che convogliava l'acqua dalla sorgente S. Giorgio al fiume Louro, più di 50 km a N, fungevano da grandi serbatoi per la distribuzione nella rete idrica urbana. Il bouleutèrion è forse da cercare nel vicino edificio a forma di piccolo teatro, detto Skotinì, di solito identificato come odèion e considerato di età augustea con riparazioni notevoli del II sec. d.C. Di quest'ultimo monumento e delle terme «Bendenia» a Ν sono stati pubblicati rilievi in occasione degli ultimi interventi di restauro.
Il numero delle basiliche cristiane è salito a sei; la quinta, Ε`, si trova fuori città, a SE, in località Margarona nella zona del porto di Vathỳ. Seppur poco scavata, l'ubicazione e le dimensioni, insieme alla presenza di un atrio coperto e un altro cortile molto ampio, suggeriscono, secondo Pallas, un martyrium. La sesta, la ΣΤ`, è ancora meno esplorata; l'abside è stata riconosciuta come appartenente a una basilica cristiana in seguito a lavori di pulizia nella zona SE della città interna, a NE della Basilica Α`. Importante per la datazione della Basilica Β` è l'ubicazione dell'iscrizione musiva che cita il vescovo Alkison (morto nel 516), la quale doveva trovarsi non nella piccola cappella, probabilmente utilizzata come diakonikòn, ma in un ambiente più a E, sempre nel complesso di vani situati a S della basilica stessa.
Vicino all'odierno museo, lo scavo del tratto S della cinta muraria interna ha messo in luce muri di abitazioni. Dall'evidenza numismatica, queste case costruite a ridosso delle mura, che segnalano l'abbandono di N., sono databili a partire dalla tarda antichità fino all'VIII secolo d.C.
La notizia di Procopio, secondo cui Giustiniano avrebbe rinnovato N. (Aed., IV, 1, 37), probabilmente vuol dire che questo imperatore ordinò riparazioni al già esistente circuito interno costruito durante il regno di Zenone (471-491) o di Anastasio (491-518). Due lati, a S e a O, seguono l'orientamento delle centuriazioni stabilite al momento della fondazione di N.; probabilmente si utilizzò lo spazio lasciato da strade urbahe per costruire ex novo questi tratti delle mura interne, mentre per i tratti a Ν e a E vennero adattati resti della cinta esterna.
Alcuni ritrovamenti, a prima vista di scarso interesse, si rivelano invece di grande significato per i dati che possono offrire per la storia della città. Un sarcofago con iscrizione, già documentato nel 1782 e poi perso di vista, è riapparso a Preveza dove era nascosto in un magazzino. Lo studio di Papangeli rivela che esso appartiene al tipo detto di Assos, assai diffuso a N.: da ciò si possono dedurre stretti legami commerciali con la città dell'Asia Minore.
Oltre all'immagine della grande porta occidentale della città romana, riconoscibile su alcune monete nicopolitane di Adriano e di Antinoo, su numerose monete della zecca nicopolitana compaiono rappresentazioni di monumenti di vario tipo tra cui un faro, oppure, secondo un'altra ipotesi, una fontana del tipo Meta Sudans; un tempio corinzio; un tempio di Asclepio, un tempio rotondo, forse un heròon, due edicole, o forse templi, con statue, una di Nemesi e l'altra di Ercole del tipo «Farnese», un altare in onore di Antinoo. Queste immagini sono una fonte importante per la conoscenza di monumenti e statue che sono per la maggior parte andati distrutti o dispersi, o sono ancora sepolti.
Nell'archivio della Scuola Archeologica Italiana ad Atene sono riapparsi dieci disegni fatti eseguire dal Comando della XXVI Armata in Epiro, probabilmente nel 1942. Una pianta dettagliata della città interna offre una preziosa documentazione in quanto vi sono varî resti ed edifici che addirittura non compaiono sulle piante generali della città finora pubblicate e che, non senza difficoltà, sono attualmente visibili in loco. Questa pianta generale e gli altri disegni dei singoli edifici mostrano dettagli inediti, p.es. per i «Bagni di Cleopatra» e le «Terme centrali», o addirittura costituiscono l'unica planimetria conosciuta, p.es. per il «Ninfeo». Quest'ultimo, un piccolo edificio con abside e pavimenti in mosaico pubblicato senza pianta e descritto sommariamente nel 1937 da Orlandos e Soteriou, sembra potersi identificare con la struttura posta nella parte orientale della città interna nella pianta topografica dell'esercito italiano e sembra corrispondere al «Ninfeo» delle fotografie eseguite da Tsimas e Papahadjidakis nel 1937. Rappresenta quindi un esempio di edificio attualmente non visibile sul posto, ma che si può in parte ricostruire attraverso la vecchia documentazione.
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