ZENO, Nicolò
(in religione Pier Caterino). – Nacque a Venezia il 27 luglio 1666, primogenito di Pietro e di Caterina Sevastò, da un ramo della famiglia aristocratica veneziana degli Zeno trasferitasi a Candia, che aveva perso il diritto all’inclusione nel Libro d’oro della nobiltà veneta.
La morte prematura del padre lo lasciò orfano, insieme ai fratelli minori Apostolo (v. la voce in questo Dizionario) e Maria, che rimasero con la madre, risposatasi con il nobile veneziano Pier Antonio Cornaro, mentre Nicolò fu ospitato ed educato dallo zio Francesco Zeno, vescovo di Capodistria. La morte dello zio, il 14 agosto 1680, lo lasciò nuovamente, a soli quattordici anni, privo di una guida sicura, obbligandolo a rientrare a Venezia, dove, unitamente ad Apostolo, proseguì i suoi studi presso la scuola del seminario detto di Castello dei padri somaschi. Qui, sotto la guida dei padri Agostino Rizzotti e Claudio Ugoni, gli vennero impartiti, rispettivamente, gli insegnamenti di retorica e di filosofia. Uscito dalla scuola somasca proseguì i suoi studi letterari, impegnandosi soprattutto nell’apprendimento dell’italiano e del latino, mantenendo invece una conoscenza solo superficiale del greco. Sin da questi anni si concentrò sui grandi autori della letteratura italiana trecentesca, restando immune dalle suggestioni estetiche barocche e anticipando la sensibilità dell’incipiente rinnovamento arcadico e razionalista che a breve si sarebbe imposto nella cultura italiana.
Nel 1687, a ventun anni, prese gli ordini religiosi presso la Congregazione regolare somasca, scegliendo il nome di Pier Caterino in omaggio al padre Pietro e alla madre Caterina. L’11 agosto 1688 fece la solenne professione nella chiesa di S. Maria alla Salute in Venezia, venendo ordinato sacerdote il 10 luglio 1689 dopo un anno di studi teologici sotto la direzione dei padri Domenico Verità e, ancora, Claudio Ugoni. Da questo momento in avanti fu utilizzato per circa trent’anni nelle scuole dell’Ordine come insegnante prima di umanità e retorica, poi di filosofia, che accompagnò con la lettura degli Elementi di Euclide, ottenendo infine di essere sollevato dall’incarico nel 1719 per dedicarsi quasi esclusivamente agli studi.
In questi anni Zeno, attraverso la mediazione di Michelangelo Fardella, si avvicinò, seppure in una prospettiva moderata, al pensiero cartesiano e ad alcuni dei suoi fondamentali sviluppi. Già dal 1708 o poco prima aveva una sicura conoscenza del sistema cartesiano e delle opere dei principali cartesiani, facendosene a propria volta divulgatore, come emerge dai suoi compendi a uso didattico della Logique di Port-Royal, di cui poi curò la traduzione integrale, pubblicata circa vent’anni dopo (Venezia 1728). L’adesione di Zeno al cartesianesimo e alle teorie portroyaliste non fu però senza riserve, come appare dalla traduzione che condusse e pubblicò delle Prediche quaresimali del padre gesuita Louis Bourdaloue.
Nei fatti il religioso somasco, pur prendendo posizione contro vari atteggiamenti gesuitici in ambito scientifico, morale, letterario e pedagogico, che valutava come degenerazioni, non giunse mai a stigmatizzare la Compagnia nel suo complesso, distinguendo di volta in volta, a seconda dei casi, il valore intellettuale e la rispettabilità morale dei singoli membri. Pur condividendo, per esempio, con i portroyalisti la condanna per una retorica fine a se stessa e capace di soffocare la verità, non se la sentiva certo di rigettarla integralmente, allineandosi in questo alle posizioni sostenute da Ludovico Antonio Muratori soprattutto nelle Riflessioni sopra il buon gusto intorno le scienze e le arti (Venezia 1708), che sicuramente Zeno aveva ben presenti. L’artificio retorico veniva quindi rifiutato nell’ambito scientifico ed erudito, dove non vi poteva esser bello che non fosse vero, ma accettato sul piano letterario, dove gli stessi argomenti della religione, della morale e della ragione avrebbero tratto vantaggio da un linguaggio elegante e da un’argomentazione efficace.
Zeno ebbe sempre la preoccupazione di trovare una mediazione fra vecchio e nuovo, facendo proprie le più mature suggestioni del pensiero scientifico e filosofico europeo e della spinta al generale rinnovamento degli studi, senza però intaccare la piena adesione all’ortodossia cattolica e una convinta valorizzazione della cultura storiografica, erudita e filologico-letteraria, oggetto invece del disprezzo di molti cartesiani, fra i quali lo stesso Fardella, che pur aveva avuto un ruolo determinante nell’avvicinare il religioso somasco al cartesianesimo. In tal senso Zeno poteva considerarsi come un esponente medio, ma pienamente organico ed emblematico, della Repubblica letteraria di quegli anni e, come tale, apprezzatissimo dai suoi contemporanei, che ricorrevano continuamente al suo giudizio e alla sua erudizione per ottenere suggerimenti, consigli e aiuti, soprattutto per loro importanti iniziative editoriali di autori poi impostisi come classici della letteratura italiana. Molte delle sue collaborazioni furono quindi anonime, all’interno di sforzi collettivi, e consistenti per lo più in annotazioni, compilazioni erudite e commenti, perfettamente in linea con il suo atteggiamento di modestia intellettuale e di adesione al modello baconiano, molto diffuso nell’Italia del tempo, di una collaborazione fra dotti finalizzata all’avanzamento scientifico, culturale e civile della società.
Fu membro dell’Arcadia schierato apertamente a favore di Giovan Mario Crescimbeni e della sua corrente. Sul piano delle scelte letterarie ebbe come principali riferimenti per la lingua latina Orazio e per l’italiana Francesco Petrarca, a cui affiancò i classici del Cinquecento e del Seicento. Sulla questione della lingua si pronunciò a favore dell’esemplarità petrarchesca, ma anche contro un’eccessiva tendenza alla toscanizzazione del linguaggio.
Nel 1718 e con il tomo XXIX il fratello Apostolo, in partenza per Vienna per ricoprire l’incarico di poeta cesareo, gli affidò la direzione del Giornale de’ letterati d’Italia, cosa che lo costrinse ad assumere una posizione di primo piano nel contesto culturale italiano del tempo, che mai aveva rivestito o desiderato rivestire e per la quale le sue capacità erano solo parzialmente adeguate.
Per un verso, infatti, con l’aiuto che Apostolo continuò a garantirgli anche da Vienna e con il sostegno, per l’intero settore delle scienze naturalistiche, mediche e della vita, di Antonio Vallisneri, Zeno fece fronte dignitosamente al notevole impegno della redazione del Giornale, in questo aiutato anche dalla sua abitudine alla compilazione erudita e alla sua più che solida rete di relazioni con i dotti del tempo. Per l’altro, però, non fu in grado di rispettare la precedente periodicità trimestrale e fece uscire i tomi a distanza per lo più annuale, a volte anche con ulteriori vuoti e ritardi, con la conseguenza di far perdere al periodico la sua capacità di fornire un quadro aggiornato e pressoché completo della produzione editoriale italiana. Pure la sua moderazione e la sua estrema prudenza portarono, soprattutto per le discipline fisiche e astronomiche, a una caduta anche qualitativa del valore culturale delle notizie editoriali e degli estratti, che furono sempre più rari e neutri nei contenuti.
Dopo un primo insulto apoplettico, subito il 7 ottobre 1730, Zeno si privò della sua ricca biblioteca di opere rare della letteratura italiana e abbandonò ogni attività di studio, considerate come un condannabile attaccamento alla vita terrena, dedicandosi totalmente alla vita religiosa e alla preghiera. Il 12 giugno 1732 subì un secondo attacco, che lo portò, il 30 dello stesso mese, a concludere un’esistenza spesso marginale, ma operosa, e, con la sua costante mediazione tra adesione al rinnovamento e attaccamento alla tradizione, tipica della cultura cattolica media progressista del preilluminismo italiano. Le fonti non riferiscono esplicitamente il luogo della morte, assai probabilmente in quanto ai contemporanei appariva scontato che fosse stato il convento somasco in cui risiedeva a Venezia.
Fonti e Bibl.: D. Generali, P.C. Z. e le vicende culturali del «Giornale de’ letterati d’Italia» attraverso il regesto della sua corrispondenza, in Scienza, filosofia e religione tra ’600 e ’700 in Italia. Ricerche sui rapporti tra cultura italiana ed europea, a cura di M.V. Predaval Magrini, Milano 1990, pp. 119-202, con la Bibliografia degli scritti di P.C. Z. e dei principali studi a lui dedicati, pp. 139-146.