SPECIALE, Nicolò
– Sulla vita di questo cronista, autore della Historia sicula, si hanno solo poche informazioni sicure, quelle che egli stesso ha affidato alla sua opera, che possono essere integrate con qualche dato conservato dalla tradizione erudita siciliana.
Solo un codice del XV secolo (Oxford, Bodleian Library, Holkam Hall, ms. 495) attribuisce a Speciale una cronaca che dal Vespro siciliano (1282) giunge alla morte di Federico III d’Aragona re di Sicilia (1337). L’opera in otto libri, intitolata nei manoscritti De gestis Siculorum sub Friderico rege et suis, è nota tra gli studiosi con il titolo Historia sicula datole da Rosario Gregorio, suo ultimo editore. Tale attribuzione trova debole conferma in un passo del Compendio di alcune antiquità di Sicilia, un riassunto della Historia risalente al XVI secolo e ancora inedito (è tramandato dal codice Besançon, Bibliothèque d’étude et de conservation, 675), dove si legge che dell’ambasceria inviata da Federico d’Aragona a papa Benedetto XII nel 1334 faceva parte anche «Nicolao de Specialis, scriptore di tale opuscolo», un’informazione che non si trova nel corrispondente testo latino in cui si ricordano i nomi di due soli ambasciatori, accompagnati da un anonimo «scriptorem huius opuscoli» (Historia sicula, 1791, p. 498).
Lo si chiama poi Nicolò Speciale seniore per distinguerlo da Nicolò Speciale iuniore, viceré di Sicilia dal 1429 al 1433, nativo di Noto; la tradizione vuole fosse imparentato con il cronista, come proverebbe anche il fatto che presso la famiglia del viceré fosse conservato un codice della Historia sicula.
Speciale sarebbe nato appunto a Noto probabilmente verso il 1280, e sarebbe poi vissuto prevalentemente a Messina, visto il grande rilievo assegnato a questa città nel racconto, anche se – bisogna aggiungere – almeno in parte queste attenzioni dipendono dal fatto che Messina fu sede principale della corte di Federico III d’Aragona.
Sulla debole base delle modalità della narrazione, oltre che da dichiarazioni esplicite presenti nel testo, si può costruire una trama della biografia di Speciale. Sembra redatta da un testimone diretto dei fatti la descrizione delle gioiose e solenni accoglienze che i messinesi riservarono a Federico III durante la sua prima visita alla città, dopo l’incoronazione nel 1296, e per stendere la quale Speciale usò la per lui insolita forma del verbo alla prima persona («scribere non presumo [...] quid referam»: Historia sicula, cit., p. 356). Forse era troppo giovane per riferirsi a sé stesso quando, a proposito della stesura di una lettera di Federico III composta a Messina il 6 luglio 1299, affermò «docta manu scriptori denunciat» (p. 406): tuttavia in questo passo mostrava un apprezzamento verso la retorica che ricompare più avanti nella Historia quando, nel 1317, elogiò un ambasciatore del papa «non ignarus verba componere» (p. 474), e ribadiva la sua formazione nell’ars dictaminis che le pagine della Historia confermano e che lo individua come un funzionario forse occupato – ma non sappiamo con quali mansioni – alla corte. Il vincolo con il mondo degli uffici e delle ambascerie appare anche nella lunga sezione dell’opera dedicata a raccontare la missione dei legati di Federico III presso Giovanni XXII in quello stesso 1317 o subito dopo. Speciale non fa alcun riferimento a una sua possibile partecipazione all’ambasceria che dice partita da Messina, ma la gran quantità di particolari narrati e, soprattutto, l’accurata ricostruzione della storia del Regno dal tempo dei Normanni fatta esporre dal conte Francesco di Ventimiglia in un lungo discorso tenuto davanti al pontefice (pp. 477-480), invitano a ipotizzare un suo coinvolgimento in questo episodio. Si è ritenuto inoltre (Ferraù, 1974, p. 29) di scorgere nelle note di Speciale un legame con la nobile famiglia Pelizzi di Messina.
Sulla base di fugaci riferimenti della Historia, sono poi ragionevolmente ipotizzabili (ma non databili) relazioni di Speciale con la curia pontificia e con alcuni suoi dotti esponenti al tempo del Papato avignonese. Questi rapporti sono importanti per ricostruire il profilo culturale di Speciale anche se, risalendo a un periodo della sua vita lontano dai giovanili anni della formazione, non possono essere utili per ricostruire l’ambiente in cui il cronista acquisì la dottrina letteraria di cui ha dato prova nella stesura della sua opera.
Oltre che come ambasciatore presso il papa nel 1334, Speciale si ricorda esplicitamente presente ai fatti (senza però riportare il proprio nome) solo nel lungo capitolo della Historia in cui descrive un’eruzione dell’Etna risalente al 1329 e specifica – insolitamente preciso – che essa si protrasse dal 28 giugno sino al 15 luglio. A quell’evento Speciale racconta di avere dedicato uno scritto (oggi perduto) e questo fatto forse giustifica i numerosi dettagli di quella pagina della cronaca.
Si ritiene che Speciale abbia scritto la Historia sicula negli anni successivi, tra il 1337 e il 1342, anno in cui morì Pietro II di Sicilia. Nel breve prologo Speciale si riprometteva, infatti, di ripercorrere compendiose gli anni del regno di Federico III e di trattare anche quelli di suo figlio Pietro, anche se in realtà dei cinque anni in cui costui fu re di Trinacria (1337-42) la cronaca nulla dice, nemmeno nella forma dell’anticipazione.
La Historia è composta da otto libri, divisi in capitoli tutti introdotti da una rubrica. I libri sono di lunghezza diversa sia per quanto riguarda il numero di pagine e di capitoli da cui sono composti, sia per l’arco cronologico che percorrono, fornendo al lettore pochissimi riferimenti cronologici puntuali: il primo libro, costituito da trenta capitoli, muove dalla guerra del Vespro e arriva al 1285, anno della morte di Carlo I d’Angiò (ma l’ultimo capitolo del libro risale alla presa di Gerba del 1284); il secondo in venticinque capitoli giunge sino ai primi mesi del 1296; il terzo libro si apre con il racconto dell’incoronazione di Federico III d’Aragona e dopo ventidue capitoli termina con la notizia del voltafaccia di Ruggero di Laurìa nel 1297; il quarto, di quindici capitoli, porta il racconto al 1299; il quinto libro in venti capitoli si concentra sul solo anno 1299; il sesto, di ventitré capitoli, arriva sino al 1307; il settimo con ventun capitoli porta il racconto sino al 1327; l’ultimo libro, di soli otto capitoli, chiude la Historia e giunge al 1337. I primi due libri fungono dunque da ampia introduzione, quelli dal terzo al quinto si soffermano lungamente sui primi dieci anni di regno di Federico III, poi il ritmo del racconto inizia ad accelerare, il settimo libro copre vent’anni e l’ultimo, in poche pagine, arriva alla morte del sovrano.
Proprio negli anni più vicini alla stesura, quelli in cui sappiamo che Speciale aveva ricoperto un ruolo pubblico, il racconto diventa più breve, e addirittura il resoconto delle vicende pubbliche lascia per l’unica volta nella cronaca la scena a un fatto estraneo a guerre e intrecci politici: l’eruzione dell’Etna del 1329. Ma l’opera non si chiude bruscamente: la lettura degli ultimi capitoli semmai mostra Speciale che è ritornato sulle sue pagine dopo un’interruzione, come indicato dai rimandi puntuali a precedenti capitoli dell’opera che compaiono solo nell’ultimo libro: il secondo capitolo di questo libro, dedicato alla descrizione dell’eruzione dell’Etna, comincia proprio con un rimando al primo capitolo del primo libro della Historia in cui all’evento era stato dedicato un cenno, e nelle prime righe del terzo capitolo si rimanda all’inizio del libro quarto.
Nel prologo Speciale affermava anche che oltre alle vicende politiche avrebbe descritto anche la situazione civile e gli eventi naturali della Sicilia, ma di questi temi – con la già menzionata eccezione dell’eruzione del 1329 – nulla dice. Invece l’attenzione quasi esclusiva del cronista è attratta dalle vicende militari che hanno caratterizzato i turbolenti anni di regno di Federico III. Speciale non mostra particolari competenze militari nella descrizione delle battaglie e piuttosto è attratto dalla forte personalità di alcuni comandanti, in primo luogo Ruggero di Laurìa e Blasco d’Alagona il Vecchio (v. le rispettive voci in questo Dizionario): quando Ruggero passa al fronte opposto a quello siciliano e Blasco gli si contrappone guidando l’esercito di Federico III, la Historia diventa ricca di notizie e il racconto si dilata. Ampio spazio hanno poi nell’opera i discorsi pubblici (che egli chiama sermones) e forniscono all’autore l’opportunità di utilizzare le sue competenze nell’ars dictaminis. Speciale invece non inserisce nel testo lettere pubbliche o altri documenti, mentre si dimostra scrittore piuttosto abile nella stesura di dialoghi.
Speciale cita a più riprese gli autori classici del canone scolastico: Virgilio, Orazio e Ovidio come anche Lucano e Stazio, altri poeti la cui lettura faceva parte del bagaglio di un dotto del suo tempo. Conosce le Etimologie di Isidoro di Siviglia e cita a più riprese il Breviarium di Eutropio e le Storie di Orosio. I luoghi della Historia in cui si rimanda ai classici con maggiore frequenza, sono quelli, rari, in cui si procede alla descrizione dei luoghi o si richiama qualche località che compare anche nelle opere poetiche. Particolarmente ricco di dottrina – in effetti ostentata – è il capitolo che apre il primo libro e descrive la Sicilia proponendosi anche di dimostrare che Sicilia e Trinacria sono a tutti gli effetti termini equivalenti e, di conseguenza, l’intitolazione a rex Trinacrie di Federico III non è una diminutio rispetto al titolo di rex Sicillie.
Più interessante è l’utilizzo degli episodi della storia antica fatto da Speciale. Egli usa con una certa maestria il rimando a fatti puntuali tratti dalla storia romana o da quella biblica, o dai poemi epici per spiegare meglio i comportamenti dei suoi contemporanei. Ad esempio, mentre Federico neo-incoronato si avvicinava a Messina, le donne della città (vergini e matrone) gli andarono incontro vestite con maggiore eleganza di Elena di Troia, di Ester e di Didone (Historia sicula, cit., p. 356). Ma anche dalla storia romana Speciale ricava exempla utili a spiegare il comportamento dei condottieri del suo tempo le cui scelte sono raffrontate con quelle di Annibale, Scipione o Giulio Cesare. Di rilievo sono poi le conoscenze di storia della Sicilia ai tempi dei Normanni – sembra avesse letto la cronaca di Goffredo Malaterra – e degli Svevi: Speciale ne dà prova a più riprese – e in particolare nel sermone fatto pronunciare da Francesco di Ventimiglia davanti alla curia di Giovanni XXIII – mostrando sempre di cogliere l’opportunità di un uso politico delle vicende storiche: basti pensare ai numerosi richiami riservati a Corradino di Svevia e a quelli altrettanto frequenti di Manfredi, nonno di Federico III. In alcuni casi i parallelismi richiamati sono in effetti ottimi per utilizzare a fini politici la storia: basti pensare al fatto che il regno di Sicilia passò per due volte legittimamente per via femminile da Costanza a Federico: prima da Costanza d’Altavilla a Federico II di Svevia e poi da Costanza di Svevia (figlia di Manfredi) a Federico III d’Aragona.
Speciale morì in una data che non conosciamo, ma che verosimilmente si pone tra il 1337 – anno in cui è ricordata la morte di Federico III – e il 1342 quando morì Pietro II che nella Historia è citato come in vita.
Fonti e Bibl.: Nicolai Specialis Historia sicula, ab anno MCCLXXXII ad annum MCCCXXXVII, in Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestis sub Aragonum imperio retulere, a cura di R. Gregorio, I, Palermo 1791, pp. 284-508.
G. Ferraù, N. S. storico del Regnum Siciliae, Palermo 1974; G. Fasoli, Cronache medievali di Sicilia, ristampa a cura di O. Capitani, Bologna 1995, pp. 40-48; G. Ferraù, Il tessitore di Antequera. Storiografia umanistica meridionale, Roma 2001, pp. 269-277; P. Colletta, Memoria di famiglia e storia del regno in un codice di casa Speciale conservato a Besançon, in Reti medievali. Rivista, XIV (2013), 2, pp. 243-274.