MONTICOLI, Nicolo
MONTICOLI, Nicolò. – Nacque a Udine, da Crescimbene (o Creso) e dalla nobildonna Caterina Rinoldi, nel 1464, come egli stesso annota nello Spoglio della cronaca universale dei suoi tempi (c. 50r).
La famiglia Monticoli (o Montecchi), tradizionalmente sostenitrice in Verona della parte ghibellina contro i San Bonifacio, nel 1324, sotto gli Scaligeri, sarebbe stata bandita dalla città per avere sostenuto Federico della Scala contro Cangrande – come scrive lo stesso Nicolò nella Cronaca delle famiglie udinesi a proposito del proprio casato – ottenendo dall’imperatore Carlo III nel 1343 di abitare a Udine, dove conseguì la cittadinanza. Al di là dei dati di questa e di altre cronache, le cui informazioni troppo spesso sono viziate da inesattezze o partigianerie, le fonti attestano che Crescimbene de Monticulis de Verona, il primo portatosi a Udine, fu capitano della città nel 1345- 1347, mentre alcuni suoi discendenti, dottori in utroque iure, ebbero ruoli di primo piano nella vita politica del Patriarcato.
Non sappiamo quali studi abbia seguito Monticoli; le fonti lo dicono notaio. Si sposò con due nobili cividalesi, Gemma Formentini e Aurelia Boch, ed ebbe tre figli: Anastasio (cittadino veronese nel 1551 ma residente a Udine), Caterina Liviana (nata nel 1509 a Pordenone e futura moglie di Giovanni di Pietro Antonio Savorgan della Bandiera) e Betta, clarissa. Per conto del Parlamento della Patria del Friuli fu soprastante a opere pubbliche ed esattore di «tanse», come attestano registri di «angarie» del 1496 dovute dalle ville della Patria per il riparo del gorgo di Poscolle di Udine e per ripari all’Isonzo da parte dei comuni della podestaria di Monfalcone, oltre a registri di esazioni del 1517-1518.
Nel 1508, dopo la vittoria in Cadore delle milizie della Repubblica guidate da Bartolomeo d’Alviano contro quelle di Massimiliano I d’Asburgo e la conquista di Pordenone, terra imperiale in territorio veneziano, Monticoli fu fatto da Alviano podestà di Pordenone, città che il condottiero aveva ottenuto da Venezia in feudo. Fu una breve parentesi, perché l’anno successivo cessò la signoria di Alviano; ma Monticoli entrò in un gioco di forze che poi furono al centro delle sue cronache.
Nel febbraio del 1511 in Friuli la lotta tra fazioni, tra la cosiddetta parte «zamberlana » (o filoveneziana o popolare) capeggiata da Antonio Savorgnan e quella «strumiera» (o filoimperiale o castellana) guidata dai Torriani (o della Torre), raggiunse il suo culmine, mentre la sommossa andò estendendosi dalla città al mondo rurale, a tutto il territorio del Friuli. Antonio Savorgnan nel settembre 1511 abbandonò Venezia, passò dalla parte degli imperiali e nel 1512 fu ucciso a Villaco da nobili «strumieri». Monticoli fu vicino agli «zamberlani», così come il fratello Giovanni. Questi, cancelliere della comunità udinese dal 1507, si schierò decisamente con il partito di Savorgnan, tanto che nel 1512 dovette lasciare la città, passando nel 1518 al servizio del duca di Milano Francesco Sforza, da cui fu nominato nel 1522 podestà di Monza, città dove fu raggiunto e ucciso poco tempo dopo da un sicario di Nicolò Colloredo, esponente della parte «strumiera».
Su Nicolò Monticoli in Udine restava un’ombra di sospetto di tradimento, tanto che nel 1515 fu accusato presso il luogotenente – accusa poi caduta – di avere avviato un complotto a Cividale, dove si era recato, come egli invece asserisce, per trattare affari privati con i Formentini, famiglia a cui apparteneva la prima moglie. Nel gennaio 1523 a Venezia – sottostando a un’imposizione del consiglio dei Dieci – compose la pace con i Colloredo ponendo fine alla faida, come raccontano egli stesso e i Diarii di Leonardo e Gregorio Amaseo e Giovanni Antonio Azio, opera in cui i Monticoli sono trattati in modo ostile, anche se esistevano vincoli familiari per il matrimonio di Elisabetta, sorella di Nicolò e Giovanni, con Leonardo Amaseo.
Morì a Udine nel maggio 1523, ma gli Annales della comunità udinese registrano la sua sostituzione nell’ordine nobile del consiglio a causa di decesso soltanto il 10 aprile 1524.
La ricostruzione dei fatti del 1511 si è basata soprattutto su cronache coeve, in particolare la Historia della crudel zobia grassa di Gregorio Amaseo (edita nel 1884 e ora disponibile nelle edizioni del 1995 e 2010 curate da Furio Bianco), opera decisamente di parte «strumiera », sulla linea delle cronache di Agostino di Colloredo e Giambattista di Cergneu, che con enfasi partigiana condannano senza riserve Antonio Savorgnan, attribuendogli la totale responsabilità e le atrocità della rivolta. Più equilibrata invece è la posizione del notaio Antonio Belloni, che nel De clade Turriana vuole separare ciò di cui è stato testimone da ciò che ha sentito dire. Gli studi del primo Novecento di Pier Silverio Leicht e quelli più recenti (per esempio di Edward Muir, Furio Bianco, Laura Casella) hanno ricondotto la vicenda del 1511 a più profonde ragioni di natura sociale e popolare e alla faida nobiliare, ponendo anche il problema di un approfondimento e di un’analisi più sfumata della divisione tra strumieri e zamberlani, data la fluidità di una situazione di contrattazione politica. Monticoli narra la sommossa in una cronaca, Descrittione del sacco 1511 seguito in Udine il giovedì 27 febbraio, in cui il racconto si allarga alle devastazioni di alcuni castelli da parte dei rurali. Egli parla in terza persona di se stesso e del ruolo svolto nel frenare gli eccessi, in particolare dell’aiuto da lui dato nella difesa dei castelli di Pers e d’Arcano, eccessi che – secondo la sua ricostruzione – sarebbero stati contrastati anche da Antonio Savorgnan e dai suoi uomini. L’opera si conservava anonima (Udine, Biblioteca civica comunale «Vincenzo Joppi», Fondo Joppi, 67.2), ma Gian Giuseppe Liruti per ragioni intrinseche al testo la attribuì a Monticoli dopo averla confrontata con quella di Amaseo ed ebbe parole di apprezzamento sia per la sua scelta «zamberlana» sia per la «disappasionatezza » della scrittura. Il testo fu pubblicato a Udine nel 1857 a cura di Gian Domenico Ciconi, che riportò l’introduzione di Liruti e – per opportuni confronti – un brano del sacco di Udine di Gregorio Amaseo in appendice. Più recentemente Muir (1993) ha osservato come Monticoli – pur nella sostanziale veridicità dei fatti raccontati – dipinga se stesso quale un cavaliere cortese costruito con una perfetta struttura narrativa, trasformando la propria esperienza in «fantasie cavalleresche».
Un altro scritto di Monticoli è la Cronaca delle famiglie udinesi, che ebbe un’ampia diffusione manoscritta. L’originale autografo è un piccolo codice, indicato sul retro della copertina membranacea come Cronaca civile resarcinata per mi N. M. et compita nel 1520 (Udine, Biblioteca civica comunale «Vincenzo Joppi », Fondo Joppi, 878.2; edizione a cura di E. del Torso, s.l. 1911; rist. an. Bologna 1980). Una nota di possesso lo dice appartenente a casa Monticoli e donato a casa Ettorea, un’altra famiglia del patriziato urbano. Monticoli informa sinteticamente sulla storia delle famiglie udinesi originarie della città oppure immigrate, emigrate o estinte, documentandosi – come asserisce – su memorie scritte e fonti orali. Il testo nasce dalla diretta partecipazione dell’autore a un momento cruciale di svolta dell’amministrazione cittadina. Egli era stato infatti nominato con Gregorio Amaseo, Giovanni Candido e Gerolamo degli Onesti in una commissione incaricata, dopo la riforma del 1513 degli organi di governo udinesi che aboliva l’arengo ufficializzando la divisione tra nobili e popolari, di compilare il Libro d’oro delle famiglie udinesi aventi diritto di sedere nel maggior consiglio, elenco redatto nel 1518 dal cancelliere Matteo Clapiz. La prima parte della cronaca, che riporta la deliberazione consiliare del 1518, è compilata nel 1520, come si legge anche nella data sottoscritta al commiato dell’autore dal suo lavoro. Monticoli aggiunse brevi informazioni sulle famiglie aggregate all’ordine nobile fino al 1522 per i meriti acquisiti grazie a «virtù» e «dottrina» del singolo, espresse attraverso l’esercizio delle arti liberali o delle armi; la seconda parte del manoscritto raccoglie note sul tipo di feudo e sui privilegi di famiglie castellane friulane sulla base di una «memoria» (forse il Thesaurus Ecclesiae Aquileiensis) del cancelliere patriarcale Odorico Susanna. Monticoli non dimentica amici e nemici politici: elogia i Savorgnan per le loro virtù morali e civiche, mentre sottolinea la nascita popolare degli Amasei, anche se registrati nel 1518 tra i nobili; oppure ricorda l’origine mercantile della fortuna dei Candido, all’epoca signori di Luseriacco, legati nel 1511 agli «strumieri» e ai Colloredo; o ancora classifica come immeritata l’iscrizione alla nobiltà di un Annibale Baccalaro per avere aderito a un tumulto del 1522 dei popolari contro il Libro d’oro, fomentati dai castellani.
L’ultimo lavoro di Monticoli è lo Spoglio della cronaca universale dei suoi tempi (Udine, Biblioteca arcivescovile, Bartoliniana, 67), opera conservata in copia settecentesca (la data segnata dal copista è maggio 1777) probabilmente dovuta alla mano di Domenico Ongaro, ottimo conoscitore del patrimonio bibliografico friulano, parroco di Colloredo di Monte Albano, secondo quanto suggerisce Vincenzo Joppi, che dello Spoglio trasse una nuova copia (Udine, Biblioteca civica comunale «Vincenzo Joppi», Fondo Joppi, 67.8). In essa Monticoli riportò annalisticamente, nella prima parte, episodi dal 1508 all’inizio del 1523, compreso il «sacco» del 1511, ricordando i ruoli avuti da lui stesso e dal fratello Giovanni, inquadrando le vicende udinesi nel contesto italiano; nella seconda parte sono elencati eventi dal 1464 al 1522 (un’ultima nota del 1551 è certamente un’aggiunta successiva). Il lavoro si conclude con un elenco di uomini della sua età illustri per armi, teologia e filosofia, diritto canonico e civile, medicina, umanità. Ongaro premise alla copia da lui redatta dello Spoglio della cronaca universale (Udine, Biblioteca arcivescovile, Bartoliniana, 67, cc. 1r-16v) una severa valutazione su tutta l’opera di Monticoli, dandone un giudizio politico e accusandolo di faziosità, di errori di informazione nei confronti dei nemici di parte del 1511, rimproverandogli in particolare di avere «avvilito» i castellani e soprattutto la casata dei Colloredo, di cui egli si erge a difensore.
Fonti e Bibl.: Udine, Biblioteca civica comunale «Vincenzo Joppi», Genealogie Joppi, f. Monticoli; Udine, Archivio Comunale, Annales, 44, c. 200r; Arch. di Stato di Udine, Archivio Perusini, 602 (registri di N. Monticoli di esazioni di imposte per conto del Parlamento e conti di opere pubbliche, 1496, 1517-1518); L. Ameseo - G. Amaseo - G. A. Azio, Diarii udinesi dal 1508 al 1541, a cura di A. Ceruti, Venezia 1884; G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da’ letterati del Friuli, IV, Venezia 1830, p. 444; P. Someda de Marco, Notariato friulano, Udine 1958, p. 65; L. Casella, I Savorgnan. La famiglia e le opportunità del potere, Roma 2003, pp. 69-97; L. Cargnelutti, s.v., in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, II, L’età veneta, a cura di C. Scalon - C. Griggio - U. Rozzo, Udine 2009, pp. 1724-1727; E. Muir, Il sangue s’infuria e ribolle. La vendetta nel Friuli del Rinascimento, Verona- Montereale Valcellina 2010, passim (ed. originale, Mad blood stirring. Vendetta and factions in Friuli during the Renaissance, Baltimore-London 1993); F. Bianco, 1511. La «crudel zobia grassa». Rivolte contadine e faide nobiliari in Friuli tra ‘400 e ‘500, Gorizia 2010, ad indicem.