MANIACUTIA, Nicolò
Scarsissime sono le notizie sulla vita del M., per lo più ricavate da quanto egli stesso dice nelle sue opere. Era quasi certamente di origine romana e risulta attivo a metà del XII secolo a Roma, dove fu diacono di S. Lorenzo in Damaso; più incerto è che abbia avuto una collocazione ecclesiastica presso la chiesa di S. Pudenziana o presso la basilica del Laterano.
Gli studi più recenti sono concordi nell'identificare in un unico personaggio gli scrittori chiamati dalle fonti Nicolaus Maniacutia e Nicolaus Maniacoria con relative varianti (Magnacutius, Magnacoze, Manicoria, Maniacocia): l'identificazione si basa sulla somiglianza dei nomi, sul fatto che entrambi risultano attivi a Roma nello stesso periodo e sulla peculiare attenzione dimostrata nelle loro opere verso gli aspetti filologici del testo biblico e delle discipline ecclesiastiche.
Il M. divenne cistercense nel monastero romano ad Aquas salvias (Ss. Anastasio e Vincenzo alle Tre Fontane) durante il governo del primo abate Bernardo (1141 circa - 1145), divenuto papa Eugenio III; durante quel pontificato (1145-53) l'attività del M. sembra essere proseguita, e potrebbe essere giunta fino al papato di Alessandro III, eletto nel 1159.
Oltre che inserito nell'ambiente monastico, il M. dovette essere in rapporto con diversi personaggi della Chiesa e della società romana, e in particolare con una cerchia di pie donne, monache o laiche; di una di queste, Costanza, morta nel 1144-45, egli parla come di una protettrice e mecenate. Notizie diverse, che lo volevano di origine tedesca, insignito del titolo cardinalizio e bibliotecario della Chiesa romana sotto papa Lucio II - come pure la tesi di Denifle che, identificando Costanza con l'imperatrice moglie di Enrico VI, spostava la sua vita verso la fine del XII secolo -, sono oggi considerate prive di fondamento.
Il M. ebbe fama duratura di litteratus in Hebraeo, Graeco et Latino per le sue opere, e in particolare per l'intensa e originale attività filologica svolta sulle Sacre Scritture. Nell'ambito della trascrizione di un esemplare completo della Bibbia, di cui era stato incaricato da Costanza, egli procedette a una revisione testuale del Salterio "iuxta Hebraeos", che riteneva di avere individuato in un codice proveniente da Montecassino, mirando a riportare al tenore originario la versione latina che ne aveva dato s. Girolamo; la revisione del M. sarebbe nei codici conservati nella British Library di Londra (Egerton, 2908) e nella Bibliothèque Royale di Bruxelles (Mss., 4031-4033). Il metodo da lui seguito per ripristinare il testo geronimiano è esposto in un opuscolo separato, il Suffraganeus bibliothecae, che costituiva un accessus alla suddetta trascrizione, composto sempre su incarico di Costanza ma dedicato - probabilmente dopo la morte di questa - a Pietro, canonico della basilica di S. Pietro. L'opera, conservata nello stesso codice di Bruxelles che riporta anche il Salterio "iuxta Hebraeos" e nel manoscritto della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia Mss. lat., cl. X, 178 (=1681), è edita soltanto in piccola parte; per ogni sezione della Bibbia essa fornisce una descrizione, una sintesi e alcune avvertenze di natura critica, fra le quali le più originali sono appunto quelle che riguardano i criteri di correzione del testo. Il M. osserva che nel corso del tempo la traduzione latina eseguita da s. Girolamo, da lui considerata come la più autorevole, è andata soggetta a incroci con traduzioni diverse e a frequenti corruttele di trasmissione, che vengono classificate per tipologia; il testo corretto può essere ripristinato per collazione fra i codici, accettando la lezione tramandata quando la tradizione è concorde, ricorrendo invece al confronto con l'originario testo ebraico - che conosceva per avere studiato allo scopo la lingua e che consultava grazie all'aiuto di un dotto ebreo - per dirimere i casi di lezioni discordi.
In seguito il M. emendò, seguendo i medesimi principî metodologici, anche il testo del Salterio romano, dietro richiesta di una "nobilissima virgo" di nome Scotta, probabilmente una monaca; una copia più tarda dell'edizione da lui curata si conserva, insieme con la lettera di dedica, in un manoscritto di S. Maria in Trastevere (Arm., I.A.2; la dedica è pubblicata in Weber). Attese poi allo studio del Salterio gallicano e formulò una serie di proposte di correzione a questo testo, accompagnate da più approfondite riflessioni sul metodo, nel Libellus de corruptione et correptione Psalmorum et aliarum quarundam scripturarum, dedicato a un abate di nome Domenico; l'opera, di rilevante interesse filologico, è conservata nel codice della Bibliothèque da la faculté de médicine di Montpellier Mss. 294 ed è stata pubblicata da Peri (1977).
Oltre che agli studi biblici il M. si dedicò alla riscrittura di varie passiones di martiri, mosso dal desiderio di restituire correttezza storica e dignità letteraria a racconti agiografici che risultavano corrotti sotto l'uno e l'altro aspetto. Sono state finora individuate come sue una Passio di s. Prassede (Bibliotheca hagiographica Latina [BHL], 6920c), inedita e conservata nel manoscritto della Biblioteca apostolica Vaticana, S. Maria Maggiore B, e una Passio di s. Costanza (BHL, 1927d), anch'essa inedita e conservata nei manoscritti della Biblioteca apost. Vaticana (Vat. lat., 1196 e Ottob. lat., 441), composta in memoria della sua omonima protettrice e su richiesta di una donna chiamata Agnese a Pinea, forse la badessa del monastero di Ss. Agnese e Costanza, attestata nel 1138; ma è possibile che altre sue opere si nascondano fra le molte passiones di martiri romane non ancora adeguatamente studiate, e in particolare fra quelle contenute nel passionario di S. Maria Maggiore, ora alla Biblioteca apost. Vaticana, che contiene altri suoi scritti.
Fra le opere agiografiche del M. si annovera anche una Vita di s. Girolamo (BHL, 3837), che egli compose collazionando e selezionando fonti diverse al fine di ottenere una più coerente ricostruzione storica; il santo, verso il quale la famiglia del M. aveva una devozione tradizionale, viene considerato dall'autore come suo maestro negli studi biblici. Altri suoi scritti sono un Ordo ecclesiastici officii secundum ordinem Ecclesiae Romanae, sorta di prontuario della liturgia romana, ricordato verso la metà del XIII secolo dal vescovo di Frascati Odone di Châteauroux e ancora presente nel 1295 nella biblioteca di Bonifacio VIII, ma attualmente perduto o non identificato; un'omelia sull'immagine acheropita di Cristo (venerata nella cappella di S. Lorenzo, presso il palazzo lateranense), conservata nel citato manoscritto S. Maria Maggiore B e pubblicata nel 1709 (De sacra imagine ss. Salvatoris in palatio Lateranensi. Tractatus Nicholai Maniacutii, Roma 1709); e i Versus ad incorrupta nomina pontificum servanda, un carme mnemotecnico in esametri rimati scritto ai tempi di Eugenio III e aggiornato (forse da altri) all'epoca di Alessandro III, che espone la successione dei pontefici.
Per i suoi studi sul testo della Bibbia, e in particolare del Salterio, il M. è considerato un precursore dei moderni metodi filologici: egli stabilì l'importanza di ricostituire la forma più antica e autorevole del testo, formulò una classificazione delle corruttele di trasmissione, individuò una strategia per porvi rimedio. La sua attività, sviluppatasi nel contesto del deciso rinnovamento culturale europeo del XII secolo, non sembra però aver prodotto una scuola ed ebbe perciò scarso influsso sugli studi successivi: le revisioni testuali da lui compiute, per quanto fossero di indubbio valore, rimasero trascurate e incisero in maniera limitatissima nella tradizione successiva della Bibbia.
Fonti e Bibl.: G. Marangoni, Istoria dell'antichissimo oratorio, o cappella di S. Lorenzo nel patriarchio Lateranense comunemente appellato Sancta Sanctorum, Roma 1747, pp. 73-75; H. Denifle, Die Handschriften der Bibel-Correctorien des 13. Jahrhunderts, in Archiv für Literatur- und Kirchengeschichte des Mittelalters, IV (1888), pp. 270-276; J.-P.-P. Martin, Introduction à la critique générale de l'origine du Pentateuque, Paris 1897, pp. CII-CVIII; G. Mercati, Maniacoria Nicola (Manjacoria, Manicoria, Mangiacoze, Maniecutius, Magnacucius?), in Diz. bibliografico degli scrittori italiani, I, 4, Milano 1898, s.v. (poi in G. Mercati, Opere minori, II, Città del Vaticano 1937, pp. 48-51); J. Van den Gheyn, Nicolas Maniacoria correcteur de la Bible, in Revue biblique internationale, VIII (1899), pp. 289-296; Catalogus codicum hagiographicorum Latinorum bibliothecarum Romanarum praeter quam Vaticanae, Bruxelles 1909, p. 86; Catalogus codicum hagiographicorum Latinorum Bibliothecae Vaticanae, Bruxelles 1910, pp. 61, 426; A. Vaccari, Le antiche vite di s. Girolamo, in Miscellanea Geronimiana, Roma 1920, pp. 14-18; A. Wilmart, Nicolas Manjacoria cistercien à Trois-Fontaines, in Revue Bénédictine, XXXIII (1921), pp. 136-143; R. Weber, Deux préfaces au Psautier dues à Nicolas Maniacoria, ibid., LXIII (1953), pp. 3-17; V. Peri, Notizia su Nicola M., autore ecclesiastico romano del XII secolo, in Aevum, XXXVI (1962), pp. 534-538; H. Schmidinger, Nicolaus Maniacutius (Maniacoria) und sein Papstgedicht, in Mitteilungen des Institut für Österreichische Geschichtsforschung, LXXI (1963), pp. 48-61; V. Peri, Nicola M.: un testimone della filologia romana del XII secolo, in Aevum, XLI (1967), pp. 67-90; Id., Nihil in Ecclesia sine causa. Note di vita liturgica romana nel XII secolo, in Riv. di archeologia cristiana, L (1974), pp. 249-265; Id., Correctores immo corruptores. Un saggio di critica testuale nella Roma del XII secolo, in Italia medioevale e umanistica, XX (1977), pp. 19-125; G. Alessio, Edizioni medievali, in Lo spazio letterario del Medioevo, I, Il Medioevo latino, III, La ricezione del testo, Roma 1995, pp. 48-58; Rep. font. hist. Medii Aevi, VII, pp. 434 s.