LUDOVISI, Nicolò
Nacque a Bologna nel 1347 da Ludovico (Ligo) e da Bartolomea Castaldi. Ebbe un fratello maggiore, Giovanni, e una sorella, Bartolomea, nata postuma dalla seconda moglie del padre, Zana Bianchi.
Il Dolfi lo definisce dottore di leggi, e come tale è stato di recente ricordato (Tamba), ma le ricerche ora esperite non hanno comprovato l'acquisizione ufficiale del titolo di doctor iuris.
Nel 1364 il padre, morendo, lasciò ai figli, entrambi minorenni, un grosso patrimonio, frutto della sua accorta attività di banchiere. Per qualche anno essi gestirono in comune i beni ereditati privilegiando gli investimenti immobiliari intorno a Budrio e solo nell'ottobre 1371 sciolsero la comunione ereditaria. Non si conosce la consistenza dei beni divisi, ma che si trattasse di un patrimonio rilevante lo indica la somma di 3300 lire che il L. versò al fratello a conguaglio della porzione di beni assegnatigli. Non si sono reperite tracce di ulteriori atti di disposizione o di acquisto di beni immobili, ma, nonostante la qualifica di campsor attribuitagli in alcuni atti ufficiali, sembra che il L. si sia dedicato soprattutto a gestire il patrimonio ereditato.
Nel 1378 il L. agiva quale tutore dei nipoti Ligo e Galeotto, figli di Giovanni nel frattempo scomparso, e nel maggio di tale anno versava, anche a nome dei nipoti, a Bartolomea, sposa di Jacopo Isolani, la dote di 1500 lire.
Il L. sposò Lisa di Francesco Ariosti e, in seconde nozze, Gesia di Andrea Mezzavacca. Da Lisa nacquero Margherita, che nel 1399 sposò Raffaello Foscarari, Giovanni e Andrea che sposarono Lippa e Gesia di Pietro Mezzavacca. Ebbe anche un figlio naturale, Astorre.
Gli incarichi pubblici sostenuti dal L. furono consoni alla sua condizione sociale, ma non particolarmente numerosi né di grande rilievo. Ebbero peraltro il pregio di una indubbia coerenza, in sintonia con il regime di autonomia comunale impostosi nella città con la rivolta promossa dall'aristocrazia il 19 marzo 1376 e la susseguente fuga del legato pontificio, cardinale Guglielmo di Noellet.
Nell'ultimo bimestre 1376 il L. fu degli Anziani, il Collegio alla guida della città, il cui mandato si caratterizzò per la sostanziale moderazione della propria azione di governo, come appare dalla via strettamente legale con cui si oppose alle azioni promosse dal cardinale Noellet e dall'accordo, oneroso ma realisticamente congruo alla situazione della città, con cui pose fine alle operazioni militari contro Guiduccio da Monzuno.
Nel giugno 1378 Bologna acquisì il dominio di Cento, grazie alle crescenti difficoltà che vi incontrava l'esercizio dei poteri da parte del vescovo bolognese alla cui giurisdizione Cento era soggetta. I Centesi tentarono di opporsi, ma il dispiegamento di truppe e macchine d'assedio apprestato da Bologna li fece presto desistere. Fu dunque una conquista facile, che il governo di Bologna volle tuttavia solennizzare facendo armare cavalieri due cittadini, il L. e Pietro Canetoli, che nell'occasione sembra si fossero particolarmente distinti. Come miles il L. venne in seguito designato negli atti ufficiali e tra questi gli elenchi del Consiglio generale, di cui egli fu sempre membro per il quartiere di Porta Piera dal 1379.
Nell'agosto 1381, gonfaloniere del Popolo, presenziò alla definizione dell'accordo con cui Francesco Manfredi cedette a Bologna per 3000 fiorini il castello di Solarolo. Nell'agosto 1382 fu preposto agli stipendiari inviati a difesa di Castel San Pietro durante il passaggio delle truppe di Carlo d'Angiò verso il Regno di Napoli. Nel 1386 fu podestà del contado di Imola e nel quinto bimestre gonfaloniere di Giustizia, cioè capo del Collegio degli anziani.
Quest'ultimo incarico sembra indicare l'adesione del L. alla fazione dei Maltraversi, allora prevalente, anche se per breve tempo. In realtà le ricchezze e il ceto del L. lo avvicinavano a tale fazione, ma non al punto da farsene condizionare. Quando nell'autunno 1388 gli esponenti dei Maltraversi, estromessi dal governo della città, si unirono a elementi della vecchia feudalità per tentare, con l'aiuto di Gian Galeazzo Visconti, di riassumerne il controllo, il L. non li seguì. Si accostò invece alle forze che, guidate da esponenti della finanza cittadina e in stretta alleanza con Firenze, vedevano nel Visconti la reale minaccia per l'autonomia della città e agivano di conseguenza. Agli inizi del 1390, profilandosi un'azione militare del Visconti e dei suoi alleati, anche il L. prese parte alla vasta opera diplomatica avviata da Bologna a propria difesa. Fu a Venezia e quindi a Forlì presso gli Ordelaffi, della cui amicizia per Bologna poté dare precise assicurazioni agli Anziani. Fu ancora a Imola nell'aprile 1391 e nel dicembre 1392 per ricorrenze solenni degli Alidosi, in rappresentanza del Comune di Bologna. Svolse poi altre due missioni: nel febbraio 1394 presso il Visconti e nel febbraio successivo in Romagna.
Non si è trovata menzione di successivi incarichi pubblici del L. e il fatto non è forse privo di significato dal momento che in questo stesso periodo il regime di autonomia bolognese sfociava prima nel predominio di Carlo Zambeccari, poi nella signoria di Giovanni Bentivoglio. Il L. non abbandonò la città come molti suoi pari, sì che quando i Bolognesi, appresa la pesante sconfitta subita dal Bentivoglio il 26 giugno 1402, si ribellarono al signore, ebbero nel L. e in Melchion Manzoli i loro riferimenti. Ma la riconquistata autonomia durò pochi giorni e Bologna fu aggregata ai domini di Gian Galeazzo Visconti.
Nei torbidi che segnarono la successiva vicenda della città, contesa tra i Visconti, la Chiesa e vari capitani di ventura, fu ucciso il 30 ag. 1403 Astorre, figlio naturale del L., in uno scontro tra fazioni di cui le cronache fanno responsabile Raffaello Foscarari.
Il L. morì a Bologna il 10 apr. 1406 e fu sepolto presso la chiesa di S. Domenico con una cerimonia funebre tanto imponente da meritare l'accurata descrizione di Pietro di Mattiolo (p. 181).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica e bentivolesca, Provvigioni in capreto, I, cc. 9v, 20v, 35; Signoria Pepoli, Provvigioni cartacee, s. III, regg. 45, c. 17; 51, c. 43; 83, c. 13v; Consigli ed ufficiali del Comune, Elezioni del Consiglio dei quattrocento, Porta Piera (1379-86), passim; Uffici a competenza specifica, Ufficio dei memoriali, voll. 277, c. 296; 285, cc. 200 s.; 290, c. 54; 302, c. 44; 319, c. 214; Studio Alidosi, fam. Ludovisi, cc. 5, 15; Bologna, Archivio di S. Petronio, Testamenti, cart. 271, reg. 5, c. 21; Ibid., Biblioteca universitaria, Mss. Ital., 2138.II, c. 259/42; 2155.II, cc. 4v, 10v, 11, 14v, 27; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, vol. III, pp. 352, 479, 499; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, p. 76; Pietro di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, pp. 130, 181; P. Zambeccari, Epistolario, a cura di L. Frati, Roma 1929, ad ind.; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 463; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1784, p. 371; G. Tamba, Foscarari, Raffaello, in Diz. biogr. degli Italiani, XLIX, Roma 1997, p. 286.