BALBI (Balbi dei due Ponti, de' do Ponti), Nicolò Innocente
Nacque a Venezia il 28 dic. 1710 da Tommaso e Donata Bembo. La famiglia Balbi era di antica e solida tradizione aristocratica e il B., come molti suoi antenati, ebbe facile accesso alla vita pubblica. Entrò infatti nel 1748 nel Consiglio dei Quaranta, ottenne l'incarico di provveditore a Zante per il triennio 1755-58 e venne infine assunto in Senato nel 1766. Si trovò così ad essere testimone, forse non imparziale, delle vicende che il governo della Repubblica attraversò nella seconda metà del secolo, e in particolare delle crisi di carattere costituzionale provocate dalle pressioni esercitate sull'oligarchia dominante da parte dei nobili poveri o barnaboti.
Significative a questo riguardo sono le due "Correzioni" del 1761-62 e del 1774-75, delle quali il B. ci ha lasciato relazioni dettagliate, in forma epistolare, tuttora per massima parte inedite, sebbene molto conosciute: la Relazione delle cose occorse e delle dispute tenute in Maggior Consiglio per la Correzione del Cons. dei X seguite l'anno 1762 (Museo Correr, cod. Cicogna 2649) e la Relazione delle cose occorse in Maggior Consiglio nella Correzione dell'anno 1775 e delle dispute in esso tenute per la nuova aggregazione alla veneta nobiltà estesa in X lettere (ibid., cod. Cicogna 2650). Di quest'ultima fu stampata anonima la lettera riguardante la visita di Giuseppe II a Venezia nell'anno stesso della Correzione: Relazione della venuta in Venezia di S.M.I.R.A. Giuseppe II e dei R. R. Arciduchi suoi fratelli nell'anno 1775 scritta da autore contemporaneo, a cura di P. Litta, Milano 1833.
Le relazioni del B. vogliono essere obbiettive e distaccate, ma tradiscono un atteggiamento sostanzialmente conservatore, cauto se non chiaramente ostile di fronte a ogni movimento innovatore che rischi di intaccare la struttura tradizionale dello stato veneto.
Il 3 ott. 1738 il B. aveva sposato Elisabetta Angaran, di nobile famiglia di origine vicentina, che gli fu vicina per molti anni e lo seguì anche a Zante; ebbero sei figli, di cui uno raggiunse la carica di senatore e un altro entrò nel Consiglio dei Quaranta, e tre figlie.
La casa del B., sede di una ricchissima biblioteca con preziosi codici di storia veneziana, alcuni dei quali di mano del B., una notevole raccolta di testi teatrali e una collezione di medaglie e monete (il tutto disperso dopo la sua morte), fu, intorno alla metà dei secolo, un centro vivace di interessi culturali e il B. stesso uno dei patrizi più in vista della società letteraria veneziana.
Le testimonianze dei suoi rapporti con varie personalità della cultura sono numerose: dalla dedica a lui diretta dei Teatro comico francese tradotto da Gaspare Gozzi, Venezia 1754 (comprendente opere di Destouches e di M.me de Graffigny), alla dedica della tragicommedia di Francesco Griselini, Socrate filosofo sapientissimo, Venezia 1755; dall'elogio della sua ospitalità contenuto nelle epistole modenesi del Chiari (Della vera poesia teatrale Epistole poetiche di alcuni letterati Modanesi dirette al sig. Abate Pietro Chiari colle risposte del medesimo, Modana s. d.), alla dedica del poemetto di N[icola] B[eregan], Il Museo d'Apollo, s. l. né d., e infine alle Poesie autografe del N. H. G. Andrea Querini (Bibl. Querini, ms. cl. VI, XLII) comprendenti la traduzione dal francese in latino e in italiano del Poème de Fontenoy di Voltaire. Tutte testimonianze indicative di una certa apertura dell'ambiente culturale del B. alle suggestioni dei più nuovi movimenti letterari, in contrasto con il tenace attaccamento alla tradizione dimostrato in tutta la sua attività politica.
Il B. aveva scritto sin dal 1747 una tragedia, La lega di Smalcalda, che presentò, corredandola di una lunghissima introduzione storica e critica, nel 1770 al concorso per opere drammatiche indetto dal Du Tillot e dal p. P. M. Paciaudi con il Programma offerto alle Muse italiane, Parma 1770. La tragedia, di scarsi pregi artistici, presenta qualche interesse storico per il fatto, ritenuto riprovevole nell'ambiente della corte parmense, di dipingere favorevolmente il carattere dell'elettore Federico di Sassonia in contrasto con Maurizio di Sassonia e Carlo V.
Una lunga amicizia lo legò con Carlo Goldoni, che il B. cominciò a proteggere fin dal novembre 1734 quando il Goldoni presentò sulle scene veneziane il suo Belisario.
Al B. è dedicata, nell'edizione Bettinelli (I, Venezia 1750), la commedia del Goldoni La vedova scaltra e ad Elisabetta Angaran La madre amorosa (ediz. Pitteri, II, Venezia 1757). Fu il B. a interporre i suoi buoni uffici per procurare al Goldoni il contratto col Vendramin per il teatro di San Luca nel 1753; a far stampare il poemetto dei gesuita G. B. Roberti, La commedia, Venezia 1755, ove si legge una difesa cordiale del teatro goldoniano; a mettere il Goldoni in contatto con altri patrizi suoi amici tra cui vanno ricordati in particolare Giovanni Falier e Marin Zorzi; a patrocinare l'edizione del teatro goldoniano iniziata nel 1761 presso il Pasquali (Delle commedie di C. Goldoni Avvocato veneto, Venezia 1761-78). Il B., infine, appare tra i pochi sottoscrittori italiani dell'edizione parigina dei Mémoires (Paris 1787).
Al vecchio gondoliere di casa B., Pasqualino, il Goldoni attribuì scherzosamente alcuni tra i suoi più felici versi in dialetto veneziano di carattere occasionale: si tratta della Lettera di Pasqualino gondoliere del 1757, diretta al B. allora provveditore a Zante, che introduce la raccolta di versi curata dal Goldoni per la monacazione di Marina, figlia di Giovanni Falier; ma soprattutto del poemetto in ottave Il mondo novo che fa parte della Raccolta di Poetici componimenti in occasione che la Nobil donna Contarina Balbi veste l'abito religioso..., Venezia 1761.
Partendo per la Francia nell'aprile del 1761, il Goldoni lasciò al B. un suo ritratto dipinto da Alessandro Longhi, e da Parigi si mantenne in corrispondenza con lui come apprendiamo da altre lettere del Goldoni, essendosi il carteggio col B. disperso dopo la morte di quest'ultimo.
Il B. morì a Venezia il 20 genn. 1790. Nella lapide posta nella chiesa dei SS. Ermacora e Fortunato venne ricordato come devoto "religioni patriae litteris".
Fonti e Bibl.: Venezia, Museo Correr, cod. Cicogna 3412/257, G. M. e G. T. Balbi, Notizie sulle opere di N. B., passim; Arch. di Stato di Venezia, Misc. Codici, I, St. Ven. 17, M. Barbaro, Arbori, v. 149; Novelle della Repubblica Letteraria, Venezia 1754, p. 322; C. Goldoni, Opere, a cura del Municipio di Venezia, I, Venezia 1907, p.105;II, ibid. 1908, pp. 285 s., 395 s.; III, pp. 515, 628; IV, ibid. 1909, p. 422; XI, ibid. 1911, pp. 223-228, 296, 391; XXXIII, ibid. 1934, p. 563; XXXV, 1, ibid. 1937, pp. 18, 224-227, 314; XXXV, 2, ibid. 1943, pp. 197 s., 202, 207, 211-213, 216-219, 223 s., 227-229, 337, 373-380; XXXVI, ibid. 1936, pp. 18, 184, 449; XXXVII, ibid. 1948, pp. 187, 268, 356, 400-402, 436; XXXVIII, ibid. 1951, pp. 219, 363, 367; XXXIX, 2, ibid. 1952, pp. 215, 229, 244, 272, 370, 473, 481; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, III, Venezia 1830, p. 390; IV, ibid. 1834, pp. 548-554, 614, 639, 640, 642, 672-674, 695, 698, 703; V, ibid. 1842, pp. 70, 71, 126, 580, 627; VI, ibid. 1853, pp. 28, 51 s.; F. Mutinelli, Annali urbani di Venezia dall'anno 810 al 12 maggio 1797, Venezia 1841, pp. 678-691; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 148, 243, 704; G. Cappelletti, Storia della Repubblica Veneta, Venezia 1855, XII, pp. 74-111; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, VIII, Venezia 1859, pp. 190 n., 194 s. nn.; E. Bertana, Il teatro tragico italiano del sec. XVIII prima dell'Alfieri, in Giorn. stor. d. letter. ital., suppI. 4 (1901), pp. 155 s.; C. Grimaldo, Giorgio Pisani e il suo tentativo di riforma, Venezia 1907, pp. XIII s., 9, 27; G. Ortolani, Il triste presagio di un veneziano del 700, in Il Marzocco, XIX (15febbr. 1914), n. 7, p. 2; E. Michiel, La Biblioteca Marciana di Venezia, in Rass. stor. del Risorg.,XIX (1932), p. 794; G. Ortolani, La riforma del teatro nel Settecento, a cura di G. Damerini e N. Mangini, Venezia-Roma 1962, pp. 127, 135, 189, 217.