DOLFIN, Nicolò
Figlio di Pietro di Fantino di una figlia di Dolfin di Onfrè di Pangrati Giustinian, nacque a Venezia alla fine del sec. XV, sicuramente dopo il 1483, anno del matrimonio dei suoi genitori. Data l'importanza della sua famiglia, la formazione del D. probabilmente avvenne su due binari: quello della preparazione all'attività politica e quello degli studi, che si indirizzarono sia verso la cultura latina sia verso quella volgare.
La prima notizia che possediamo riguardo la sua attività pubblica risale al 1502 quando insieme con Andrea Foscolo venne inviato a Ferrara dalla Repubblica veneziana come rappresentante alle nozze di Lucrezia Borgia con Alfonso d'Este. Nel 1516 venne eletto conte a Pola, ma l'anno successivo rinunciò a questa carica per motivi di salute e gli subentrò il fratello Fantino. Non siamo sicuri se le altre cariche del 1519 a Bergamo come podestà e vicecapitano e del 1524 a Crema come podestà siano state tenute proprio da lui o piuttosto da un suo contemporaneo omonimo, appartenente ad un altro ramo della famiglia Dolfin.
Molto rilevante è la sua partecipazione al dibattito ed alle iniziative che si tenevano in quegli anni a Venezia legate allo sviluppo ed alla conoscenza della letteratura volgare. Contemporaneo di Pietro Bembo e di Trifone Gabriele, il D., secondo diverse testimonianze coeve, doveva essere un punto di riferimento importante per chi in quegli anni rivolgeva la propria attenzione di studioso agli autori volgari, soprattutto Petrarca e Boccaccio.
Giangiorgio Trissino nel suo dialogo Castellano pubblicato nel 1529 ricorda il suo nome fra quelli che per primi dibatterono la questione della lingua poetica in Petrarca. Con Pietro Bembo i rapporti non erano costituiti solo da comuni interessi letterari, ma dovevano essere di conoscenza diretta: quando nel 1528 il D. mori, il Bembo scrisse da Padova a Vettor Soranzo dolendosi della scomparsa di un "così gentile huomo della nostra città, et il quale tanto honore et tanta utilità tuttavia rendeva a questa lingua..." (in P. Bembo, Il secondo volume delle lettere, Venezia 1562, c. 126v); anche nel 1526 aveva mandato i suoi saluti al D. attraverso Bernardo Cappello (ibid., p. 79), e quando nel 1519 era morto il padre di Pietro, Bernardo, il D. gli inviò una lettera consolatoria (ricordata in V. Cian, Per Bernardo Bembo, p. 80).
Non si conoscono altre notizie sulla sua vita, ad eccezione di alcuni cenni rinvenibili in una lettera di Girolamo Muzio - il quale ricorda come egli "molto amico, et servidore di M. Nicolò Delfino" gli presentò Giulio Camillo che aveva espresso il desiderio di conoscerlo - e nel Proemio a Le volgari opere del Petrarcha con la espositione di Alessandro Vellutello da Lucca (Venezia 1525), nel quale Vellutello stesso racconta di come venne esortato dal D. a comporre un commento anche ai Trionfi di Petrarca.
Il D. morì a Venezia nel maggio 1528; fu seppellito nella Chiesa di S. Angelo.
Egli diede alle stampe una sola opera: curò infatti l'edizione del Decameron di Boccaccio uscita nel 1516 a Venezia per Gregorio de' Gregori. A questa edizione, importante anche ai fini della storia del testo boccacciano, ristampata nel 1526 sempre a Venezia per Giovanni Antonio e fratelli da Sabbio, si riferiscono alcuni versi del poema di Filippo Oriolo da Bassano, Il Monte Parnaso: "V'era il Delphin, ch'a giorni nostri è un sole, / che mille alme ha allumate, ch'eran cieche, / Vegga 'l Boccaccio chi creder non vuole" (in Elwert, Pietro Bembo..., 1958, p. 145).
II resto della sua produzione letteraria è rimasto manoscritto o fu pubblicato solo dopo la sua morte. Essa comprende una serie di componimenti poetici scritti in diversi periodi della sua vita, che furono raccolti per la maggior parte in Rime del Brocardo et d'altri authori, Venetia, F. Amadi, 1538. Queste ed altre poesie sono inoltre conservate manoscritte in diversi codici di raccolte poetiche del sec. XVI di area veneziana ed alcune di esse sono state ristampate in raccolte come le Rime di diversi nobili uomini et eccellenti poeti, II, Venezia 1548, p. 138, e le Rime di diversi eccell.mi autori, IV, Bologna 1551, p. 203.
Rimangono ancora un volgarizzamento dell'Orazione d'Isocrate a Nicocle re di Salamina nella Biblioteca arcivescovile di Udine (ms. Italiano octavo IV) con una dedica ad Andrea Bembo datata 20 febbr. 1522, un'incerta attribuzione di Epistole e dialogi capituli de Philogio ed Gratilla, Venezia 1506, ed una lettera non datata ad Antonio Mezzabarba (in Della nuova scielta di lettere di diversi nobilissimi huomini et eccellentissimi ingegni, scritte in diverse materie..., II, Venezia 1582, pp. 598 s.). A lui inviarono lettere e poesie Girolamo Quirini (Firenze, Bibl. nazionale, Mss. Nuovi acquisti, 473) e Giuliano Goselini (le poesie in Rime di diversi celebri poeti dell'età nostra nuovamente raccolte e poste in luce, Bergamo 1587, pp. 236 s., e la lettera in Lettere di G. Goselini, secretario..., Venezia 1592, cc. 41v-42r).
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Diarii, XXI-XLIX, Venezia 1887-1907, ad Indices; F. Alunno, Le ricchezze della lingua volgare, Vinegia 1543, c. 3r; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, Milano 1741, p. 231; B. Cappello, Rime corrette, illustrate e accresciute..., I, Bergamo 1753, pp. V s.; Lirici venez. del sec. XVI, Venezia 1788, pp. 105, 312; G. Fontanini, Biblioteca dell'eloquenza italiana con le annotazioni del signor Apostolo Zeno, Parma 1804, II, pp. 27 s.; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, pp. 147-150; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Milano 1833, IV, p. 134; A. Bacchi della Lega, Bibliografia boccaccesca..., Bologna 1875, pp. 34, 36; A. Neri, Una lettera inedia di Girolamo Muzio, in Giorn. stor. d. letter. ital., IV (1884), p. 230; V. Cian, Per Bernardo Bembo. Le sue relaz. letterarie, i codici e gli scritti, ibid., XXXI (1899), p. 80; L. Dolfin, Una famiglia storica. I Doffin attraverso i secoli, 452-1797, Genova 1904, p. 28; C. Frati, A. I. Mezzabarba e il cod. marciano Ital. IX. 203, in Nuovo Archivio veneto, n. s., XXIII (1912), pp. 10 s.; B. G. Dolfin, IDoffin (Deffino), patrizi venez. nella storia di Venezia dall'anno 452 all'anno 1923, Milano 1924, pp. 268-272; W. T. Elwert, Pietro Bembo e la vita letteraria del suo tempo, in La civiltà veneziana del Rinascimento, Firenze 1958, pp. 129, 167, 170; A. Balduino, Petrarchismo veneto e tradizione manoscritta, in Petrarca, Venezia e il Veneto, a cura di G. Padoan, Firenze 1976, p. 264; C. Dionisotti, Machiavellerie, Torino 1980, p. 342; P. Floriani, Grammatici e teorici della letter. volgare, in Storia della cultura veneta, III, 1, Vicenza 1980, p. 142; G. Gorni, Le forme primarie del testo poetico, in Letter. italiana (Einaudi), Torino 1984, III, I, pp. 467, 517, L. Gualdo Rosa, La fede nella "Paideia". Aspetti della fortuna europea di Isocrate nei secoli XV e XVI, Roma 1984, pp. 61 s., 78 s.