NICOLO di Lussemburgo
NICOLÒ di Lussemburgo. – Figlio naturale del re di Boemia, Giovanni di Lussemburgo, nacque tra il 1321 e il 1322. Il nome della madre è ignoto.
Crebbe a Praga, ma non sono noti i particolari della sua istruzione. Fu presto indirizzato alla carriera chiericale. Nel 1342, dispensato dal defectus natalium, fu nominato da papa Clemente VI canonico di Vyšehrad, in diocesi di Praga. Poco dopo ebbe la prepositura di Saaz (Žatec), in Boemia settentrionale. Fu anche cancelliere del regno di Boemia a fianco del fratellastro, Carlo di Lussemburgo, re dal 1346. Nel 1345 e nel 1346 fu ad Avignone e a Roma, per missioni diplomatiche. Nel gennaio 1349, fu elevato da Clemente VI alla cattedra episcopale di Naumburg in Turingia. Non raggiunse però mai la sede, occupata dal candidato eletto dal capitolo locale. Poi Carlo di Lussemburgo esercitò la sua influenza sulla curia avignonese per procurare la sua nomina, il 22 ottobre 1350, alla guida del patriarcato di Aquileia, rimasto vacante nel giugno precedente per la morte violenta di Bertrando da San Ginesio.
Tale scelta rientrava nella dinamica politica dei decenni centrali del Trecento, che investiva il patriarcato perché dotato di un’ampia signoria territoriale, a cerniera tra il mondo italico, padano e peninsulare, e l’Europa di cultura germanica e slava. La signoria ecclesiastica aquileiese era un tassello del mosaico del potere 'guelfo' e papale in Italia e un naturale raccordo con l’impero. La discontinuità nel governo, indotta dalle lunghe vacanze conseguenti alla morte dei presuli, e una pronunciata conflittualità interna, alimentata dalle esuberanze aristocratiche (in larga parte coordinate dalla famiglia Della Torre, che aveva espresso tre patriarchi al passaggio tra il Due e il Trecento) e dai tentativi di affermazione delle comunità urbane maggiori (Cividale e Udine, avanti le altre), esponevano il Friuli agli appetiti dei potentes vicini: i conti di Gorizia, ma anche gli Asburgo duchi d’Austria, mentre da occidente provenivano le inframmettenze di Venezia, insieme con i tentativi espansionistici dei da Camino, degli Scaligeri e dei Carraresi. Sul Friuli patriarcale, dunque, si intersecavano svariati livelli di interessi conflittuali, da quelli locali a quelli di livello europeo, che si integravano e complicavano a vicenda. Così si comprendono le ragioni di Clemente VI, nella nomina di Nicolò, coerenti col diuturno favore verso i lussemburghesi. Si comprendono anche gli accordi compromissori di Carlo e Nicolò con l’arciduca d’Austria, Alberto II, per la tutela dei reciproci interessi in terra friulana, firmati prima dell’arrivo in sede di Nicolò.
Giunse ad Aquileia il 18 maggio 1351. Il suo modo di operare rivela esemplarmente la natura ambigua del potere patriarcale. Volle innanzitutto punire gli artefici dell’uccisione del predecessore, ma l’intenzione celava il proposito di eliminare fisicamente potenziali oppositori, secondo un criterio di individuazione delle responsabilità che si rivelava sovente pretestuoso. Furono risparmiate famiglie implicate nella lotta contro Bertrando da San Ginesio, come i di Spilimbergo, e colpiti viceversa personaggi in apparenza estranei alla contesa. Certo è che la repressione fu condotta con violenta determinazione, tanto da costituire la radice di ultreriori conflitti e ostilità. L’azione giudiziaria e di polizia fu accompagnata dalla promozione del culto di Bertrando, favorita da Nicolò nelle sue funzioni episcopali. Ne fece esumare la salma, nel 1352, e la fece traslare in un’arca lapidea, nel 1353, secondo l’antica prassi della 'canonizzazione' vescovile. Seguì la raccolta dei miracoli operati per intercessione del nuovo santo e la scrittura di una leggenda agiografica dalla quale traspaiono i motivi ideologici che spiegavano il nuovo culto. Esso, inoltre, sanzionava l’affermazione di Udine quale principale centro urbano del Friuli. Forse nell’intento di equilibrare un tale riconoscimento, Nicolò cercò di ottenere dal fratellastro Carlo IV, allora re di Germania e di Boemia, un diploma per la fondazione in Cividale di uno Studium di arti e diritto (1° agosto 1353). Il documento non ebbe conseguenze pratiche e ha suscitato dubbi tra gli storici.
Il patriarcato di Nicolò fu caratterizzato dall’inossidabile rapporto con il fratello, al quale donò numerose reliquie aquileiesi, fra cui alcuni fascicoli del cosiddetto Vangelo di san Marco, tuttora conservati a Praga. Accompagnò Carlo nel viaggio verso Roma, per l’incoronazione imperiale, nel 1355. Rimase a lungo come vicario imperiale in Toscana, a Siena e a Pisa, dove fu vittima di un’insurrezione e imprigionato. Nel frattempo la situazione interna del Friuli era degenerata e i capitani lasciati a presidiare Udine e Cividale furono uccisi: segno dell’incapacità di trovare efficaci mediazioni in un contesto conflittuale. Sintomo silenzioso delle difficoltà del governo di Nicolò è il singolare vuoto nella documentazione della curia tra il 1352 e il 1357. Senza escludere motivazioni accidentali, non è improbabile che si tratti di una voluta damnatio memoriae.
Al giugno 1357 risale uno dei pochi segni del governo pastorale di Nicolò: una sinodo diocesana svoltasi in Aquileia, nella quale furono emanate costituzioni a tutela del clero. Poco prima aveva incaricato alcuni chierici di procedere alla visita pastorale della diocesi.
Nell’ultimo periodo della vita, fu vicario imperiale a Feltre e Belluno e spesso si mantenne a distanza dal Friuli. Quando vi si trovava, preferiva soggiornare nel castello di Soffumbergo, per sottrarsi alla crescente ostilità nei suoi confronti.
Morì il 29 luglio 1358 a Belluno, dove fu sepolto.
Le cause della morte non sono note, e ciò potrebbe generare anche qualche interrogativo, data l’età relativamente giovane. I suoi beni furono inventariati e incamerati dal nunzio papale, accorso sul posto. Le spoglie furono poi trasferite nel duomo di Udine, nella primitiva tomba del patriarca Bertrando. Pur sbiadita dall’usura, se ne conserva la lastra sepolcrale.
Fonti e Bibl.: Gli atti del governo patriarcale del 1351 e del 1357-58 si ricavano dai protocolli del notaio Gubertino da Novate: Archivio di Stato di Udine, Notarile Antico, b. 5120 (sub anno); cfr. inoltre I. Zenarola Pastore, Atti della cancelleria dei patriarchi di Aquileia (1265-1420), Udine 1983, pp. 174-188. V. Joppi, L’inventario delle cose lasciate dal patriarca N. di L., in Archivio storico per Trieste, l’Istria e il Trentino, I (1881), pp. 1-12; P. Paschini, Storia del Friuli, 3a ed., Udine 1975, pp. 497-518; A. Tilatti, Principe, vescovo, martire e patrono: il beato Bertrando di Saint-Geniès patriarca d’Aquileia († 1350), in Rivista di storia e letteratura religiosa, XXVII (1991), pp. 413-444; C. Moro, L’inventario dei beni di N. di L., in Metodi e ricerche. Rivista di studi regionali, n.s., XIII (1994), pp. 47-59; C. Dolcini, 1353. L’Università forogiuliese, in Università del Friuli. Vent’anni, Udine 1999, pp. 19-23; M. Innocenti, Die Grabstätte der luxemburgischen Patriarchen von Aquileja, in Hémecht. Zeitschrift für Luxemburger Geschichte, LI (1999), pp. 73-78; G. Schwedler, Lussemburgo (di) Nicolò, patriarca di Aquileia, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, I, Il Medioevo, a cura di C. Scalon, Udine 2006, pp. 512-517; V. Colling-Kerg, Nicolas et Jean de Luxembourg patriarches d’Aquilée, in Le rêve italien de la maison de Luxembourg aux XIVe et XVe siècles - Il sogno italiano del casato di Lussemburgo nei secoli XIV e XV, 2a ed., Luxembourg 2008, pp. 167-180.