NICOLO di Giacomo di Nascimbene
NICOLÒ di Giacomo di Nascimbene. – Figlio del pittore Giacomo di Nascimbene, è attestato a Bologna dal 1357 al 1402.
Si ignora la sua data di nascita, situabile tra terzo e quarto decennio del Trecento. Nel 1357 e nel 1360 il suo nome è citato negli elenchi (Venticinquine) dei cittadini già diciottenni abili al servizio militare; risiedette sempre nel quartiere bolognese di S. Procolo, sposò Villana di Paolo di Duzolo (1369) ed ebbe tre figli (Antonia, Ursolina e Andrea).
La sua vicenda artistica si sviluppò con linearità all’insegna del dialogo profondo con il contesto pittorico bolognese. La sopravvivenza di diverse miniature firmate, spesso databili con certezza, agevola l’esercizio attributivo e la comprensione della sua evoluzione stilistica; solo nell’ambito di uno studio monografico si potrà affrontare l’analisi della vasta carrellata di cuttings, provenienti da opere smembrate.
La sua formazione è fitta di problematiche critiche. Agli esordi, nel 1349, illustrò (tranne l’inserto di altra mano alla c. 11r) un Libro d’Ore (Kremsmünster, Benediktinerstift, Stiftsbibliothek, Clm. 4), trascritto da Bartolomeo de’ Bartoli, destinatario forse del volumetto. La scritta «Andreas me pinsit» nella cornice di c. 11r, variamente interpretata, è forse un’aggiunta posteriore (Manzari, 2009). L’intonazione pungente e l’asprezza grafica tipica dell’‘offiziolo’, che senz’altro non fu l’opera prima, domina nei codici assegnabili agli avvii del maestro nei tardi anni Quaranta, nessuno dei quali è firmato (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Conventi soppressi 156; Bologna, Museo civico medievale, 514, Lezionario; Città del Vaticano, Biblioteca apost. Vaticana, Rossiani 279-280, Innario; Parigi, Bibliothèque nationale, lat. 14339). Nelle precoci Clementine di Madrid (Biblioteca nacional, 1146) replicò una composizione del 'Maestro del 1346', nella cui bottega potrebbe essersi educato, stando all’ipotesi oggi più accreditata.
Si formò nel solco dei due massimi miniatori bolognesi del 1335-45, 'l’Illustratore', da cui apprese la grinta espressiva, e il 'Maestro del 1346', che gli trasmise il gusto per un naturalismo sottilmente acuto, e sviluppò fin dall’inizio la propensione per un modo di raccontare infervorato e dai toni popolareschi, che costituì un tratto distintivo del Trecento bolognese. Ma immediata fu l'adesione al linguaggio gotico (Benati, 2008) e nei lavori giovanili le goffaggini espressive non ostacolano la libertà nel comporre le scene e i guizzi nervosi del disegno, con un'evidente attrazione per l’arte di Vitale da Bologna.
Nel 1353-54 firmò il capolavoro della sua giovinezza, mostrandosi capace di invenzioni complesse e dettagliate: la Novella sulle Decretali di Giovanni d’Andrea in tre volumi (Città del Vaticano, Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat. 1456; Milano, Biblioteca ambrosiana, B 42 inf; Salisburgo, Bibliothek des benedictinerstift St. Peter, a XII 10), che è l’unica impresa sicuramente datata in un decennio lacunoso di documentazione, ma nutrito di testimonianze contraddistinte dall’entusiastica vena colloquiale, con vertici di garbata eleganza (i corali del Museo diocesano di Imola, i volumi giuridici di Città del Vaticano, Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat. 2534 e 2538, o l’Ordene de la vita cristiana di Simone da Cascia, Londra, British Library, Additional 27428). Punto di arrivo delle ricerche condotte nella prima maturità sono i fini riquadri miniati nella Matricola e negli Statuti della Società dei merciai del 1360 (Bologna, Museo civico medievale, 635-636), connotati da inattese sottigliezze interpretative e da un’inedita monumentalità, che arricchiscono l’abituale vena favolistica: caratteri anticipati in alcune opere, che sarebbero da ricondurre al 1355-60 (Novara, Archivio storico diocesano, Ant. XIII; Ginevra, Bibliothèque publique et universitaire, Comites latentes 20; Jena, Biblioteca universitaria, El F 51c). Citato a Bologna in atti notarili (Filippini-Zucchini, 1947; Pini, 2005), negli anni Sessanta ebbe un’attività fervida, fitta di commissioni profane e sacre (Medica, 2003; Benati, 2008): notevoli sono il corposo progetto dei corali agostiniani per S. Giacomo Maggiore a Bologna (Museo civico medievale; Medica, 2003), concluso vent’anni dopo, e due splendidi Graduali per i frati del Santo a Padova (Biblioteca Antoniana, VII, firmato, e XII), verosimilmente dipinti in loco all’inizio del decennio (a Padova miniò forse anche le Decretali di Toledo, Biblioteca della cattedrale, 8-7, datate 1359: Gibbs, 2001). I legami del maestro bolognese con l’ambito padovano si consolidarono nel periodo successivo, tanto da influenzare la miniatura patavina.
Nella prima fase della carriera, ispirandosi in particolare agli affreschi di Simone dei Crocefissi e Jacobus della Piscina probatica in S. Maria di Mezzaratta (Bologna, Pinacoteca nazionale), compose scene ampie e movimentate: immancabili sono l’atmosfera di concretezza realistica, la morbida resa del modellato, la luminosità delle cromie. Ancora negli anni Sessanta si notano parallelismi con l’opera di Simone dei Crocefissi (di cui fu esecutore testamentario), nella declinazione popolaresca del linguaggio. Tuttavia, la comparsa di un posato ordine compositivo e la chiara indagine delle figure e dei rapporti spaziali sono spia della volontà di aggiornare il proprio stile ai moderni valori del neogiottismo locale, facendo riferimento alla pittura di Andrea de’ Bartoli e Jacopo Avanzi.
A parte le menzioni in atti rogati a Bologna (1372-73, 1375, 1378), l’ottavo decennio è il momento nel quale si concentra il maggior numero di opere firmate da Nicolò e datate. Alle molte miniature racchiuse nei libri ufficiali delle corporazioni civiche bolognesi (Medica - Battistini, 1999) si affiancarono le illustrazioni fortemente innovative e lussuose dei testi classici di Lucano (Pharsalia) e Seneca (Tragedie), che guadagnarono a Nicolò la stima di committenti intellettuali, ben oltre i confini cittadini (Pasut, 1998). Del 1373 è la Pharsalia per i Gonzaga di Mantova (Milano, Biblioteca Trivulziana, 691), nel 1374 firmò il Messale del cardinale Pierre d’Estaing (Monaco, Stadtbibliothek, lat. 10072), mentre nel 1376 dipinse con il fedele collaboratore Stefano degli Azzi i Trattati di Giovanni da Legnano (Città del Vaticano, Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat. 2639). Al 1378 risalgono gli Statuti del Comune (Archivio di Stato di Bologna, Comune-Governo, Statuti XIII), il Bartolo da Sassoferrato, Lectura super Infortiati (Città del Vaticano, Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat. 2598), le poco note Tragedie di Seneca di Siena (Biblioteca comunale degli Intronati, K V 10), nonché un’altra copia della Pharsalia per i Boiardo (Londra, British library, Additional 11990). Esito della maturità è poi la decorazione dei corali della collegiata di S. Giovanni in Persiceto (Benati, 2008) e di quelli olivetani (è in dubbio se per un convento padovano o bolognese) della Biblioteca Estense di Modena, per errore già collegati alla data del 1365 (Mariani Canova, 2004).
Nel primo lustro degli anni Settanta lo sguardo di Nicolò fu sempre più calamitato dalla varietà del reale, che trova spazio nelle sue invenzioni con infiniti spunti di verosimiglianza, mentre massima è la sensibilità per il preziosismo dell’insieme (per esempio nelle miniature delle Tragedie di Seneca, Milano, Biblioteca Ambrosiana, C 96 inf). Dopo la metà del decennio nel suo stile tornò un’animata espressività e un fare mosso, più incisivo che elegante, per riflesso della tendenza 'neo-vitalesca' dominante nella pittura monumentale (Benati, 2008). A partire da queste date è marcato il divario tra la produzione autografa di Nicolò, dove il ritmo concitato e coinvolgente della narrazione dà vita a visioni sovraccariche di elementi, ma originali, e le opere corsive eseguite dalla bottega (Forlì, Biblioteca comunale, 853, Offiziolo del 1385), che sicuramente lo affiancò.
Dal 1380, con l’avvento a Bologna di un governo popolare, Nicolò assolse anche a importanti incarichi pubblici: la sua biografia è documentatissima, quasi ad annum dal 1390 (Filippini-Zucchini, 1947; Pini, 2005). I beni citati nell’estimo del 1385 ne provano l’agiatezza economica relativa. Gli ultimi vent’anni della sua carriera furono folti di opere, di qualità oscillante, e lo videro conservare il primato in ambito locale e capace di influenzare i miniatori delle generazioni più giovani, attento ad accogliere nuove suggestioni stilistiche, non ultime certe eleganze di sapore tardogotico. Ad attrarlo furono soprattutto le esperienze del neogiottismo bolognese, tramite anche il nipote pittore Jacopo di Paolo (Massaccesi, 2011), come si nota dal forte risalto attribuito ai volumi e da una certa asprezza interpretativa (Washington, National Gallery of art, B-13, 659, Statuti della società degli orefici del 1383). Grazie ai costanti rapporti con i circuiti colti padovani sperimentò l’illustrazione di testi petrarcheschi (Escorial, Real Biblioteca, d III 9, De viris illustribus del 1391-94; Armstrong, 2006) e forse entrò in contatto con l’avanguardia culturale toscana e con la cerchia del cancelliere fiorentino Coluccio Salutati (Pasut, 2004; 2008).
Opere rappresentative della produzione estrema, non aliena da una raffinata sontuosità decorativa, sono i graduali olivetani da S. Michele in Bosco a Bologna (Museo civico medievale, 537-39), i tre Libri dei Creditori del Monte del 1394-95 (Bologna, Archivio di Stato, codici miniati 25-27), le Tragedie di Seneca per il padovano Francesco Zabarella, del 1395 (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, lat. XII 26 =3906), le iniziali tagliate da un corale della certosa a Lucca.
Perduto il testamento redatto nel 1398, la data di morte di Nicolò si colloca tra il 1402 (quando fu eletto vicario di Monteveglio e Nonantola) e il 31 maggio 1404, data della nomina degli eredi (Filippini - Zucchini, 1947).
Fonti e Bibl.: L. Ciaccio, Appunti intorno alla miniatura bolognese del secolo XIV. Pseudo Nicolò e N. di G., in L’Arte, X (1907), pp. 105-115; A. Erbach di Fürstenau, La miniatura bolognese nel Trecento. (Studi su N. di G.), ibid., XIV (1911), pp. 1-12, 107-117; F. Filippini - G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti dei secoli XIII e XIV, Firenze 1947, pp. 175-181; P. D’Ancona, N. da Bologna miniaturista del secolo XIV, in Arte lombarda, XIV (1969), 2, pp. 1-22; E. Aeschlimann, Aggiunte a N. da Bologna, in Arte lombarda, XIV (1969), 2, pp. 23-35; F. D’Arcais, Per N. di G. da Bologna, in Studi di storia dell’arte in memoria di M. Rotili, I, Napoli 1984, pp. 273-282; F. D’Arcais, L’illustrazione di N. di G. delle Tragedie di Seneca della Biblioteca universitaria di Innsbruck: un interessante esempio di rapporto testo-immagine, in Arte Documento, VI (1992), pp. 71-76; F. Pasut, Qualche considerazione sul percorso di N. di G., miniatore bolognese, in Arte cristiana, LXXXVI (1998), pp. 431-444; M. Medica, Miniatura e committenza: il caso delle corporazioni, in Haec Sunt Statuta. Le corporazioni medievali nelle miniature bolognesi (catal.), a cura di M. Medica, Modena 1999, pp. 62-69 (e schede di S. Battistini pp. 96-101, 130-135, 142 s., 146 s.); S. L’Engle - R. Gibbs, Illuminating the law. Legal manuscripts in Cambridge Collections, London 2001, pp. 225-237; M. Medica, I miniatori dei corali agostiniani: N. di G. e Stefano di Alberto Azzi, in I Corali di S. Giacomo Maggiore. Miniatori e committenti a Bologna nel Trecento (catal.), a cura di G. Benevolo - M. Medica, Bologna 2003, pp. 63-107 (e schede relative di D. Benati, M. Bollati, M. Medica, pp. 181-284); G. Mariani Canova, La miniatura nel Trecento presso le comunità olivetane dell’area padovana: i corali della collezione Obizzi del Cataio, in Il monachesimo italiano nel secolo della grande crisi. Atti del V Convegno internazionale …, Cesena 2004, pp. 543-562; F. Pasut, N. di G. di Nascimbene, in Dizionario biografico dei miniatori Italiani: secoli IX-XVI, Milano 2004, pp. 827-832; Id., Alcune novità su N. di G., Stefano degli Azzi e altri miniatori bolognesi della fine del Trecento, in Arte cristiana, XCII (2004), pp. 317-32; R. Pini, Il mondo dei pittori a Bologna 1348-1430, Bologna 2005, pp. 61-64, 113 s., 133 s., 139, 178; L. Armstrong, Un poco noto manoscritto del De viris illustribus di Francesco Petrarca miniato da N. di G. da Bologna, in Petrarca e il suo tempo (catal.), a cura di G.P. Mantovani, Milano 2006, pp. 81-86; D. Guernelli, N. di G.: due ulteriori codici, in Rara Volumina, I (2007), pp. 13-21; D. Benati, Il miniatore: N. di G., in I Corali di N. di G. della collegiata di S. Giovanni in Persiceto, a cura di D. Benati - L. Marchesini, Bologna 2008, pp. 15-39; F. Pasut, in Coluccio Salutati e l'invenzione dell'Umanesimo (catal.), a cura di T. De Robertis - G. Tanturli - S. Zamponi, Firenze 2008, pp. 296-298; F. Manzari, in Giotto e il Trecento. «Il più Sovrano Maestro stato di dipintura» (catal.), a cura di A. Tomei, Milano 2009 pp. 295 s.; F. Massaccesi, Francesco Arcangeli nell’officina bolognese di Longhi. La tesi su Jacopo di Paolo, 1937, Milano 2011, pp. 128-132; F. Pasut, I miti di Seneca tragico nelle miniature di N. di Giacomo, in C.M. Monti - F. Pasut, Il codice Ambrosiano C 96 inf con le Tragedie di Seneca miniate da N. di G., in corso di stampa.