RIO, Nicolo da
RIO, Nicolò da. – Nacque a Padova in data ignota, intorno al 1310, da Giovannino da Rio; fu fratello di Daniele e di Andrea e marito di Antonia di Crescenzio.
Andrea Gloria (1884), presumibilmente indotto in errore da parziale omonimia, lo considera figlio del merciaio Giovanni figlio di ser Nicolò da Rio, che il 10 giugno 1376 si trasferì in contrada Santa Margherita per un’investitura livellaria. Poco credibile risulta anche Francesco M. Colle (1825) che, pur cautamente lo ritiene figlio del presunto lettore Giovanni da Rio. In realtà, in tutta la documentazione rintracciata, compresa quella fornita da Gloria, Nicolò da Rio è attestato come figlio di Giovannino da Rio, che il 5 maggio 1374 risulta già defunto, e che abitò prima in contrada del Prato della Valle, poi in contrada del Pozzo della Vacca.
La famiglia, proveniente «anticamente dalla Villa de Rido» e i cui membri furono «Populari» (Fondazione Collegio, 1956, p. 81), fu ascritta al patriziato cittadino di Padova già nell’anno 1275, e vantò una buona tradizione di studi universitari. In particolare, il fratello Daniele studiò diritto e divenne in seguito giudice, vicario pretorio a Belluno e consigliere dei Da Carrara; «Legit Paduae per multos annos et floruit de 1370», annotò Antonio Porcellini a margine del suo nome nella matricola dei giuristi padovani (Archivio storico dell’Università di Padova, ms. 134, c. 2r).
Dopo una prima formazione di base, della quale non si hanno notizie sicure, intraprese a Padova gli studi delle arti e della medicina. Da Rio è attestato con il titolo di dottore già dalla seconda metà del XIV secolo: il primo documento rintracciato da Gloria, datato 12 agosto 1354, lo vede testimone nel Palazzo vescovile e in compagnia di Giovanni Dondi Dall’Orologio a un’investitura di decime, mentre il 29 marzo dell’anno seguente compare, con il titolo di medico, come teste per una procura.
Nell’aprile del 1355 risulta aggregato al Collegio dei medici e degli artisti, del quale fu membro, con ogni probabilità, sino alla morte. All’interno di esso ricoprì rilevanti incarichi: quello di priore (la massima carica) nel marzo del 1373; nel novembre del 1374 è invece attestato come massaro. Per un buon numero di anni e in maniera discontinua, dal 1381 al 1391, presenziò a esami privati e a pubblici dottorati, e dal 1384 al 1400 anche in qualità di promotore. Venne incaricato nel 1369, assieme ai medici Giovanni Santasofia e Giovanni Dondi Dall’Orologio, di riformare gli statuti del Collegio. Il 2 aprile 1378 venne nominato sindaco e procuratore degli studenti artisti e medici, assieme allo scolaro in arti Pisolo da Perugia, con l’incarico di nominare il vescovo di Padova, Raimondo Ganimberti, come arbitro della controversia che vedeva in opposizione questa componente con i rettori di quella dei giuristi: fu questa una delle tappe che portarono al raggiungimento di una propria autonomia istituzionale l’universitas degli artisti e medici nel 1399. Dal 1361 al 1400 una serie abbastanza numerosa, ma discontinua, di documenti notarili, ne attesta l’attività in città, sino al 9 maggio 1400, quando compare come promotore al conventus di Francesco Lio: è questa, secondo Gloria, l’ultima attestazione in vita di Nicolò.
«Vir famosus et magne scientie doctor egregius» (Gloria, 1888, p. 387, n. 737), fu pratico celebre: le memorie storiche tramandano elogi che lo descrivono come «l’Ippocrate laureato del secolo» (Fondazione Collegio, 1956, p. 87), e la sua fama fu tale da richiamare presso la sua abitazione quanti necessitassero di cure mediche e di consigli di medicina. Emblematico in tal senso fu l’incarico ricevuto – già nel 1363 – di esaminare, in presenza del giudice del maleficio (il giudice penale), il cadavere della giovanissima Benvenuta, defunta per sospetta peste. È ricordato anche come autore di esametri sui «prognostica metrica aegrotantium» menzionati pure da Giacomo della Torre da Forlì nel primo libro dei suoi Commenti sugli Aforismi di Ippocrate (Scardeone, 1560, p. 208).
Nicolò rivestì un ruolo importante nella vita universitaria padovana anche per le disposizioni del suo secondo testamento (19 luglio 1398): in caso di mancata discendenza legittima dopo la morte del fratello Daniele, suo erede universale, destinò il suo patrimonio all’istituzione di un collegio per scolari, da locarsi nella sua casa in contrada del Pozzo della Vacca. Con le ricche rendite destinate al mantenimento del collegio si volle garantire l’ospitalità a un minimo di sei scolari di arti e di medicina padovani, sia cittadini sia distrettuali, affidando il diritto di presentazione ai gastaldi di alcune tra le corporazioni delle arti cittadine: notai, pellicciai, speziali, coltellinai, calzolai, giubbonai. La valutazione e l’accettazione, infine, erano affidate in primis al più anziano della famiglia da Rio e, nel caso in cui questa risultasse estinta, al priore e a due tra i dottori più anziani non leggenti del Collegio dei filosofi e medici.
Con il codicillo di Nicolò da Rio del 22 marzo 1400 furono destinati ulteriori beni alla fondazione (anche un lascito di libri a Maddalena sua nipote, figlia del defunto Andrea); ma fu il fratello Daniele, con il suo testamento del 7 aprile 1405, a dare disposizioni aggiuntive per il collegio, tra le quali fu prescritto che questo dovesse essere governato anche dal vescovo e dal podestà di Padova, o dai loro vicari. Nonostante i tempi brevi previsti per la sua realizzazione da quest’ultimo testamento, il collegio cominciò in realtà a funzionare soltanto nel 1538 grazie all’interessamento di un discendente dei da Rio, Giovanni Francesco figlio di Matteo.
La tomba di Nicolò da Rio (che morì con ogni probabilità, poco dopo il 9 maggio 1400) si trova a Padova presso la basilica di Sant’Antonio.
Fonti e Bibl.: Archivio storico dell’Università di Padova, ms. 134 (Matricola del Collegio giurista), c. 2r; bb. 731, cc. 1r, 11v, 12v, 262r, 265r; 739, cc. 77rv, 164v.
B. Scardeone, De antiquitate urbis Patavii, et claris civibus Patavinis, libri tres, Basileae, apud N. Episcopium iuniorem, 1560, pp. 178, 208; A. Riccoboni, De Gymnasio Patavino, I, Patavii, apud F. Bolzetam, 1598, c. 10v; N. Comneno Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, pp. 36 s.; F.M. Colle, Storia scientifico-letteraria dello Studio di Padova, III, Padova 1825, p. 233 (anche in Fondazione Collegio, Padova 1956, p. 119); G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, II, Padova 1836, pp. 156 s.; A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1222-1318), Venezia 1884, p. 66, n. 75; Id., Monumenti della Università di Padova (1318-1405), I, Padova 1888, pp. 386-388, n. 736, 737, 738; pp. 226-227, n. 481-482; p. 447, n. 857; II, ad ind.; Fondazione Collegio Universitario da Rio, Padova, Padova 1956 (offre una buona raccolta bibliografico-documentaria rintracciata sino alla data di edizione del volume, con bibliografia retrospettiva, relativa ai da Rio e al Collegio); D. Gallo, Università e signoria a Padova dal XIV al XV secolo, Trieste 1998; Id., L’età medioevale, in L’Università di Padova. Otto secoli di storia, a cura di P. Del Negro, Padova 2001, pp. 15-33; P. Benussi, L’età medievale, in I Collegi per studenti dell’Università di Padova. Una storia plurisecolare, a cura di P. Del Negro, Padova 2003, pp. 68-70, 77; P. Del Negro, L’età moderna, ibid., pp. 97-161, passim.