COPERNICO, Nicolò (pol. Kopernik; ted. Koppernigk)
Nacque a Toruń (ted. Thorn), città polacca del voivodato della Pomerania, il 19 febbraio 1473, da Nicolò C. e Barbara Watzelrod, e morì a Frauenburg il 24 maggio 1543. Il padre era nativo di Cracovia e la madre di Toruń; i C. provenivano dalla Slesia, ove esiste ancora un villaggio, chiamato Kopernik. Per quanto difficile sia stabilire la razza d' una famiglia abitante sui mobili confini di due stati, tutto tende a far credere che egli fosse di sangue polacco, sia dal lato paterno sia dal materno; è certo che politicamente le due famiglie furono irriducibilmente nemiche dei Tedeschi; e l'astronomo stesso, secondo i suoi biografi polacchi, si trovò nel 1521 ad organizzare la difesa della città di Allenstein, assediata dai Cavalieri dell'Ordine teutonico. Orfano di padre all'età di 12 anni fu mandato dallo zio Luca Watzelrod (più tardi vescovo della Varmia) alla scuola capitolare di Wloclawek, e a 18 anni all'Accademia di Cracovia, ove attese insieme col fratello Andrea, per quattro anni, allo studio della matematica e delle belle lettere; ricevette poi dallo zio gli ordini minori.
Come altri stranieri appassionati di astronomia, anch'egli fu attratto dalla fama delle scuole italiane e, partito dalla Polonia nel 1496, negli otto anni di sua permanenza in Italia, frequentò successivamente le università di Bologna, Roma, Padova e Ferrara. Come si legge in due volumi manoscritti dell'epoca: Annales clarissimae nationis germanorum e Matricula nobilissinti germanici collegii, che si conservano nell'archivio dei marchesi Malvezzi de' Medici, C. s'iscrisse all'università di Bologna in giurisprudenza nell'autunno del 1496, e il suo soggiorno qui si protrasse senza interruzione, come pare, fino alla prima metà dell'anno 1500, quando si recò per breve tempo all'università di Roma, a tenere conferenze d'argomento scientifico, ascoltatissime da professori e studenti, come racconta il Retico. Intanto lo zio vescovo gli aveva fatto conferire un canonicato a Frauenburg (1497), che egli assunse nel 1501, dopo il suo ritorno temporaneo dall'Italia. Ottenuto dal Capitolo della Varmia il permesso di continuare gli studî, con la promessa di dedicarsi alla medicina, ritornò in Italia e s'iscrisse all'università di Padova, mentre nel 1503 conseguì all'università di Ferrara la laurea in giurisprudenza. Nel 1504 ritornò definitivamente in Polonia, donde non si mosse nemmeno quando fu chiamato a Roma, come racconta Galileo nella lettera del 16 febbraio 1614, per illuminare i membri del Concilio Laterano (1512-1517) sulla progettata riforma del calendario.
Si sa per dichiarazione del Retico, che C. fu in stretti rapporti di collaborazione e d'amicizia con Domenico Maria Novara, professore d'astronomia dell'università di Bologna e lo assistette nelle sue osservazioni, una delle quali è ricordata nella sua opera De revolutionibus (Aldebaran occultato dalla Luna, il 9 marzo 1497); e altre due furono notate dalla sua stessa mano in un esemplare delle Tabulae Alphonsinae, che si conserva nella biblioteca di Upsala (congiunzioni di Saturno con la Luna il 9 gennaio e il 4 marzo 1500). Egli non fu tuttavia un astronomo osservatore nel senso ordinario della parola; né alcun giovamento poteva derivare a lui da nuove o più precise osservazioni della posizione degli astri; bastavano quelle riportate da Tolomeo, quando nell'adoperarle e nel discuterle si avesse la coscienza del triplice moto della sede dell'osservatore. Non sappiamo se qualche incentivo all'idea eliocentrica gli sia provenuta dagl'insegnamenti di Domenico Maria, o dall'opinione, più o meno esplicitamente manifestata, di quelli che nel Quattrocento avevano pensato alla mobilità della Terra (il Pelacane, Nicolò da Cusa, Paolo Veneto, Paolo dal Pozzo Toscanelli); nella sua opera egli cita solamente i fautori antichi della terra mobile: Iceta, Filolao, Eraclide Pontico, Ecfanto ed Aristarco, dei cui sistemi non si aveva allora che una vaghissima cognizione
Già nel 1507, secondo il Birkenmajer (secondo altri fra il 1505 e il 1512), egli aveva divulgato un fascicoletto manoscritto intitolato: Nic. Copernici de nypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus, in cui la parola hypothesis metteva l'autore al sicuro dalla censura ecclesiastica; ma la prima notizia del sistema divulgata per le stampe si deve a un giovane ammiratore e affezionato suo discepolo, Giorgiti Gioachino Retico, ricordato più sopra, che lasciò la cattedra di Wittenberg per raggiungerlo a Frauenburg e vivere accanto a lui; col consenso del maestro egli pubblicò nel 1540 a Danzica un opuscolo intitolato Narratio prima, ecc. (v. la bibl.) contenente una succinta descrizione del sistema, e nel 1542 gli ultimi capitoli del libro I; l'opera intera per cura dello stesso Retico e dell'Osiander uscì nel 1543 dai torchi di Giovanni Petreio a Norimberga. Importa notare anche la fiera opposizione dei riformatori, Lutero, Melantone e altri all'idea copernicana. Prevedendo il fermento che la sua opera avrebbe suscitato nel mondo, non s'indusse a pubblicarla col suo nome che sul finire della vita (si dice che, prossimo a spirare, gliene presentassero il primo esemplare appena giunto da Norimberga) e dietro le insistenti esortazioni di amici ed estimatori, e in particolare del cardinale Nicola Schonberg e del vescovo di Lulm Tydeman Gize, dei quali prelati, nella prefazione dedicatoria a Paolo III, mise innanzi il nome, quali mallevadori dell'innocenza d'un'idea, che lettori omnium mathematum ignari avrebbero potuto interpretare come contraria alla Sacra Scrittura.
Nel secolo suo, oltre gli amici personali, lo sostenne a viso aperto e senza riserve Giordano Bruno; il Magini ed altri calcolatori di tavole astronomiche imitarono il suo metodo di calcolo, senza tuttavia aderire al principio della mobilità della terra; molti furono invece suoi oppositori dichiarati tra le persone più famose dell'epoca ad incominciare da Lutero (Tischreden) e da Melantone (Initia doctrinae physicae) ed a finire con Tycho Brahe, che pur ebbe per il suo ingegno ammirazione sconfinata. Non già per poca comprensione dei moti celesti rifiutò Tycho il sistema copernicano, anzi fu la sua eccezionale abilità di osservatore che lo trasse in inganno: non riuscendo a scoprire la cercata parallasse annuale (nonché diurna) delle stelle fisse, egli concluse che l'osservatore fosse immobile nello spazio, non pensando che la precisione del minuto primo d'arco, a cui egli aveva portato le osservazioni, era ancora insufficiente alla constatazione d'un angolo, che per le stelle più vicine raggiunge appena pochi decimi di secondo. Ma sul principio del sec. XVII Galileo e Keplero (contemporaneamente al saggio e coraggioso carmelitano P. A. Foscarini) provvidero all'avvento definitivo dell'idea copernicana, l'uno con l'illustrarla e portare i primi argomenti in suo favore, l'altro col purgarla dall'ingombro degli epicicli, da C. adoperati per ispiegare la cosiddetta prima ineguaglianza o anomalia zodiacale, e resisi inutili dopo la promulgazione delle tre leggi sul moto ellittico, con le quali fu detta l'ultima parola sulla vera forma del sistema solare, intorno a cui s'erano affaticati gli astronomi per più di venti secoli.
Opere: De hypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus (1507?), pubblicato a stampa da M. Curtze, Lipsia 1875; De revolutionibus orbium coelestium, Norimberga 1543; id., Basilea 1566; id., Amsterdam 1617 e 1640; id., Varsavia 1854 (con la traduzione polacca); id., Toruń 1873 (condotta sul manoscritto originale): id., Toruń 1879 (traduzione tedesca).
Bibl.: G. G. Retico, Ad clariss. virum D. J. Schonerum de libris revolutionum D. Doctoris Nic. Copernici Narratio prima, Danzica 1540; id., 1541; E. Reinholdus, Prutenicae tabulae coelestium motuum, Tubinga 1551; G. A. Magini, Ephemerides coelestium motuum ad annos XL, Venezia 1582; P. P. A. Foscarini, Lettera sopra l'opinione de' Pitagorici e del Copernico. Della mobilità della terra, ecc., Napoli 1615; G. Galilei, Lettere intorno al sistema copernicano, dal 30 maggio 1579 alla primavera del 1624, in Opere complete di G. G., II, Firenze 1834; id., Dialogo intorno ai due massimi sistemi del mondo, Firenze 1632; G. Keplero, Astronomia nova, Heidelberg 1609 (contiene la 1ª e la 2ª legge); id., Harmonices mundi, Linz 1619 (contiene la 3ª legge); Hipler, Spicilegium Copernicanum, Braunsberg 1873; L. Prowe, Nikolaus Coppernicus, Berlino 1883-84; A. Müller, Nikolaus Copernicus, Friburgo in Brisgovia 1898: trad. it. di P. Mezzetti, Roma 1902; J. C. Houzeau, Vade mecum de l'astronomie, Bruxelles 1882: il par. 145 è una rassegna della letteratura copernicana dal '500 al '900; Giordano Bruno, Cena delle Ceneri e De l'infinito universo e mondi, Londra 1584, Bari 1925; id., De maximo et immenso, Francoforte 1591; P. Gassendi, Nic. Copernici Vita, Opera omnia, Lione 1658, p. 499; B. De Zach, De quelle nation est Copernic?, in Corr. astr., V (1821), p. 460; C. Flammarion, Vie de Copernic, Parigi 1872; C. Malagola, Della vita... di Antonio Urceo, Bologna 1878; D. Berti, Copernico e le vicende del sistema copernicano in Italia, ecc., Roma 1876; L. A. Birkenmajer, Mikolaj Kopernik (in polacco), Cracovia 1900; L. Sighinolfi, D. M. Novara e Nicolò Copernico, Modena 1920; L.A. Birkenmajer, N. C. e l'università di Padova, in Omaggio dell'Acc. polacca di sc. e lett. all'univ. di Padova nel VII cent. della sua fondaz., Cracovia 1922; id., Stromata copernicana, Cracovia 1924.
Sul museo copernicano in Roma, offerto all'Italia nel 1886 dal polacco A. Wolinsky, ricco di antichi strumenti astronomici, di globi terrestri e celesti, di preziosi ricordi del grande astronomo e di un'apposita libreria (il tutto accresciuto e ordinato da E. Millosevich, allogato prima presso il R. Osservatorio del Collegio Romano, poi, nel 1925, depositato nella sede della R. Accademia dei Lincei, quale primo nucleo di un erigendo museo dell'astronomia italiana dal Rinascimento in poi), v. A. Palmieri, Il Museo Copernicano di Roma, in L'Europa Orientale, III, 1923, pp. 275-280.