CONTI, Nicolò (Comes, de Comitibus)
Nacque probabilmente a Padova nella prima metà del sec. XV. Molto probabilmente il C. è da identificare con l'omonimo nobile padovano figlio di Antonio di Naimerio, che l'8 maggio 1453 fu creato dall'imperatore Federico III conte palatino e reinvestito dei vecchi beni feudali della sua famiglia. Il Conti in questione sposò Margherita Lisca, da cui ebbe Naimerio, Antonio, Bernardino, Ludovico e Francesco. Interessatosi all'astronomia e alla matematica fin da giovane, dopo aver studiato all'università di Padova forse vi fu pubblico lettore, acquistando una notevole fama come astronomo. Dedicò al figlio Naimerio la sua principale opera, un Tractatus astronomiae di 196 carte, conservato in un manoscritto della Biblioteca Marciana di Venezia, trascritto a Padova nel 1544.
Il trattato, composto nel 1466, è diviso in otto capitoli ed ha una struttura aristotelica, ma un linguaggio accessibile, dato il dichiarato intento didascalico. La trattazione delle alterazioni atmosferiche, che è l'assunto principale dell'opera, procede quasi geometricamente Per enunciazioni, suddivisioni, delucidazioni. Lasciate da parte le opinioni degli antichi, già dimostratesi fallaci, il C. si propone di misurare la qualità dell'aria e di predire le precipitazioni atmosferiche attraverso l'analisi dei segni zodiacali e delle congiunzioni relative, da cui ricava indicazioni positive se la congiunzione è acquea o aerea, negative se essa è terrea o ignea. Nella parte generale inoltre classifica i venti in quattro principali e in otto secondari secondo la direzione e le zone del mondo in cui spirano. 1 capitoli dal primo al sesto trattano delle piogge periodiche e di molteplici fenomeni atmosferici. accompagnati dalle illustrazioni delle ventotto "mansiones" zodiacali per l'anno 1466, con la relativa nomenclatura araba. In effetti, nonostante le affermazioni iniziali, vi sono continue citazioni da Platone, Aristotele, Tolomeo e il suo commentatore arabo Haly, Albumasar, ecc.
Negli ultimi due capitoli, dove sono esposte le esperienze compiute direttamente dal C., si accentua l'intento didattico. Il settimo capitolo, per chiarezza suddiviso in sette argomenti (l'aria, il freddo, la siccità, l'umidità, le nevi e la grandine, le tempeste, i fulmini), e l'ottavo, diviso in quattro parti (predizione di terremoti e diluvi, di pesti ed epidemie, di carestie e di guerre), sono forse i più interessanti, nonostante l'esposizione accomuni eventi mitici ad accadimenti reali sia antichi sia di periodi più recenti. Da notare le pagine sulle pestilenze, di cui il C. cerca di definire le cause e spiega la natura contagiosa, e sulla circolazione polmonare del sangue, descritta con molta cura. Lo scritto si rivolge prevalentemente ai profani, indicando loro vari modi per conoscere in anticipo i cambiamenti atmosferici attraverso l'osservazione delle comete (come quella del 1456 che provocò gravi sciagure), il comportamento degli animali, le modificazioni dell'aria, ecc. Pur non distaccandosi, se non nell'ultima parte, dalle credenze degli antichi, l'opera vuole offrire un suo apporto originale e sperimentale, ed è tutta pervasa dalla convinzione della dignità della scienza astrologica, ciò che gli guadagnò il giudizio positivo dei Mueller e di qualche altro. Il C. è anche autore di un trattato sul triplice movimento dell'ottava sfera, De motu octavae sperae, trascritto nel 1450 e dedicato a Malatesta Malatesta (conservato a Firenze e a Roma), di altri scritti De astronomia, Consilium, In summam Nicolai de Comitibus e di versi sparsi in raccolte miscellanee.
Chiamato a Firenze in qualità di pretore, vi rimase qualche tempo, ma indebitatosi per essersi prestato come garante a favore della famiglia Strozzi, dovette vendere tutti i suoi beni. Almeno dal 1450 si ritirò in ozio studioso a Monselice, fino alla morte avvenuta nel 1468. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco.
Opere: Tractatus astronomiae, Venezia, Bibl. naz. Marc., ms. O. VIII. 78 (3417): De motu octavae sperae, Firenze, Bibl. Laurenziana, Ashburnham. 134 (208-140) (e Bibl. Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3379); De astronomia, Firenze, Bibl. naz., Conventi soppressi, C. 9, 782 (e Savignano, Bibl. dell'Accademia Rubiconia dei Filopatridi); Consilium, Paduae 1457, Firenze, Bibl. naz., in Sussidio A 210 (G S VI 21); Insummam Nicolai de Comitibus, Bibl. Apost. Vat., Regin. Lat. 1115 - Versi dei C. si trovano a Padova, Bibl. Antoniana, XXIII 671, c. 51v, e a Roma, Bibl. dell'Acc. naz. dei Lincei, Sez. Corsiniana, Corsin. 786 (45 D 11).
Fonti e Bibl.: I. F. Tomasini Bibliothecae Patav. manuscriptae publ. et privatae, Utini 1639, p. III; C. Leonardi, Speculum lapidum, Parisiis 1610, p. 40; B. Scardeone, Historia de urbis Pataviae antiquitate, Lugduni Bat. 1722, p. 242; N. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, II, Venetiis 1726, p. 171; J. Mueller (Regiomontanus), Oratio, in Corpus Reformatorum, XI, Halis Saxonum 1843, col. 542; J. Valentinelli, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum, IV, Venetiis 1871, p. 254; C. Paoli, I codici Ashburnhamiani nella R. Bibl. Mediceo-Laurenz. di Firenze, Roma 1891, p. 223; A. Favaro, I lettori di matematiche nella Univ. di Padova..., in Mem. e docc. per la storia dell'Univ. di Padova, I, Padova 1922, p. 36; L. Thorndike, A History of magic and experimental Science, IV, New York 1934, pp. 250-256; F. A. Berra, Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti. Codices Ferraioli, III, Roma 1960, p. 488; C. Vasoli, Profezia e ragione, Napoli 1974, p. 451; T. Pesenti Marangon, La miscellanea astrologica..., in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, XI (1979), pp. 92 s., 95; G. Mazzatinti, Inv. dei mss. delle Bibl. d'It., I, p. 91; II, pp. 12, 27; P. O. Kristeller, Iter Ital., I, pp. 82, 150, 347; II, pp. 4, 111, 124, 228, 319, 569.