COLETI, Nicolò
Nacque a Venezia nel 1681.
Iniziati gli studi presso i domenicani delle Zattere, li proseguì poi a Padova, dove conseguì la laurea dottorale. Divenuto abate della chiesa di S. Moisè in Venezia, cui era stato ascritto sin dal 1690 dal sacerdote don Andrea Tremignon, dimostrò presto un'inclinazione notevole per gli studi letterari e per la ricerca erudita di cronache manoscritte e testi antichi. Fu forse a causa di questa passione che, come narrano i contemporanei, egli riuscì a convincere i fratelli ad abbandonare la mercatura e ogni altra attività commerciale per attendere esclusivamente alle speculazioni tipografiche e librarie. E dai torchi dell'attiva tipografia coletiana, che sarà fra le più importanti a Venezia nel corso del secolo, usciranno infatti, dal 1717 all'anno della sua morte, le numerose e ponderose opere di erudizione storico-religiosa curate dal C., frutto di un tenace e ininterrotto lavoro che lo occupò per quasi tutta la vita.
La prima opera con cui il C. acquistò celebrità presso quel pubblico sempre più esigente, che nel campo della storiografia religiosa andava ormai richiedendo una lezione più precisa e accurata delle fonti, fu la nuova edizione dell'Italia sacra di F. Ughelli, cui egli attese per molti anni e che lo vide confortato nelle sue fatiche dagli incitamenti del pontefice Clemente XI, che ne fu anche il promotore. L'opera, che uscì a Venezia in dieci volumi dal 1717 al 1722 e che ancora oggi costituisce una fonte sovente indispensabile di consultazioni, si fece notare per la rigorosa documentazione e per le note accurate con cui il C. emendò i numerosi errori della precedente edizione ughelliana. Il primo volume venne dedicato dal C. allo stesso pontefice, il quale volle premiare le sue fatiche con cospicui riconoscimenti, che vennero però, come narrano le cronache letterarie del tempo, "dalla modestia di lui generosamente rifiutate". Questa nuova edizione fu data alle stampe dalla tipografia del fratello Sebastiano "in meliorem elegantioremque... formam" e, come lo stesso C. ebbe a precisare nella prefazione, fu da lui compiuta "herculeo desudandum labore", soprattutto per porre rimedio ai numerosissimi errori tipografici dell'edizione romana. Per la correzione delle frequenti imprecisioni ughelliane il C. poté avvalersi dei numerosi testi posseduti da Apostolo Zeno e, soprattutto, dei rari codici appartenenti al senatore veneziano Bernardo Trevisan. Attraverso l'uso e la comparazione delle cronache antiche egli poté anche chiarire molti punti rimasti oscuri nell'edizione precedente, ma di queste seppefare, come osservò lo storico Michele Foscarini, "un uso discreto". La vastità dell'opera non impedì che anche il C. cadesse in abbagli e imprecisioni, talché il nipote Giovanni Domenico approntò una terza edizione dell'Italia sacra, che non fu però mai data alle stampe e di cui si conservano le note manoscritte presso la Biblioteca naz. Marciana di Venezia (Cod. lat., cl. IX, 135-168).
Nel 1728 il C. dava alle stampe l'edizione veneta dei SacrosantaConcilia, che erano usciti a Parigi in dodici volumi nel 1714-1715 a cura del Labbe e che egli accrebbe con illustrazioni ed aggiunte. Dell'opera si ebbero successive ristampe nel 1735 e nel 1748.
Nel 1758, sulla soglia degli ottant'anni, iI C. portava a termine la sua ultima fatica, dando alle stampe i Monumenta ecclesiae Venetae Sancti Moysis, che dedicava al presule Giovanni Battista Moscheni. In quest'opera di vasta erudizione si proponeva, come spiegava nella prefazione, d'ampliare e approfondire il lavoro compiuto in precedenza dallo storico Flaminio Corner, avvalendosi soprattutto dei codici antichi conservati nell'archivio della chiesa, "quos vulgos matriculas appellat". Seguendo la classica ripartizione, già in uso presso gli storici romani, egli divise l'opera in quattro età, narrando la storia della chiesa dalle origini, quando era dedicata a s. Vittore, sino al sec. XVIII. Dopo la sua morte i fratelli pubblicarono un supplementum all'ultima opera del C., sotto il titolo Dissertationes duae (Venetiis s.d.), che trattava De titulo vicarii... e De S. Victore..., argomenti già affrontati nei Monumenta.
Si sa inoltre, da una sua nota all'Italia sacra, che egli lavorava intorno a una storia ecclesiastica napoletana, ma questa uscì alle stampe nel 1744 per opera di Ignazio Maria Como.
Il C. morì a Venezia nel febbraio del 1765.
Fonti e Bibl.: Acta eruditorum…, Lipsiae 1729, p. 51; ibid., ibid. 1735, pp. 347-348; Novelle letterarie (di Firenze), V (1744), col. 747; F. G. Degli Agostini, Not. storico-critiche intorno la vita e le opere degli scritt. veneziani, Venezia 1754, I, pp. 400, 461-62, 498, 550; II, p. 173; Novelle letterarie (di Firenze), VII (1766), coll. 221-222; M. Foscarini, Della letter. venez., Venezia 1854, p. 151; C. Saxi, Onomasticom literarium, VI, Traiecti ad Rhenum 1788, p. 279; G. Galliccioli, Delle memorie venete antiche, III, Venezia 1795, pp. 166-67; F. Bosello, Serie di molti veneti sacerdoti secolari distinti nelle scienze…, Venezia 1824, p. 15; E. A. Cicogna, Delle Inscriz. Veneziane, Venezia 1824-1853, I, p. 280; IV, p. 612; VI, p. 53; Id., Saggio di bibliogr. venez., Venezia 1847, pp. 11, 397; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia, Venezia 1855, pp. 237-38; J. Valentinelli, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum, II, Venetiis 1869, pp. 125, 327, 331-32; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, III, Bergamo 1929, pp. 45, 85, L. von Pastor, Storia dei Papi, XV, Roma 1933, p. 385; G. E. Ferrari, I manoscritti concernenti Pola in biblioteche venez., in Atti e mem. d. Società istriana di archeol. e storia patria, LXXVII (1977), pp. 59-63.