CATTANEO, Nicolò
- Nacque a Genova da Leonardo presumibilmente nel 1480, e sposò Luigina Cattaneo fu Marco, dalla quale ebbe almeno cinque figli (Pellegrina, Bartolomeo, Catarinetta, Leonardo, Vincenzo). Iniziò la carriera politica nel i 500, come membro dell’ufficio dei rotti, cioè dei fallimenti: il che testimonia la competenza in materia economica che il C. doveva avere già acquisito. Come cominerciante, , egli risiedette nel 1502 in Orano, scalo marittimo di primaria importanza per l’economia ligure come terminale della linea Genova-Alicante-Cartagena e come centro di smercio di drappi e tappeti e di acquisto dell’oro africano. Il C. ebbe contatti personali col re di Orano, che lo tenne in grande stima e gli concesse molti privilegi e immunità per lo svolgimento della sua attività mercantile. cui in seguito il C. si dedicò completamente. Solo nel 1505, almeno ufficialmente, servì ancora la Repubblica, come ambasciatore al re di Napoli.
Dopo l’armistizio di Lione, rimaste Napoli alla Spagna e Milano (con la connessa sudditanza di Genova) alla Francia, i commerci che Genova manteneva floridi nell’Italia meridionale subirono rappresaglie e confische. Il C. venne impiegato in ambasceria per risolvere appunto uno dei tanti casi di cattura di navi genovesi da parte delle autorità napoletane: Filippo di Clèves, governatore francese di Genova, dopo aver personalmente reclamato invano presso il viceré, aveva scritto direttamente al re di Spagna; il 24 nov. 1505 consegnò le istruzioni al C. e ad Agostino Italiano (anch’egli membro di una famiglia di vasti interessi mercantili nell’area mediterranea, specie spagnola) per ottenere il rilascio della nave di Agostino Gropallo. Per analoghi motivi, l’Italiano venne inviato direttamente presso il re di Spagna nel 1510, ma il C. non gli fu più compagno, poiché, probabilmente già dal 1506, si era trasferito a Siviglia.
La città spagnola che, con Lisbona, costituiva fin dal sec. XIII uno dei principali centri di irradiazione per i commerci genovesi, ospitava in quegli ami una numerosissima colonia ligure, di cui facevano parte membri delle famiglie dei Centurione, degli Spinola, dei Grimaldi, dei Salvago e, appunto, dei Cattaneo. Gli affari cui si dedicavano questi nobili-mercanti genovesi erano sempre dello stesso genere: possessori di notevoli capitali, forti della loro esperienza nei traffici marittimi, prendevano parte, nelle forme più diverse, alle spedizioni nei paesi di recente scoperta per inviarvi mercanzie e per acquistarvi merci di ritorno (specie oro e schiavi); più spesso si limitavano a fare prestiti in denaro o in merci; talora erano comproprietari di navi; qualche volta entravano in relazioni commerciali con la Casa de Contratación.
Presa residenza a Siviglia, il C. probabilmente cercò anche di ottenere la cittadinanza o qualche provvedimento analogo che gli permettesse il trasferimento e il libero commercio nelle Indie, concesso agli stranieri solo dopo la permanenza di dieci-venti anni in Spagna. Comunque, nei documenti spagnoli il C. è citato col nome e cognome spagnolizzati: Nicoloso Cataño (del resto un altro Nicolò, probabilmente zio del C., residente a Lisbona, aveva ottenuto il 15 ott. 1486 una carta di naturalizzazione dal re del Portogallo Giovanni II). Tra il 1514 e il 1515 il C. poté risiedere a San Domingo e praticarvi la tratta dei negri.
Il 10 giugno 1515 Francisco de Garay, governatore di San Domingo e sindaco della fortezza di Villanueva de Joaquimo, concede al C., latore di privilegi reali, di trasferire dodici schiavi cristiani alle isole di Hispaniola e di San Juan; due giorni dopo il Garay vende al C. personalmente uno schiavo negro di Guinea per 13.000 maravedis; schiavo che il C. fa subito imbarcare, conferendo al capitano della nave, tale López Sánchez, incarico di venderglielo sullo stesso mercato americano.
Ritornato a Siviglia, il C., il 17 sett. 1524, figura come armatore, sempre nell’orbita della Corona spagnola, occupato a trasportare sui mercati di Fiandra ingenti somme di denaro per conto terzi (un Jan Mullinck e un Jaspar van Ghaldre, imprenditori economici di Anversa), mentre l’anno successivo interviene come uno dei più forti finanziatori della spedizione di Sebastiano Caboto alle Molucche.
A seguito del fallito accordo tra Portogallo e Spagna per le Molucche (isole che il Portogallo aveva raggiunto attraverso l’Oceano Indiano e sulle quali la Spagna rivendicava la propria sovranità), si era cominciata ad organizzare, sulla fine del 1524, da parte di un gruppo di armatori e di mercanti di Siviglia, una spedizione commerciale che raggiungesse le Molucche attraverso lo stretto di Magellano, e ne era stato offerto il comando a Sebastiano Caboto. Gli armatori di Siviglia, tra cui numerosi genovesi, si ripromettevano, battendo tale via, di poter trarre vantaggi cospicui da soste e incette di metalli preziosi e di rare mercanzie lungo le terre dell’America meridionale che si affacciavano al Pacifico. A tale spedizione, i cui più forti finanziatori furono Silvestro di Breni e Francesco Leardo con 610.760 maravedis, il C. contribuì con 321.410 maravedis e il figlio Leonardo con 407.880 personali e altri 509.850 in società con l’inglese Robert Thorne.
Benché dalla spedizione (salpata da Siviglia il 3 apr. 1526, e conclusasi infelicemente) il C. non avesse potuto ricavare i vantaggi che si era ripromesso, la sua solidità finanziaria si mantenne a lungo. Nel 1544-45 una nave del C., la “Trinidad”, capitanata da un guascone, Juanes de Luberca, svolge attivo commercio sulle rotte d’America: il 5 nov. 1544 parte, carica di mercanzie, per Tierra Firme (Panama); il 7 ott. 1545 trasporta trenta tonnellate di merce, per conto di tale Pedro Gutierrez, al porto di San Juan de Ulna. Anche negli ultimi anni della sua vita, il C. mantenne l’attività finanziaria ad alto livello: ormai vecchio, nel 1550, fu tra i procuratori dei prestiti alla Corona spagnola e, nel dicembre del 1553, ebbe modo di dimostrare la sua scarsa fiducia nella solvibilità di Domingo de Lizarrazas, banchiere sivigliano di Carlo V che altri banchieri genovesi a lui legati cercavano di salvare dalla bancarotta.
Morì nel 1554, o poco dopo.
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