CANELLES, Nicolò
Maggiore di tre figli, nacque a Iglesias nel secondo decennio del sec. XVI da Nicolò e Beatrice Delsney. Il padre, "consiliarum in capite" della città di Cagliari, lo avviò agli studi, ma non si hanno notizie precise di quali egli compisse prima ad Iglesias e poi a Cagliari, né si conosce l'anno in cui si trasferì a Roma, dove prese gli ordini sacri e la laurea in utroque iure all'incirca nel 1548.
Durante il soggiorno romano il C. si dedicò allo studio del greco e dell'ebraico e alla pratica forense nel tribunale ecclesiastico. Ordinato sacerdote nel 1560, continuò a risiedere a Roma fino al 1570 circa. Durante questo lungo soggiorno, in cui riuscì ad accattivarsi i favori della Curia romana e la benevolenza di Giulio III, che lo raccomandò ai vescovi di Oristano e di Cagliari per la concessione di benefici e prebende presso la cattedrale, maturò l'idea di installare una tipografia a Cagliari. Si ispirò al modello di quella fatta impiantare da Pio IV a Roma e diretta da Paolo Manuzio e nel 1566 fece arrivare a Cagliari tutta l'attrezzatura necessaria, che aveva acquistato a Roma sostenendo da solo le spese. Le notizie circa le attrezzature della tipografia si possono ricavare dall'inventario del patrimonio del C. redatto alla sua morte e mostrano che questa, pur avendo una consistenza pari alla metà della stamperia romana del Manuzio, era discretamente fornita per gli scopi che il fondatore si era prefisso. Egli si fermò a Cagliari alcuni mesi per sovrintendere all'inizio dell'attività, ed in questo periodo aprì accanto alla tipografia, che era stata sistemata al pianoterra della sua abitazione, una libreria, secondo l'uso molto diffuso tra i tipografi dell'epoca. La sua permanenza a Cagliari, però, non durò a lungo: nel luglio del 1567 era di nuovo a Roma, lasciando la tipografia e la libreria in mano di Stefano Moretto e Vincenzo Sembenino da Salò, che aveva nominato suoi procuratori.
I primi volumi stampati in questo periodo dalla tipografia sono il famoso Catechismo dell'Anger ("Impresso en Caller por Vicentio Sembenino Salodiano a despines del rev. canoni Canyelles" nel 1566), che aveva già avuto molte edizioni, gli atti dei primi sinodi diocesani, un manuale per il clero ed i decreti del concilio di Trento.
Nel 1571, probabilmente per gravi difficoltà finanziarie, il C. fu costretto nuovamente a lasciare Cagliari e cedette la tipografia in "vendita temporanea" per due. anni al Sembenino, il quale. si preoccupò di arricchirla di attrezzature e di sistemarla in locali più idonei; non sono chiari i motivi per cui alcuni anni dopo Sembenino abbandonò il C., ma è probabile che lo abbia fatto per riprendere la sua attività di libraio accanto al fratello. Fu sostituito da Francesco Guarnerio, tipografo di origine lionese.
Nel 1572 il C. è di nuovo a Cagliari come vicario e commissario generale della diocesi; nel 1577 fu nominato vescovo di Bosa.
Anche nell'attività pastorale è sempre in primo piano il suo interesse per l'educazione dei laici ma soprattutto del clero, nella chiara coscienza di quanto quello sardo fosse lontano dai modelli e dalle direttive della Chiesa di Roma. Per il raggiungimento dei suoi fini impegnò tutte le energie sia intellettuali sia finanziarie, tanto che alla sua morte, nel 1585, i maggiori beni lasciati furono l'attrezzatura della tipografia e la biblioteca, insieme, comunque, ad una notevole quantità di debiti. La tipografia venne affidata a Giovanni Stefano e Giovanni Maria Galcerino da Edolo, e all'asta (1589) le attrezzature tipografiche vennero acquistate per L. 1.003 dallo stesso Giovanni Maria Galcerino; la biblioteca finì in possesso di Monserrato Rosello, intimo amico del Canelles.
Dai dati ricavabili dagli annali della tipografia risulta che complessivamente nei venti anni in cui operò il C. furono stampati quarantasette titoli in cinquantun volumi, una produzione numericamente modesta, ma è probabile che di altre opere, non molte, a noi non sia giunta notizia.
L'interesse principale delle edizioni del C. risiede nel fatto che esse sono le prime prodotte nell'isola e costituiscono un importante documento della situazione culturale della Sardegna nel sec. XVI. Si tratta principalmente di pubblicazioni a carattere religioso o ecclesiastico: manuali di devozione, atti sinodali, inni, rituali. Tra i pochi testi scolastici pubblicati figurano gli unici due autori classici non cristiani, Cicerone ed Ovidio, pubblicati in Sardegna nel Cinquecento. Di un certo rilievo è l'edizione dei Carminum libri octo. De vita S. Martini, di Venanzio Fortunato del 1574, editio princeps di molti di essi.
Il C., nella prefazione dell'edizione, afferma di essere l'autore del ritrovamento del manoscritto dei Carmina nella Biblioteca Vaticana, mentre si dedicava alla ricerca di opere adatte alla educazione religiosa dei giovani; la revisione del testo fu affidata dal prelato a Giacomo Salvatore Solanio poeta e professore di teologia. Per lungo tempo l'edizione a stampa più antica di questo testo era comunemente considerata quella di Venezia del 1578 "Apud haeredes Iacobi Simbenij", ma, non sussistendo motivi di dubbio sulla edizione cagliaritana, quest'ultima va considerata come la prima. Nel 1580 stampò il primo volume del De rebus Sardois (F. Guarnerius typis N. Cañellas) di G. F. Fara.
Alla luce dell'intento di informare il clero sulle regole stabilite dalla Chiesa romana, si deve valutare la pubblicazione dei Canones et decreta del concilio di Trento, datata 1567 (successiva ristampa nel 1578). Nel 1588 la tipografia Canelles stampa un opuscolo contenente il programma di un ciclo di funzioni religiose della diocesi di Cagliari e di quelle aggregate di Dolia, Suelli e Galtelli; l'opuscolo contiene anche il testo delle litanie e delle preghiere da recitare nel corso delle funzioni organizzate per impetrare la protezione divina per le imprese di Filippo II: in una zona dove non si hanno tracce degli Avvisi questa piccola ed economica pubblicazione (5 soldi sardi) fu probabilmente la prima forma, di informazione a stampa con un programma di vasta diffusione.
Non fu trascurata, anche se ebbe un peso minimo, rispetto al complesso delle attività della tipografia, la stampa delle leggi del Regno; si ha per certo che, tra l'altro, fu pubblicata una edizione della Carta de Logu di Eleonora d'Arborea, di cui però non ci è giunto neanche un esemplare. Non si hanno documenti che permettano di stabilire con sicurezza quanta parte del finanziamento dell'attività editoriale gravasse sulle spese del C. e quanto invece fosse dovuto all'intervento di altri. È da ritenere, però, che tutti i documenti ufficiali fossero stampati a spese del governo, e una conferma di queste ipotesi si può ritrovare nella mancanza della insegna editoriale sugli stampati.
Bibl.: P. Tola, Dizionario biogr. degli uomini illustri di Sardegna..., I, Torino 1837, p. 164; P. Martini, Storia eccles. di Sardegna..., Cagliari 1841, II, pp. 307 s.; G. Spano, Not. stor. documentate intorno a N. C. ..., Cagliari 1866; E. Toda y Guell, Biografia española de Cerdeña, Madrid 1890, pp. 273-277; Short-title cat. of books printed in Italy... from 1465 to 1600 now in the British Museum, London 1953, pp. 243, 274; L. Balsamo, La prima edizione dell'opera poetica di Venanzio Fortunato, in Studi bibliografici. Atti del Convegno dedicato alla storia del libro italiano...,(Bolzano 7-8 ott. 1965), Firenze 1967, pp. 67-80; Id., La stampa in Sardegna nei secc. XV e XVI,con appendice di documenti e annali, Firenze 1968, ad Indicem (con gli annali della tipografia Canelles); G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Florence 1905, p. 58.