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BAMBINI, Nicolò

di Nicola Ivanoff - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)
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BAMBINI, Nicolò

Nicola Ivanoff

Nacque a Venezia nel 1651. Secondo A. M. Zanetti, il suo primo maestro fu Sebastiano Mazzoni; in seguito "passò alla scuola di Roma e particolarmente a quella di Carlo Maratta... Nel ritorno suo in patria vedendo che il mondo tutto correva appresso alle pitture del Liberi, si pose a seguir anche egli quel bel modo di fare: e molto bene imitollo: facendo inoltre bellissime fisonomie di donne, varie molto e gentili".

Della prima maniera mazzoniana del B. si conosce a Venezia il soffitto della chiesa di S. Moisè, in pessimo stato di conservazione, e una Allegoria di Venezia nella sala delle Quattro Porte del Palazzo ducale. Non sembra invece accettabile la vecchia attribuzione del ciclo di Storie romane del palazzo Vendramin Calergi.

Un esempio delle sue imitazioni da p. Liberi ci viene offerto dal soffitto allegorico di Ca' Pesaro (1682). La Natività della Vergine nella chiesa di. S. Stefano, tradotta anche in stampa e della quale si conosce il bozzetto alla Pìnacoteca Querinì Stampalia, sembra invece "dottamente condotta sullo stile della scuola di Roma" (Zanetti). Questo dipinto di colori porcellanosi e disegno pungente rappresenta però un caso isolato. Di solito i ricordi romani si riducono nel B. a qualche generico motivo tipologico marattesco.

L'arte del B. sembra volgere verso un accademismo eclettico, caratterizzato da forme vacue, dai contorni piuttosto risentiti, nonché dal colorito perlaceo, tendente spesso al lezioso. Tra le sue opere migliori sono L'adorazione dei Magi in S.Zaccaria a Venezia, dipinta in gara con A. Balestra, nonché la decorazione della sala della biblioteca del palazzo vescovile di Udine, comprendente sovrapporte con allegorie e il soffitto con le Scienze che rendono omaggio alla Fede (1709). Nel suo ultimo periodo il B. sembra accostarsi a Sebastiano Ricci, tanto da confondersi quasi con lui, come nello scomparto allegorico con Minerva che incorona Tito Livio nel soffitto della biblioteca del seminario patriarcale di Venezia. Per tale motivo non è da escludere che qualche opera considerata del periodo giovanile del Ricci spetti al B., specie nel gruppo di Parma.

Il B. lavorò anche in chiaroscuro, prima nella sala dello Scrutinio di Palazzo ducale, poi nella cappella a pianterreno della Scuola dei Carmini, dove raffigurò i Misteri gaudiosi del Rosario. Dopo aver dipinto a fianco del Tiepolo, venne da questo associato alla decorazione del palazzo Sandi-Porto in corte dell'Albero. Per ovvie ragioni stilistiche, gli spetta il fregio monocromo con geroglifici.

Altre opere del B. si trovano, a Venezia, nella chiesa delle Eremite (soffitto, con Incoronazione della Vergine),a S. Marcuola (Deposizione), a S. Pantaleone (Immacolata), nella chiesa degli Scalzi (S. Giuseppe appare a santa Teresa e L'Ostia consacrata vola verso santa Teresa),a S. Spirito (Quattro Evangelisti), a S. Stae (Madonna e tre santi), al palazzo patriarcale (La virtù che scaccia i vizi e Iltempo che scopre la verità),a palazzo Barbaro-Curtis (Agar nel deserto), al Museo Correr (Storie di s. Romualdo),ecc.; a Padova, una Madonna nella sagrestia del duomo. Il museo di Udine possiede un disegno attribuito al B., col Ritrovamento di Mosè.

Il B. appare, nel panorama della pittura veneziana del tardo Seicento, come un esponente delle tendenze accademiche venute a Venezia dall'Italia centrale ed in questo offre un parallelo con Antonio Balestra e Gregorio Lazzarini.

Ebbe come discepoli suo figlio Stefano, Gaetano Zompini e Girolamo Brusaferro.

Il B. morì a Venezia. nel 1736.

A. Longhi, nel suo Compendio, loda il B. senza riserve, dicendo che i nobili veneziani gareggiavano per possedere i suoi dipinti. Lo ammiravano pure P.-J. Mariette e l'Abbé Richard. Secondo lo Zanetti, egli "sarebbe stato uno dei primi pittori veneziani che con ottimo consiglio uscendo di Patria si portasse a fare gli studi suoi nelle altre maggiori Scuole d'Italia...". Gli rimprovera però di non esser stato "più felice nell'impasto e nel pronto maneggio delle fresche tinte... comecché non mancasse vaghezza alle pitture sue. Conoscea egli stesso questa verità... perciò era solito additare a' discepoli suoi pitture di colorito più facile del suo, e proibiva che sul principio non si ricopiassero da' giovanetti i suoi quadri". Lo Zanetti parla anche di alcuni quadri del B. sopra i quali N. Cassana sarebbe "passato sopra con un colore pastoso e morbido". Lo giudica quindi "miglior inventore e disegnatore" che "maneggiatore di colori". Al contrario, Vincenzo da Canal loda il B. per il colorito, ma gli rimprovera di aver mancato di buon disegno, scorgendo "il crudo e l'aspro nei contorni". Il Cochin, parlando delle due tele della chiesa degli Scalzi, le giudica "di tono giusto e armonioso, ma senza finezza e di maniera pesante".

Il giudizio dei critici moderni è piuttosto negativo, insistendo sul presunto "smarrimento romano". Il primo ad avergli accordato qualche considerazione è stato l'Arslan.

Fonti e Bibl.: A. M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture di Venezia, Venezia 1733, pp. 59, 102, 174, 218, 355, 420; Vincenzo da Canal, Della maniera di dipingere moderno [1733 circa], in Mercurio filosofico ,Venezia 1810, pp. 11 s.; Venezia, Bibl. del Seminario Petriarcale, ms. n. 796: T. Temanza, Zibaldon di memorie storiche appartenenti a' professori delle belle arti. e del disegno [1738], ad vocem Sebastiano Mazzoni; Ch. N. Cochin, Voyage d'Italie, Paris 1758, III, p. 117; A. Longhi, Compendio delle vite de' pittori,Venezia 1762, p. 7; P. A. Orlandi, Abbecedario pittorico, Firenze 1788, col. 964; P.-J. Mariette, Abbecedario,Paris 1853, pp. 59 s.; J. Richard, Description historique et critique de l'Italie, II, Paris 1769, passim; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana, Venezia 1771, p. 424; D. M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere di disegno,II, Venezia 1803, p. 134; G. A. Moschini, Guida per la città di Venezia,I-II,Venezia 1815, v. indici II, p. 559; F. Maniago, Storia delle belle artifriulane,Venezia 1823, p. 255; G. Fiocco, La pittura veneziana del Seicento e Settecento, Verona 1929, pp. 57, 65, 106; W. Arslan, Studi sulla Pittura del primo Settecento veneziano, in Critica d'Arte, I(1936), pp. 189 n. 26, 192 s. n. 49; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, W. Arsian, Provincia di Padova, comune di Padova, Roma 1936, p. 170; N. Ivanoff, Una postilla tiepolesca, in Ateneo veneto, CXXXV(1951), pp. 1-3; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario,Roma 1956 (cfr. Indice, p.856); P. Zampetti, Pittura del Seicento a Venezia (catal.), Venezia 1959, pp. 140 ss.; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Settecento, Venezia-Roma 1960, p. 51; A. Rizzi, Disegni del Museo Civico di Udine, Udine 1962, tav. 2.; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 433; Enc. Ital., VI, p.19.

Vedi anche
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