AUDET, Nicolò
Nacque nel 1481 a Cipro, da nobile famiglia di origine francese, che da secoli si era stabilita nell'isola e vi aveva assunto la cittadinanza veneziana. Quattordicenne, l'A. prese l'abito carmelitano a Famagosta e compì i primi studi nel convento di Nicosia di Cipro. All'inizio del sec. XVI venne in Italia per proseguire gli studi teologici nell'università di Padova; ivi ottenne il grado di lettore biblico. Chiusa l'università per la guerra, nel 1509 l'A. fu amministratore del convento di Borbiago; l'anno seguente fu nominato baccelliere per la lettura delle Sentenze nell'università di Parma, dove conseguì il grado di maestro di teologia. Nel 1512 fu nominato priore del convento di Borbiago; il 12 genn. 1514 fu eletto provinciale e vicario generale della provincia carmelitana di Cipro. Tornò nuovamente in Italia per il capitolo generale di Siena del 1517, dopo del quale rimase alcuni anni come amministratore del convento di Borbiago, che restaurò insieme alla chiesa, portando a compimento l'opera nel 1519; poi rientrò a Cipro. Per la terza volta, nel 1523, venne in Italia, forse per ottenere il vescovato di Kerynia in Cipro, ma essendo vacante il governo del suo Ordine, il 27 luglio 1523 da papa Adriano VI fu nominato vicario generale, carica confermatagli da Clemente VII il 1° dicembre successivo. Durante gli ultimi mesi di quest'anno l'A. compose l'Isagogicon, il suo programma per la riforma dell'Ordine carmelitano.
Come negli altri Ordini anche presso i carmelitani regnavano gravi abusi ed una decadenza religiosa, favorita anche dalla prassi delle dispense ottenute dalla Curia romana. Nel sec. XV si era iniziato nell'Ordine un movimento di riforina, di "osservanza", che mirava ad una vita più austera, specialmente riguardo alla povertà religiosa. Il movimento ebbe successo in qualche provincia della Germania, nel Belgio e nella Francia settentrionale, costituendo anche in seno all'Ordine, accanto alle ventinove province, due Congregazioni distinte e quasi indipendenti dal govemo centrale: quella di Mantova con trenta conventi, e quella di Albi in Francia; ma fuori di esse la decadenza progredi ancora. Il programma di riforma dell'A. riprende il movimento di "osservanza" del secolo precedente: con le sue misure vuol ricondurre l'Ordine alla vita comune nella refezione, nell'abito e nel coro, e giungere all'abolizione della proprietà privata, all'amministrazione controllata, al mantenimento della clausura, alla buona educazione religiosa dei novizi e dei chierici, all'incremento degli studi.
Nella seconda metà del 1523, a Roma, l'A. ebbe vari colloqui sulla riforma con cardinali, uomini politici e col futuro Clemente VII. All'inizio del 1524 andò a Napoli per risolvere alcune questioni riguardanti il Carmine Maggiore. Dal 7 al 15 maggio tenne il capitolo generale dell'Ordine a Venezia, dove fu eletto priore generale. Con un'attività instancabile di quarant'anni l'A. riuscì a liberare l'Ordine dagli abusi e a rianimarlo di spirito religioso nuovo; a Roma e a Trento poté contribuire anche alla riforma generale della Chiesa.
Varie furono le misure prese per la riforma interna dell'Ordine: si annullarono i gradi ottenuti senza gli studi prescritti; diversi provinciali italiani vennero deposti o trasferiti in altre province. L'A. pubblicò anche il suo Isagogicon con i decreti del capitolo generale ed una revisione delle costituzioni dell'Ordine: Aurea et saluberrima Ordinis Fratrum Deiparae Virginis Mariae de Monte Carmelo statuta, Venetíis 1524. Diede poi mano all'attuazione della riforma nei conventi delle province di Venezia, Romagna, Toscana e Roma. Nel luglio 1525 fu chiamato dai Gonzaga per riformare il monastero delle carmelitane di Mantova e visitò la Lombardiall'anno seguente si recò a Napoli, in Terra di Lavoro ed in Puglia, arrivando alla fine dell'anno in Sicilia. Durante il viaggio di ritorno visitò di nuovo Napoli nel novembre 1527 e marzo 1528. Dalla fine dei 1528 percorse per tre anni le sette province della Francia, il Belgio e la Germania inferiore, inviando commissari-in Spagna e in Scozia. In Francia doveva eliminare le conseguenze di uno scísma, perché quattro province, nel 1524, avevano scelto un proprio priore generale. L'A. ebbe anche diversi incontri con Carlo V e Francesco I. Riuscì a ridurre all'osservanza più di cento conventi.
Nel 1532 tenne il capitolo generale dell'Ordine a Padova. Nello stesso anno dovette sostenere un grave conflitto ed un processo ecclesiastico con la Congregazione di Mantova, che perseguiva una totale indipendenza dal generale e dall'Ordine: il conflitto terminò nel 1538 con un compromesso. Nel 1533 l'A. si occupò ancora della riforma a Napoli. Negli anni seguenti era a Roma, dove partecipò a varie iniziative per la riforma della Curia romana, in particolare della Penitenzieria, le cui dispense erano nefaste per la vita religiosa, specialmente nelle regioni minacciate dal protestantesimo. I tentativi per allora non ebbero successo. Nel 1536 visitò le province settentrionali d'Italia; nel 1537 tornò a Napoli, dove alla fine del 1538 stabilì finalmente l'osservanza. Qui conobbe il Seripando, ed i due riformatori religiosi strinsero un'amicizia che durò per tutta la vita. L'anno seguente l'A. tenne il capitolo generale a Vicenza, visitò le province settentrionali ed andò di nuovo a Napoli, percorrendo altresì la Terra di Lavoro. Nel 1548 dopo aver partecipato al concilio di Trento e aver visitato la provincia veneta, celebrò un altro capitolo generale a Venezia.
In questi capitoli prese altre misure rigorose per la riforma e la centralizzazione dell'Ordine; riformò la liturgia, pubblicando il libro fondamentale del rito carmelitano, Ordinale officiorum sacre religionis carmelitane, Venetiis 1544; poi breviari e messali riveduti. Inviò gran numero di studenti nelle università, fondò nuove case di studio di filosofia e teologia e collegi per gli studi umanisticí. A Roma istituì un Collegio internazionale di teologia e costruì il nuovo convento della Traspontina; restaurò S. Martino ai Monti.
Una delle sue grandi preoccupazioni fu il protestantesimo. In gran parte dei paesi nordici l'Ordine ebbe a lamentare la perdita di tutti o molti conventi. L'A. incoraggiò i provinciali della Germania a far fronte alla situazione; in Italia, già nel 1528, aveva punito Giambattista Pallavicini per le sue prediche eretiche; in Francia esercitò severa vigilanza attraverso suoi commissari.
Nel maggio 1545 l'A. giunse a Trento con diversi teologi dell'Ordine, ed il 13 dicembre era tra i trentasette Padri che iniziarono il concilio.
Qui, spesso in accordo e in unione d'intenti con il Seripando, scrisse diversi trattati e "voti", sulla Sacra Scrittura - ammettendo una distinzione di autorità fra libri canonici e deutero-canonici -, sulla predicazione ed il diritto dei regolari, sul peccato originale e la giustificazione. Con grande tenacia difese la certezza della grazia, benché non una certezza di "fede". Diede il suo voto sui sacramenti, specialmente il battesimo, e a Bologna sul matrimonio. L'A. si mostrò buon teologo, di direzione scotista, ben versato nei Padri della Chiesa e con una conoscenza esatta delle dottrine luterane. Nel secondo periodo non era ancora presente quando il concilio si dové sospendere; nel terzo fu rappresentato dal suo confratello Giovanni Stefano Facini. Nelle difficili controversie sul diritto divino dei vescovi nel novembre 1562 mandò ancora personalmente da Roma il suo voto.
Dal 1550 in poi l'A. risiedette a Roma. Nel 1553 scrisse le sue osservazioni sul progetto di riforma dei regolari e sotto Paolo IV fu membro della commissione per la riforma della Chiesa. Morì il 6 dic. 1562 e fu sepolto nella vecchia Traspontina in Roma. Quando questa fu demolita nel 1587, le sue ceneri vennero trasportate a S. Martino ai Monti.
Bibl.: A. Staring O. Carm., Der Karmelitengeneral Nikolaus Audet und die katholische Reform des XVI. Jahrhunderts, Rom 1959.