ARCIMBOLDI, Nicolò
Nacque a Parma nel 1404 e quivi compì i primi studi. Il padre, Giovanni, giurista e membro del locale Collegio dei giudici, dopo l'occupazione di Parma da parte di Filippo M. Visconti nel 1420, lo inviò all'università di Pavia, ove era certamente studente di legge nel 1422 poiché un diploma di esenzione, rilasciato dal duca ad Antonello Arcimboldi il 31 luglio di quell'anno, estende il privilegio al padre e a "Nicolaum eius fratrem, leguni studiis in urbe nostra Papiae dantem, operam de presenti".
A Pavia respirò il clima del primo umanesimo lombardo ed ebbe compagno il Decembrio, che, rimastogli affezionatissimo, gli dedicò poi le Historiae peregrinae e ne pianse la morte in una lettera vibrante a Sceva de Curte, oratore sforzesco già collega dell'A. e dello stesso Decembrio. Conseguito il dottorato in utroque iure, tornò a Parma, ove fu iscritto al Collegio dei Giudici; ma poco dopo entrava al servizio del Visconti, iniziando così le fortune degli Arcimboldi, che per quasi cento anni ebbero posti di grande responsabilità nella politica, nella diplomazia, nell'amministrazione del ducato e nella vita ecclesiastica milanese: a cominciare dai figli Guidantonio e Giovanni - ambedue futuri arcivescovi di Milano - natigli dal matrimonio colla nobildonna parmense Orsina Canossa.
L'A. alternò uffici nell'anministrazione pubblica con incarichi diplomatici. Nel 1427 fu Vicario di provvisione; nel 1428 fu inviato oratore presso Martino V a Bologna, ove conobbe il Filelfo; questi, sperando di avere in lui un autorevole patrocinatore presso il duca di Milano, gli mostrò sempre ammirazione e amicizia. Una sua lettera del 1431, affidata per il recapito a Enea Silvio Piccolomini, offrì peraltro all'A. l'occasione di stringere con lui una amicizia che gli fu assai preziosa nelle successive missioni diplomatiche.
Nel 1430 fu nominato questore e poi maestro delle entrate straordinarie. Nel 1431 fu procuratore di Filippo M. Visconti per stringere una lega col marchese di Saluzzo e il duca di Savoia contro il marchese di Monferrato, e l'anno successivo ebbe pieni poteri per procedere, con Manfredo di Saluzzo e Marco del Carretto, alla divisione delle terre strappate a quel marchese. Nel 1439 fu oratore presso Eugenio IV a Firenze, ove era stato trasferito il concilio, e quivi ebbe modo di rinsaldare ulteriormente l'amicizia col Piccolomini.
Creato consigliere ducale - figura già tale in una lettera del 10 sett. 1438 - svolse nel 1440 una prima missione presso Federico III per chiedere la conferma dei privilegi imperiali per il duca (la procura, in data 21 luglio 1440 in Arch. di Stato di Milano, Reg. ducale, n. 39, E 584). Nel 1443 fu plenipotenziario, con Franchino Castiglioni, al congresso di Cavriana e quindi ambasciatore a Venezia, dove con Lodovico di S. Severino e lacopo Becchetti. Stipulò il 24 sett. 1443 l'alleanza tra Venezia e Milano contro Napoli in seguito al riavvicinamento tra Filippo Maria e Francesco Sforza. Con decreto del 12 agosto 1443 fu chiamato a far parte della commissione nominata dal duca per il riordinamento dell'estimo generale del ducato.
Morto il Visconti e proclamata la Repubblica Ambrosiana, l'A. in un primo tempo vi aderì, tanto che fu tra i cittadini incaricati di rispondere ai messi di Federico III (e non a caso, dato che fra questi vi era proprio Enea Silvio Piccolomini) venuti a sollecitare da Milano il giuramento di fedeltà all'imperatore. Inviato a trattare un'alleanza tra la Repubblica e il duca di Savoia, il 3 marzo 1448 stipulò a Torino un trattato di alleanza difensiva valevole per 15 anni. Fu anche tra gli incaricati di scegliere i lettori dello Studio di Pavia.
Mandato a Parma per confermare le convenzioni di libertà con Midano, sembrò volersi ritirare dalla vita politica; ma di lì a qualche tempo, forse dopo aver avuto offerte da Francesco Sforza, si adoperò per il successo di questo, inducendo all'obbedienza per primi i suoi concittadini. Nel dicembre del 1449 era inviato con Angelo Simonetta a Napoli per un trattato di alleanza con Alfonso d'Aragona, non andato poi in porto per la pretesa di questo di avere in cambio Parma e Pizzighettone. Il 22 marzo 1450 l'A. veniva confermato membro del Consiglio segreto al pari di altri funzionari già al servizio di Filippo Visconti: l'apparato burocratico visconteo si veniva ricostituendo, infatti, compattamente attorno al nuovo duca. Impiegato in importanti missioni l'A. si rivelò, nei difficili inizi della signoria sforzesca, uno dei diplomatici più abili e uno dei pochi che avessero una visione precisa degli interessi milanesi nell'ambito della situazione politica italiana. L'A. riteneva obiettivi fondamentali dell'azione diplomatica milanese l'isolamento di Venezia principale nemica dello Sforza e in quel momento aspirante all'egemonia su tutta la penisola, e l'aueanza con l'altra giovane signoria, quella di Cosimo de' Medici A questo scopo condusse nel 1450 una missione speciale a Bologna per indurla a staccarsi da Venezia; nominato poi ambasciatore a Firenze, altrettanto sollecitamente si adoperò per conservare l'alleanza dei Fiorentini al duca e neutralizzare l'influenza veneziana. Stipulando nel 1451 la lega tra Milano, Firenze e Genova, la definiva, in una lettera del 7 dicembre di quell'lnno, come una necessità per non permettere che i Veneziani "se facesseno Signori de Italia" (cit. in Storia di Milano, VII, p. 25).
Durante la discesa in Italia di Federico III nel 1452 l'A. si adoperò attivamente per il riconoscimento dello Sforza a duca di Milano. Dopo un primo colloquio avuto a Firenze nel novembre del '51 cogli ambasciatori imperiali (tra i quali v'era ancora il Piccolomini) si recò a Ferrara a fargli omaggio a nome del duca, seguendolo poi a Firenze, Siena e Roma con altri due oratori milanesi: Giacomo Trivulzio e Sceva de Curte. Richiamati questi ultimi due ai primi d'aprile, forse anche per gli scarsi risultati conseguiti con l'imperatore e col papa sulla questione del riconoscimento ducale, all'A. restò il compito di difendere gli interessi dello Sforza e rinsaldare l'amicizia fiorentina proprio mentre tra l'imperatore, Alfonso d'Aragona e Venezia si decideva a Napoli l'alleanza ai danni di Firenze e Milano. Un ultimo abboccamento, avuto dall'A. l'8 maggio 1453 a Firenze coll'imperatore che tornava in Germania, non ebbe esito, adducendo questi il pretesto che doveva sentire prima gli elettori; solo alla fine, in un colloquio confidenziale col Piccolornini, riuscì a strappare il prezzo dell'investitura: cinquantamila ducati annui o la cessione di una città del ducato. Al rifiuto immediato di accettare queste condizioni, espresso dall'A. a nome del duca, seguì, dopo la partenza dell'imperatore, l'inizio delle ostilità tra Venezia e lo Sforza e tra Napoli e Firenze: la così detta guerra per la successione al ducato di Milano conclusasi colla pace di Lodi il 9 apr. 1454.
Anche in questa occasione si rivelò la prudenza dell'A., poiché avendo notato la stanchezza dei Fiorentini nel condurre la guerra e il crescente desiderio di pace diffusosi ovunque e temendo un cambiamento di umori nei riguardi dell'aueanza milanese, fu uno dei pochi consiglieri ducali che secondarono lo Sforza nei propositi di pace, contro coloro che erano invece per una lotta a fondo contro i Veneziani.
Dopo la pace e mutate le relazioni tra gli stati, l'A. fu uno dei negoziatori e sottoscrittori della lega "particolare" tra Milano, Firenze e Venezia (il testo della procura all'A., del 9 maggio 1454, in Arch. di Stato di Milano, Reg. ducale n. 18 f. 518; la lettera di ringraziamento del duca per l'azione svolta dall'A., ibid., f. 397). Preludio di quella "universale" o italica seguita poco dopo.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Milano, in familiarità col duca e cogli uomini più rappresentativi della politica e della cultura lombarda.
Morì il 10 maggio 1459.
Il giudizio del Decembrio, che lo giudicò uomo di grande onestà, sincerissimo ed astutissimo, ammirevole per le doti di prudenza e di equilibrio che lo distinsero sotto Filippo M. Visconti, al tempo della Repubblica Ambrosiana e con Francesco Sforza, può essere sostanzialmente accettato.
Fonti e Bibl.: Oltre i docc. citati nel testo, l'Arch. di Stato di Milano conserva i dispacci dell'A. da Firenze (Arch. Sforzesco, Pot. Estere, cart. 265-267). Una serie di lettere al Decembrio degli anni 1454-1458 è nella Bibl. Ambrosiana, cod. I 235 inf.; una a E. S. Piccolomini nel cod. Urbinate 402 della Vaticana. Brani dei dispacci dell'A. sono stati editi o utilizzati da A. Colombo, L'ingresso di F. Sforza in Milano e l'inizio di un nuovo principato, in Arch. stor. lombardo, XXXII, 3 (1905), pp. 10-16; L. Rossi, Lega tra il Duca di Milano i Fiorentini e Carlo VII Re di Francia, ibid., XXXIII(1906), pp. 257, 279-281; A. Colombo, A proposito delle relazioni tra F. Sforza e Firenze (luglio 1541), in Rendic. d. R. Acc. dei Lincei, s.s, XV (1906), pp. 551-568; F. Cousin, Le aspirazioni straniere sul ducato di Milano e l'investitura imperiale (1450-1454), in Arch. stor. lombardo, n. s., I, 3-4 (1936), pp. 335, 337, 342 s., 350 s., 353 s., 369; C. A. Vianello, Gli Sforza e l'Impero, in Atti e memorie del Primo congresso storico lombardo, Milano 1937, pp. 203, 204, 234 s., 236; E. Lazzeroni, Il viaggio di Federico III in Italia, ibid., pp. 274, 297 s., 315 ss.; F. Cognasso, Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, p. 353; Id., La Repubblica di S. Ambrogio, ibid., pp.426, 441; Id., Istituzioni comunali e signorili di Milano sotto i Visconti, ibid., p.491; F. Catalano, La nuova signoria: Francesco Sforza, ibid., VII, ibid. 1956, pp. 24, 65, 66.
Sull'A. cfr. anche J. Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium. Ducis commentarii, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 110, 342, 405; P. C. Decembrii Opuscula historica (Vita di F. M. Visconti), ibid., XX, 1, a cura di A. Butti, F. Fossati, G. Petraglione, p. 184; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritton d'Italia, I, 2, Brescia 1753, p. 965; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, Parma 1789, pp. 229-241; G. B. Janelli, Diz. biogr. dei Parmigiani illustri, Genova 1877, p. 20; C. Manaresi, I Registri Viscontei, Milano 1915, pp. 65, 76, 81; G. Vittani, Gli atti cancellereschi viscontei, I, Milano 1920, p. X; II, ibid. 1929, pp. 98, 102-103, 110 s., 123; G. P. Bognetti, Per la storia dello stato visconteo (Un registro di decreti della cancellerta di F. M. Visconti e un trattato segreto con Alfonso d'Aragona), in Archivio storico lombardo, LIV, 2-3 (1927), p. 210; C. Santoro, Gli Uffici del dominio Sforzesco, Milano 1947, p. 2.