Filosofo (n. Chieti 1420 circa - m. Vicenza 1499). Allievo di Paolo della Pergola e di Gaetano da Thiene, si addottorò in artibus a Padova nel 1452 (da vecchio conseguì la laurea in medicina, 1496); succedette nell'insegnamento di filosofia naturale a Gaetano da Thiene (1465), ed ebbe come allievi A. Nifo e P. Pomponazzi. È autore di scritti legati all'insegnamento: Quaestio an ens mobile sit totius philosophiae naturalis subiectum (1480), Quaestio an coelum sit ex materia et forma constitutum vel non (1481), De divisione philosophiae (prologo alla Fisica, 1482), Quaestio an medicina nobilior ac praestantior sit iure civili (1482), Quaestio an caelum sit animatum (1491), Quaestio an dentur universalia realia (1492), Quaestio de gravibus et levibus (1504). Di orientamento aristotelico-averroistico sebbene cauto nelle soluzioni più controverse, aderì alla tesi di Averroè sull'unità dell'intelletto possibile; ma, dopo l'editto del vescovo P. Barozzi (1489), che vietava le discussioni attorno al problema dell'intelletto, ritrattò le sue posizioni nelle Quaestiones de pluralitate intellectus contra falsam et ab omni veritate remotam opinionem Averroys et de animae felicitate (1492; ed. post. 1504).