MORATÍN, Nicolás Fernández de
Poeta e autore teatrale spagnolo, nato nel 1737 a Madrid, dove morì l'11 maggio 1780: fu padre di Leandro Fernández de Moratín. Passò i primi anni della giovinezza a La Granja presso la corte dove il padre aveva una carica. Laureatosi in leggi a Valladolid, si stabilì a Madrid, dove esercitò la professione, che presto abbandonò per seguire (1772) la sua inclinazione alle lettere. A Madrid divenne la figura centrale di quel circolo letterario della Fonda de San Sebastián, che tanta efficace influenza ebbe nel diffondersi del neoclassicismo in Spagna. Ivi, oltre che con Cadalso, con Iriarte, con López de Ayala, fu stretto d'amicizia con letterati italiani, tra cui Pietro Napoli Signorelli e G. B. Conti. Succeduto a López de Ayala nella cattedra di poetica nel Collegio Imperiale, preparava la raccolta delle sue opere in poesia, quando fu colto dalla morte.
Autore drammatico, poeta lirico, satirico, epico (con il canto Las naves de Cortés destruídas, 1777, in ottave), poeta didascalico (con La Diana ó arte de caza, 1765, in sei canti), critico letterario a cui fece velo il fanatismo per il teatro francese e per le dottrine del Luzán, trattatista di economia agraria, sull'esempio di Jovellanos (Memoria sobre los medios de fomentar la agricultura en España), nonché storiografo della tauromachia nazionale (Carta histórica sobre el origen y progresos de las fiestas de toros en España: tenuta presente da Goya nella collezione delle sue potenti acqueforti La tauromaquía), il M. spicca sopratutto nella lirica. Più che le anacreontiche, le aggressive satire letterarie, le letrillas, le erotiche, sono lodate le sue odi, tra le quali quella Al conde de Aranda, suo protettore, e l'altra di maestoso tono e ispirazione pindarica A Pedro Romero matador de toros; ma il M. eccelse specialmente come imitatore dei "romances viejos" e dei "romances artísticos" dei secoli XVI e XVII, precorrendo il duca A. de Rivas e Zorrilla. Preziosi gioielli che si direbbero del Romancero sono i tre romances o ballate Abdelcadir y Galiana, Don Sancho en Zamora, e la Empresa de micer Jaques borgoñón. Per la grazia e il colorito sono celebri le quintillas della Fiesta de toros en Madrid (1777) imitata da Zorrilla. Non riuscì invece nel teatro: nessuna delle sue tre tragedie, artificiali e fredde, si salvò dall'oblio (Lucrecia, 1763; Hormesinda, 1770, che fu la sola rappresentata; Guzmán el Bueno, 1777). Non meno povera cosa è la commedia La Petimetra (1762), neppur essa rappresentata. Levò scalpore tuttavia per le tre dissertazioni che vi premise (Desengaños al teatro español), contro l'antico teatro nazionale. Si accese una fiera polemica che provocò il divieto di Carlo III, con cui si vietò rappresentare gli Autos sacramentales (1765).
Di mediocre ingegno, il M. lo dissipò in polemiche spesso aride, in opere teatrali nate morte, con l'illusione di dar nuova vita al teatro spagnolo, rifondendolo sullo stampo francese.
Ediz.: Poesías y comedias, a cura dell'Aribau, in Bibl. aut. esp., II; Obras póstumas, a cura del figlio Leandro F. de M., Barcellona 1821, con biografia; Poesías inéditas, edit. R. Foulché-Delbox, Madrid 1892.