CIVITALI, Nicolao
Nacque a Lucca nel 1482 e fu battezzato il 25 aprile nella chiesa di S. Giovanni. Fu il terzo dei figli maschi dello scultore Matteo e della prima moglie Elisabetta del Gelli. Il C. fu, col fratello Giovanni, erede universale del padre, morto nel 1501: insieme gli dedicarono la lapide tombale in S. Cristoforo, riscossero il saldo della sua ultima opera e, nel 1502 e 1503, vendettero alcune proprietà esistenti nella città di Lucca.
È da supporre che il C. si avviasse come scultore ed architetto nella bottega del padre, anche se i primi documenti della sua attività risalgono a dieci anni dopo la morte di lui. Il suo nome è tradizionalmente legato al compimento del palazzo pretorio di Lucca, poco dopo il 1506.
Anche se il disegno dell'edificio, la cui costruzione fu avviata nel 1494, è attribuito a Matteo, al C. dovrebbe spettare una parte rilevante dell'esecuzione, specie per quanto riguarda dettagli ornamentali come le candelabre nelle bifore del piano nobile, la porta centinata a conci quadri e la soluzione del lato destro dove la loggia aperta al pianterreno (raddoppiata in profondità nel 1589 dal figlio Vincenzo) si prolunga con archi ciechi: elementi che mostrano affinità con la coeva architettura emiliana, come la "casa dei drappieri" a Bologna, e che torneranno in altri edifici attribuibili al Civitali.
Risale pure al primo decennio del Cinquecento la più antica scultura assegnata al C.: la lastra tombale del priore Pasquino Cenami nella cappella di S. Agostino in S. Frediano, che reca un'iscrizione con la data 1506.
In un atto stipulato a Carrara il 13 genn. 1511il C. fu assunto come socio di Donato Benti, in sostituzione di Sebastiano Nelli, per le decorazioni plastiche del battistero di Pietrasanta. Non è chiaro quanto spetti a lui di tale impresa, che tenne il Benti occupato a varie riprese dal 1509 e che fu terminata solo dopo la morte di ambedue. I due capitelli figurati murati nella navata maggiore del duomo di Pietrasanta, solitamente riferiti al C., sarebbero tuttavia da identificare con quelli commissionati nel 1522 a Stagio Stagi. Comunque la sua partecipazione agli ornati e arredi scolpiti nel battistero collega il C. a quegli artefici toscani attivi nel primo Cinquecento che il Venturi chiamò "ornamentisti in ritardo", quali i fiorentini Benedetto da Rovezzano e il Benti, Lorenzo Stagi e il figlio Stagio da Pietrasanta. Il gusto del C., quale apparirà nelle rifiniture delle sue costruzioni, tabernacoli e altari, rientra nella voga plastica che ebbe come centro il Carrarese, non senza collimazioni con il decorativismo emiliano del Formigine, ed è caratterizzato dal repertorio di fregi marmorei a fine rilievo con fiori e frutti, maschere ed eroti, già elaborato da Matteo nelle sue sculture lucchesi.
Come architetto il C. occupa un posto di rilievo nel contesto dell'edilizia civile del Cinquecento lucchese per avervi introdotto le tipologie del palazzo di città e della villa suburbana, aggiornate sugli esempi fiorentini del Cronaca e di Baccio d'Agnolo, che erano destinate a durare lungo il secolo, fino all'intervento dell'Ammannati. La tradizione gli attribuisce il palazzo dei fratelli Giovanni e Martino Bernardini, costruito a Lucca a partire dal 1512.
Lo schema della parte centrale della facciata (ampliata ai lati in epoca successiva) deriva dai moduli albertiani del palazzo Rucellai, di cui conserva, a differenza dagli analoghi palazzi del Rosso e Nasi-Torrigiani a Firenze, la spartizione geometrica a lesene nel pianterreno. Il portone, le finestre centinate al piano nobile e le lesene sono articolati con regolari bozze piatte, formula che caratterizza il palazzo Cenami, costruito intorno al 1530per la famiglia Arnolfini, il cui disegno è attribuito al Civitali.
Fa parte del gruppo di dimore lucchesi assegnate al C. il palazzo di Giovanni di Paolo Gigli, oggi sede della Cassa di risparmio. Coevo al palazzo Bernardini, esso inaugurò a Lucca la tipologia dei palazzi fiorentini organizzati attorno ad un cortile centrale. Il ricco fregio dell'architrave del portale maggiore trova riscontro nei rilievi con trofei e grottesche che ornano i portali del più tardo palazzo Diodati-Orsetti, pure riferito al Civitali.
Non vi è nessuna documentazione sicura della paternità del C. di una serie di ville nel Lucchese che tuttavia riflettono i modi della sua architettura. Per due di esse l'attribuzione è ormai accettata, anche se la loro datazione è ancora da stabilire. La prima in ordine cronologico sembra quella Sinibaldi, oggi Pagliai, a Massa Pisana. Concepita a pianoterra come loggiato in parte cieco per due lati, si apre in un porticato alla loro confluenza, secondo una soluzione alquanto inconsueta che ripete quella del palazzo pretorio. Oltre alle tipiche finestre centinate e profilate a conci, è caratteristico, nella villa Pagliai, il fregio con ornati a graffito che separa i due piani. La villa Burlamacchi, oggi Rossi, a Gattaiola risale a prima del 1548, anno in cui fu confiscata in seguito alla condanna del proprietario Francesco Burlamacchi; tuttavia in un'asta del 1556 è descritta come edificio "nuovamente fabbricato benché non sia del tutto fornito". Si tratta di un imponente blocco quadrato a tre piani sobriamente articolato da doppie cornici orizzontali e aperto, nella facciata posteriore, da un lungo loggiato ad ordine tuscanico a pianterreno.
L'attività di scultore del C. è meglio documentata, che non quella di architetto, a partire dal 1516, data dell'altare dell'Annunziata nella chiesa dei servi di Lucca. Commissionato da Giovanni e Martino Bernardini, l'altare consiste di un muro di tondo ornato dei tipici rilievi a candelabri e teste di putti con al centro un baldacchino. L'insieme fu trasportato nella cappella del Sacramento nella stessa chiesa nel 1713 e privato nel secolo scorso della statua dell'Annunziata, cheoggi si trova nel Victoria and Albert Museum di Londra. Questa figura inginocchiata su un cuscino, per molti anni relegata nei magazzini del museo come un falso, resta uno dei pochi esemplari della produzione del C. come statuario. L'opera più notevole del genere è la statua marmorea di S. Antonio abate, posta in una nicchia nella navata destra della pieve di Stazzema sopra Serravezza, che riflette l'ultima maniera di Matteo. Nell'anno 1529, il C., secondo i documenti (Ridolfi, 1889, pp. 220 s., nota 1), aveva preso l'impegno di eseguire un tabernacolo per la chiesa di Villa Collemandina in Garfagnana. dei due tabernacoli di sua mano ivi uno è firmato e datato 1533; questo ripete la composizione di un tabernacolo marmoreo nel Victoria and Albert Museum di Londra, datato 1498, che è stato riferito (Pope-Hennessy) in via di ipotesi ad una fase giovanile.
Analoghe opere vengono assegnate alla bottega del C., i cui modi spesso si confondono con la produzione di quella degli Stagi: un esempio rappresentativo ne è il tabernacolo marmoreo nel Museo nazionale di villa Guinigi a Lucca, proveniente dalla chiesa di S. Domenico. Gli sono pure attribuiti l'ancona in marmo contenente molte figure nell'abside della parrocchia di Roggio presso Vagli Sopra e il tempietto ottagonale eseguito nel 1524-27a Carrara per la chiesa dell'Annunziata a Pontremoli, il cui disegno deriva da quello della cappella del Volto Santo nel duomo di Lucca di Matteo.
Scomparsa la decorazione della cappella del palazzo pubblico di Lucca, che fu commissionata al C. nel 1531, l'ultima opera in scultura dell'artista consiste probabilmente nel corredo di due acquasantiere e due cantorie marmoree, queste ultime eseguite coll'aiuto del figlio Vincenzo, nella chiesa di S. Paolino, databili intorno alla metà del quarto decennio del Cinquecento, all'epoca in cui la costruzione della chiesa fu ultimata da Bastiano Bertolani.
Nel 1520 il C. aveva sposato Lucina dei Sinibaldi, di nobile famiglia lucchese, che gli recò 300 ducati d'oro in dote; dall'unione nacquero quattro femmine e tre maschi. Fu forse tale matrimonio che gli aprì la possibilità di coprire incarichi nel governo della Repubblica per lo più riservati al ceto aristocratico, quali non riuscirono ad avere altri membri della sua famiglia come Giuseppe, quantunque fosse impiegato nel servizio pubblico. Così nel 1532 il C. venne eletto al Consiglio generale della Repubblica, incarico confermato nel 1534 e nel 1541; nel 1546 e 1551 egli fu pure iscritto fra i bombardieri minori della città. Questa partecipazione alla vita pubblica potrebbe spiegare il fatto che dopo i primi anni del quarto decennio del secolo la produzione artistica del C., almeno quella a noi finora nota, sembra quasi del tutto cessare. Egli fece testamento il 26 luglio 1553, lasciando erede universale suo figlio Vincenzo; morì tuttavia dopo il 1560 poiché nell'adunanza del Consiglio generale del 23 dicembre di quell'anno fu accolta una sua richiesta di percepire ancora i proventi dell'osteria a San Quirico in Monticelli.
Fonti e Bibl.: T. Trenta, Memorie intorno alla famiglia dei Civitali, in Mem. e docc. per servire all'istoria del ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, pp. 77 s.; C. Frediani, Ragionamento stor. intorno ad A. Cittadella, Lucca 1834, pp. 41-43; G. C. Martini, Viaggio in Toscana(1725-45), a cura di O. Trumpy, Massa 1969, p. 127; V. Santini, Commentarii stor. sulla Versilia centrale, Pisa 1863, p. III; C. C. Perkins, Tuscan sculptors, London 1864, I, pp. 216 s.; G. Campori, Mem. biografiche degli scultori,architetti,pittori nativi di Carrara, Modena, 1873, pp. 303 s.; E. Ridolfi, I discendenti di M. Civitali, in Arch. stor. ital., s. 5, IV (1889), pp. 218-222; G. Sforza, Mem. e docc. per servire alla storia di Pontremoli, Firenze 1904, I, pp. 781-793; A. Dalgas, La Versilia, Bergamo 1928, p. 128; A. Venturi, Storia dell'arte ital., XI, 2, Milano 1939, p. 688; J. Pope-Hennessy, Catal. of Italian Sculpture in the Victoria and Albert Museum, London 1964, I, pp. 277-281; P. Pierotti. Lucca. Edilizia urbanistica medioevale, Milano 1965, pp. 156 ss., 193, 196 ss.; Il Museo nazionale di Villa Guinigi (catal.), Lucca 1968, p. 102; C. Baracchini-A. Caleca, Il duomo di Lucca, Lucca 1973, pp. 61, 124; La villa lucchese e il suo territorio (catal.), Lucca 1977, nn. 11, 18; I. Belli Barsali, Ville e committenti dello Stato di Lucca, Lucca 1980, ad Indicem; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 28 (con ult. bibl.), p. 516.