NICOLAITI
. Gli scrittori cristiani, da Ireneo a S. Girolamo, designano con questo nome una setta ereticale la cui origine è da essi riferita all'epoca apostolica. In realtà le diverse testimonianze si riportano tutte a due: quella di Ireneo (Adversus haereses, I, xxvi, 3; III, x1, 1) e l'altra di Clemente Alessandrino (Stromata, II, xx, 118; III, iv, 25), le quali, lungi dal rivelare una conoscenza diretta di questi Nicolaiti, sono puri e semplici tentativi d'interpretare due passi piuttosto oscuri dell'Apocalisse dove, per la prima volta, ricorre il nome di Nicolaiti. Nel primo di questi (Apoc., II, 6) la Chiesa di Efeso è detta odiare τὰ ἔργα τῶν Νικολαιτῶν; nel secondo (ibid., 14-13) la chiesa di Pergamo è rimproverata di avere degli aderenti alla dottrina (διδακή, si noti che sopra si è invece fatto cenno a ἔργα) dei Nicolaiti. Riavvicinando a questi i seguenti versetti 20-24, dove è rimproverato ad alcuni fedeli della chiesa di Tiatira l'uso di mangiare le idolotiti (carni sacrificate agl'idoli), si è pensato che nelle comunità asiatiche fossero sorti disordini circa questa pratica, a proposito della quale S. Paolo (I Cor., VIII) aveva avuto parole improntate a grande liberalità. Ma questa ipotesi, come ogni altra tendente a riavvicinare i Nicolaiti al sorgere delle prime speculazioni gnostiche (nell'Apocalisse si parla, a proposito della chiesa di Tiatira, di τὰ βαϑέα τοῦ Σατανᾶ "le profondità di Satana") è incontrollabile. Ireneo riporta l'origine della setta - se così si può dire - a Nicola, il "proselita antiocheno" che fu uno dei sette diaconi ordinati dagli apostoli.
Bibl.: G. Hoennicke, Das Judenchristentum, Berlino 1908, p. 134 segg.; G. A. van den Bergh van Eysinga, Die in der Apokalypse bekämpfte Gnosis, in Zeitschrift für die neutestamentl. Wisenschft, XIII (1912), pp. 293-305; e in genere i commenti all'Apocalisse (v.).