VALLETTA, Nicola
– Nacque da Pietro e da Rosa Farace ad Arienzo, in Terra di Lavoro, il 22 giugno 1748 o, secondo Lorenzo Giustiniani e Camillo Minieri Riccio, 1750.
Per l’istruzione primaria l’agiata famiglia d’origine lo affidò alle premure di un precettore locale, Domenico Laudato, che gli impartì anche i rudimenti basilari di latino e greco (Napoli, Biblioteca nazionale, XIV.G.9/1). Manifestando precocemente un ingegno versatile e insolito acume, in età adolescenziale, si trasferì a Napoli ove la guida dotta di un affermato conterraneo, l’avvocato Carlo Carfora, ne orientò la formazione superiore. A lui, amplissimo mecenate, «omnigenae eruditionis facile Princeps», Valletta dedicò la sua prima opera a stampa, De animi virtute. Ethices syntagma (Neapoli 1772), sintesi di riflessioni giuridico-morali a sfondo pedagogico. L’interesse del giovane per le lettere e per gli studi umanistici fu incoraggiato da quel mentore che gli mise a disposizione la sua copiosa biblioteca, allestita con una selezione scelta di volumi giuridici, di testi di filologia e di cultura classica; inoltre lo avvicinò a intellettuali partenopei e stranieri di alto profilo, tra cui l’anziano arienzano Pietro Contegna, Alessio Simmaco Mazzocchi, Giacomo Martorelli, Antonio Genovesi, Bartolomeo Intieri, Giuseppe Simioli. In tale ambiente eletto e stimolante Valletta poté affinare la sua conoscenza degli idiomi antichi, nonché sviluppare capacità critiche e padronanza dell’arte oratoria. Erano abilità e competenze che gli aprirono l’accesso ai saperi e lo resero una personalità eclettica e volitiva. L’essere stato allievo dell’abate di Castiglione, dei professori Domenico Mangieri e Giuseppe Pasquale Cirillo forgiò precipuamente la sua preparazione filosofica e giuridica. Conseguì la laurea in utroque iure nel 1776, ma probabilmente molti anni prima se si considera che un dispaccio del 16 novembre 1771 lo appellava già «Dr» (Archivio di Stato di Napoli, Ministero affari ecclesiastici, vol. 372, c. 53r). Per un lungo periodo godé della rendita di un arrendamento del sale (Napoli, Archivio storico del Banco di Napoli, Banco del Salvatore, Pandetta, a. 1770-1779) e non si sottrasse all’esercizio della professione forense (Banco dei Poveri, Pandetta, 17 dicembre 1779), con uno studio nel quartiere Forcella.
L’idea d’intraprendere la carriera accademica lo pervase prima ancora di divenire maggiorenne e a soli diciassette anni partecipò al concorso per ricoprire la cattedra di filosofia morale presso l’Università di Napoli. Proprio la giovane età penalizzò la sua intraprendente audacia e non furono diversi gli esiti raggiunti in due successive selezioni bandite rispettivamente, nel 1771, a copertura dell’insegnamento di decretali (Archivio di Stato di Napoli, Ministero affari ecclesiastici, vol. 372, c. 53r) e, dopo un lustro, dell’ambita docenza vespertina di jus civile. Questa, rimasta scoperta a seguito della morte di Cirillo, catturò l’interesse di Valletta, che aveva appena pubblicato gli Elementi del diritto del Regno napoletano con licenza regia del 2 marzo 1776 (Archivio di Stato di Napoli, Ministero affari ecclesiastici, vol. 412, c. 265r), dedicandoli proprio a quel «Tullio del Foro» e «Papiniano» dei Regi Studi. Oltre lui, scesero nell’agone dodici colleghi anziani, tra cui Mangieri che risultò vincitore. «In tali esclusioni si ha piuttosto in mira il pericolo dell’esempio che il merito del concorrente», chiosò Urbano Lampredi (Notizie..., c. 9). Infatti, il talento non comune e l’originalità di quel manuale giuridico, che s’inseriva nel filone inaugurato dai Commentaria di Francesco Rapolla e che sfidando la tradizione delle scienze optava per la lingua delle «patrie parole» (Elementi..., cit., p. 4) sulla scia di Genovesi e poi di Domenico Alfeno Vario, incontrarono il pieno apprezzamento del cappellano maggiore Matteo Gennaro Testa: riconoscendo altrettanto valore all’esperienza didattica svolta da «sette anni» come lettore «straordinario» di diverse materie, tra cui diritto criminale e istituzioni civili, nell’ottobre dello stesso 1776 lo scelse come «sostituto» di jus Regni (Scandone, 2001, p. 353) e il decreto di ratifica sopraggiunse il 9 novembre (Archivio di Stato di Napoli, Ministero affari ecclesiastici, vol. 419, c. 79v).
Superando brillantemente un quarto concorso, nel 1777 Valletta assunse il ruolo di docente ordinario sulla cattedra vespertina di istituzioni civili; con dispaccio del 5 ottobre 1782 passò sulla primaria mattutina (vol. 456, c. 101v) e contemporaneamente predispose l’Oratio inaugurale dell’anno accademico, incentrata sull’incidenza della sapienza sulla fortuna, che dedicò al nuovo cappellano maggiore, Isidoro Sanchez de Luna. Il 13 novembre 1783 fu chiamato a insegnare ad interim diritto criminale (ibid., vol. 469, c. 80) per l’improvviso decesso di Vincenzo Amalfi. Rinomato per il metodo didattico chiaro e «utile», si rese «amabile a tutta la gioventù, che a folla» seguiva le sue lezioni sia nell’università, sia «nella privata sua casa» (Giustiniani, 1788, p. 231). Ottenne per concorso e a «pieni voti» (Archivio di Stato di Napoli, Ministero affari ecclesiastici, vol. 474, c. 145v) la cattedra di diritto del Regno nel 1785 e la ricoprì per oltre un quarto di secolo.
Fu nel corso degli anni Ottanta che la produzione scientifica dell’utriusque iuris doctor raggiunse il massimo exploit nel genere manualistico, consegnando ai torchi di Michele Morelli quattro opere, imperniate su settori del diritto basilari nella formazione giuridica e che strutturò secondo la tripartizione gaiana. Le Institutiones juris feudalis (Neapoli 1780), poi riproposte in volgare come Delle leggi feudali (I-II, Napoli 1796), ricorrendo all’argomento storico tracciavano i fondamenti di una parte cospicua dello jus patrium. Le origini del feudo, la cui primaria essenza consisteva nella «fides» (Institutiones..., cit., p. 11), non poteva ricondursi ai romani, né allo jus gentium, ma agli antichi «Germanis et Francis populis» (p. 44). L’impostazione teorico-pratica curava di fornire utili indicazioni anche sull’ordo judicii «ex nostro jure municipali» (p. 437). Nelle Juris romani institutiones repetitae praelectionis (I-II, Neapoli 1782, 1792), Valletta si soffermava sugli sviluppi del diritto giustinianeo e sulla jurisprudentia fiorita a partire dall’età medievale, per poi procedere alla disamina di una serie di istituti e del rilevante officio judicis. Dedicate al regio consigliere Giuseppe Carfora, le Partitiones juris canonici (Neapoli 1785; ried. 1793), dopo una panoramica sulle fonti e sui concordata stipulati con il Regno, illustravano analiticamente la gerarchia ecclesiastica, secondo dignità e competenze, con ampia considerazione per il complesso tema dei benefici e della giurisdizione. Con Delle leggi del Regno napoletano (I-III, Napoli 1784-1786; ed. rivisitata nel 1797), il giurista puntò a «formare un sistema del nostro Diritto pubblico e privato in volgare idioma» (1797, I, p. 4), comprensibile da «cicchessia» (p. 8).
In realtà, intese migliorare il lavoro sinteticamente espresso negli Elementi, conferendogli maggior respiro culturale e così, oltre a «unire le astratte teorie alla nuda pratica delle materie», lo implementò alla luce dei recenti progressi ordinamentali. Tra le tante novità e inclusioni rilevabili nell’opera si segnala il terzo tomo, contenente «un compito trattato de’ Magistrati del nostro Regno, e dell’ordine giudiziario per le cause civili, e criminali» (ibid.), in cui Corti di giustizia, riti giudiziari secondo tipologia e fasi, nonché «istituzioni» del diritto penale (ibid., III, pp. 195 ss.) fungevano da protagonisti assoluti.
È del 1792 il Discorso sulla riforma della Regia Università degli Studj di Napoli, un piano concepito sull’«esempio delle ben formate Università dell’Europa» (p. 254) e specialmente sulla base di criteri oggettivi e razionali, per sottrarre cattedre, concorsi, didattica e stipendi al pregiudizio e allo stallo endemico che li attanagliava. La proposta avversava le logiche formalistiche e corporative consolidate, per cui, come Valletta stesso mise in luce, conseguì l’approvazione solo di Giuseppe Maffei (Apologia della riforma della Regia Università degli Studi proposta dal prof. Nicola Valletta, s.n.t. [1792], p. 282) e il totale dissenso degli altri professori primari che, camuffato con obiezioni di ineseguibilità, finì per eclissarla. Lo stesso spirito pugnace trapelava dalla traduzione Del governo di François Fénelon (Napoli 1794), le cui intramontabili riflessioni di «politica filosofia» e i lucidi principi sulla sovranità regia (Prefazione, pp. VI s.) mostravano come il governo monarchico costituisse ancora l’unica soluzione in grado di assicurare stabilità, ordine e bene generale. Senza risparmiare Rousseau (nota 2, pp. 12 s.; nota 1, p. 164), con toni graffianti e nazionalistici Valletta si schierava contro i ciarlatani e le «orribili massime che oltremare, ed oltremonti, vengono a turbar una pace antica» (Prefazione, p. VII) e il dovere di fedeltà dei sudditi, accompagnate da ignoranza ed «empia follia» (p. XV). Tale impresa gli servì a dimostrare di aver respinto «le massime Repubblicane» (Napoli, Biblioteca nazionale, XIV.G.9/5) fugando i sospetti. Attraversò indenne la repressione postrivoluzionaria come onesto e «buon suddito» (Zazo, 1924, p. 517) e nel 1805 fu consultato in merito a un’ipotesi di globale riforma dell’istruzione pubblica.
Nel novembre del 1811 dovette lasciare la cattedra di diritto del Regno a Loreto Apruzzese, che aveva fatto richiesta di spiegare il vigente «codice civile napoleonico», in quanto autore di un commentario recentemente pubblicato (p. 518). Entrato in vigore un nuovo ordinamento degli studi, Valletta passò sull’insegnamento di diritto romano e venne riconosciuto decano della facoltà legale (Napoli, Biblioteca nazionale, S.Mart.714: U. Lampredi, Notizie..., c. 11).
Il brillante giurista fu anche un letterato di successo e un musicista. Socio della Reale Accademia di scienze e belle lettere della capitale, dialogò con le muse toscane e latine, e altresì con le partenopee. Famosa è la sua Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura (Napoli 1787, di cui sono note almeno altre quindici riproduzioni sino al 2004), trattatello semiserio ispirato da una «graziosa» commedia di Cirillo, I malocchi (nota 1, p. 56). Croce lo recensì sottolineandone l’ironia sottesa e, non meno, la sensibilità secolare di ogni strato sociale per il tema del cattivo augurio. L’opera fu edita insieme alle Canzonette, quarantatré «musicali Poesie» redatte nella verde età, che Valletta aveva cantato «con la cetra in mano» (Prefazione, p. n.n.) e che il filosofo del Novecento giudicò mediocri. Una raccolta di sonetti indirizzati agli amici per diletto o di genere sacro, prevalentemente in vernacolo, tra cui il De Profundis e il Miserere tradotti «per intelligenza del basso popolo Napolitano» (Napoli, Biblioteca nazionale, XIV.G.9/4), venne data alle stampe postuma con il titolo di Poesie inedite, su iniziativa del tipografo Luigi Nobile nel 1816 (pp. 52, 54). Anche l’Epistula ad Pisones di Quinto Orazio Flacco, che il giurista aveva «revotata a lengua nosta», appellandola Arazio a lo Mandracchio (Napoli, Biblioteca nazionale, S.Mart.714, cc. 31-83), rimase a lungo manoscritta (ed. a cura di A. Gentile, Caserta 2000). I suoi componimenti non sfuggirono ad Antoine Claude Valery, che lo appellò «spirituel poète». È datata 1783 Il tesoro... ritrovato, l’inedita commedia «dilettevole» destinata alle signore del «Monastero di A.S.P. di Arienzo» (Napoli, Biblioteca nazionale, XIV.G.9/3).
Come violinista suonò La Prosuntuosa delusa, un intermezzo musicale di Giuseppe Sigismondo, che nello stesso anno si rappresentò nella sua città natale. La nomina a revisore della Vita dell’abate Ferdinando Galiani scritta da Luigi Diodati (Napoli 1788) gli derivò probabilmente dalla condivisione del gusto per il dialetto napoletano, che l’intellettuale chietino aveva celebrato in un’apposita opera corredata di analisi storico-fonetica, di grammatica e vocabolario. Valletta fu autore anche del Giosuè al Giordano, un’azione drammatica musicata da Francesco Ruggi (Napoli 1804).
La vita strettamente privata rimane oscura, ma è certo che ebbe almeno due figlie, di cui una defunta «in fasce» (Cicalata..., cit., p. 58), l’altra madre del presidente di corte d’appello di Napoli Nicola de Renzis (Napoli, Biblioteca nazionale, S.Mart.714: P. Martorana, Al lettore, c. 8). Tra gli allievi si ricordano il penalista Niccola Nicolini (Simioni, 1925, p. 191) e i giudici della Gran Corte civile di Napoli, Agnello Carfora e Giuseppe Castaldi.
Sofferente di emottisi, Valletta morì a Napoli il 21 novembre 1814 a sessantasei anni; fu seppellito nella Congregazione di S. Andrea, di cui era confratello, eretta nell’atrio della chiesa di S. Pietro ad Aram. Castaldi compose l’epigrafe funeraria (De Rosa, 1824, p. 308).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Ministero affari ecclesiastici, voll. 372, 412, 419, 456, 469, 474; Napoli, Archivio storico del Banco di Napoli, Banco del Salvatore, Pandetta, a. 1770-1779; Banco dei Poveri, Pandetta, 17 dicembre 1779; Biblioteca nazionale, XIV. G.9/1-5; S.Mart.714: P. Martorana, Al lettore, cc. 1-8, U. Lampredi, Notizie sopra la vita, il merito e le opere del Professore Nicola Valletta, cc. 9-21; Biblioteca del conservatorio di S. Pietro a Majella, ms. Arie 586.7.
Catalogo de’ legali del Foro napoletano, Napoli 1784, p. 202; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del regno di Napoli, III, Napoli 1788, pp. 231 s.; C.A. De Rosa, Elogio di N. V., Napoli 1815, pp. 1-42; Id., Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del Regno di Napoli, I, Napoli 1824, pp. 303-309; D. Vaccolini di Cerreto, V. N., in Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti, a cura di E. de Tipaldo, III, Venezia 1836, pp. 430 s.; A.-C. Valery, Curiosités et anecdotes italiannes, Paris 1842, pp. 205-207, 384; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 363 s.; P. Martorana, Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori del dialetto napoletano, Napoli 1874, pp. 407 s.; M. Schipa, Il secolo decimottavo, e A. Zazo, L’ultimo periodo borbonico, in Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, ad ind.; A. Simioni, Le origini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, I, Napoli 1925, pp. 162, 191; B. Croce, La «Cicalata» di N. V., in Quaderni della “Critica”, dicembre 1945, n. 3, pp. 20-24; Arazio a lo Mandracchio. Volgarizzamento napoletano dell’Ars poetica di Q. Orazio Flacco. Manoscritto inedito del 18. sec. di N. V., a cura di A. Gentile, Caserta 2000; A. Gentile, N. V. insigne giurista del XVIII sec. poeta e traduttore in napoletano di opere latine sacre e profane, in Archivio storico di Terra di Lavoro, XVIII (2000-2001), pp. 9-13; F. Cammisa, L’Università di Napoli nella seconda metà del ’700. Documenti e profilo delle riforme, Napoli 2001, App. VII, N. Valletta, Discorso sulla riforma della Regia Università degli Studj di Napoli; App. VIII, Id., Apologia della riforma della Regia Università degli Studi; App. IX, F. Scandone, La Facoltà giuridica nella Università dei R. Studi in Napoli nel Settecento; I. Del Bagno, «Nisi utile est quod agimus, stulta est gloria». Le Institutiones juris neapolitani di Domenico Alfeno Vario, in Frontiera d’Europa, 2003, n. 2, pp. 184 s.; M.N. Miletti, Peregrini in patria. Percezioni dello ius regni nella giurisprudenza napoletana d’età moderna, in Il diritto patrio tra diritto comune e codificazione (sec. XVI-XIX), a cura di I. Birocchi - A. Mattone, Roma 2006, passim; I. Del Bagno, V., N., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), a cura di I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, p. 2014.