PISTELLI, Nicola
PISTELLI, Nicola. – Nacque a Castelfiorentino, in provincia di Firenze, il 6 ottobre 1929 da Mario e Olga Lucatti.
Sin dall’infanzia Pistelli sperimentò la forte passione per la politica accompagnata a una salda e radicata educazione cattolica. Il padre, avvocato, aveva infatti militato nelle file del Partito popolare italiano di Luigi Sturzo e, nel secondo dopoguerra, aveva aderito con convinzione alla nascente Democrazia cristiana (DC).
Nel 1937, insieme alla famiglia, si trasferì a Firenze, dove concluse gli studi primari e si iscrisse al liceo ginnasio Michelangelo di via della Colonna. Gli anni della giovinezza e della prima adolescenza segnarono l’inizio di un percorso di formazione e di maturazione che lo avrebbe portato a un impegno più attivo in campo religioso e giornalistico. Nel 1943, dopo aver frequentato per diversi anni la parrocchia di S. Ambrogio, infatti, si iscrisse alla Gioventù di Azione cattolica. Alla fine del 1945, in qualità di delegato della sezione aspiranti, promosse la pubblicazione di Caramba, un giornale murale mensile realizzato artigianalmente, allo scopo di dare voce a quei fermenti giovanili che più volte, poi, avrebbe ricordato con affetto e nostalgia. Il sempre maggiore coinvolgimento nella vita parrocchiale e l’importanza di sperimentare forme di partecipazione e di associazione nuove lo indussero a fondare, nel maggio del 1946, il Partito riformista ambrosiano e, poco dopo, il sindacato dei giornalisti parrocchiali.
Fu tuttavia nel periodo universitario che il bagaglio di esperienze maturate negli anni giovanili si tradusse nell’elaborazione di un progetto culturale e politico di più ampio respiro, orientato a creare le premesse per una riflessione più matura sulle sfide della contemporaneità e sul ruolo che sarebbe spettato ai cattolici impegnati in politica. Protagonista di questa nuova riflessione sarebbe stata quella ‘terza generazione’ di cattolici, nata durante il ventennio fascista e portatrice di una visione diversa da quella degli uomini della ‘prima generazione’, gli ex popolari, e della ‘seconda generazione’, i democratici cristiani. Per dar voce a questo nuovo fermento culturale promosse, tra il 1951 e il 1952, la pubblicazione di una nuova rivista, San Marco, fondata con Giorgio La Pira e Piero Ugolini, nata con l’intento di creare un ponte tra i giovani e la politica e allargare il confronto oltre i confini delle aule universitarie. Il periodico, che Pistelli diresse per due anni, fu un laboratorio originale di idee e proposte.
A partire dal valore etico dell’impegno politico dei cattolici, dal primato della morale nell’azione, fino ad arrivare a una concezione del rapporto tra fede e politica che avrebbe dovuto portare a una maggiore apertura nei confronti della società moderna e, soprattutto, a superare lo ‘stato di necessità’ in cui si erano trovati a operare i cattolici dopo la guerra, attuando una ‘rivoluzione democratica’ attraverso la formazione di una classe dirigente nuova.
Sulle pagine di San Marco Pistelli iniziò, così, a delineare i principi ispiratori di una battaglia che scelse di combattere non soltanto dalle pagine della rivista, ma attraverso un impegno politico personale, concretizzato nella decisione, maturata già nel 1950, di aderire alla DC, militando nelle file del movimento giovanile del partito e divenendone dirigente nazionale, ruolo che Pistelli avrebbe accettato con la condizione di non lasciare Firenze per Roma.
Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita con una tesi in diritto internazionale sulla Differenza del concetto di neutralità nella Società delle Nazioni e nelle Nazioni Unite, e un periodo di collaborazione con lo studio legale paterno che sarebbe durato quattro anni, Pistelli decise di dedicarsi a tempo pieno alle sue vere passioni: la politica e il giornalismo. Certamente su questa scelta pesò il rapporto con La Pira, iniziato proprio tra i corridoi universitari, dove il futuro sindaco di Firenze insegnava istituzioni di diritto romano. Un rapporto nato all’insegna della diffidenza reciproca (Cappelli, 1995, p. 20), ma destinato a tradursi in una feconda e lunga collaborazione sul piano politico locale e nazionale. E pesò, altrettanto, la ferma convinzione che il giornalismo non fosse solo strumento di diffusione e di propaganda, ma occasione di sensibilizzazione, di ‘risveglio’, di formazione di un pensiero da tradurre in azione concreta.
Furono quelli gli anni in cui il dibattito interno alla DC avrebbe cominciato ad assumere tratti sempre più marcati, sia a livello periferico sia centrale. Le riflessioni sul ruolo svolto dai cattolici negli anni della transizione al postfascismo, sul sistema di alleanze messo in piedi dal centrismo, sulle nuove sfide alla governabilità e alla democrazia, avrebbero creato uno spazio affinché le istanze dei giovani, quelle cui Pistelli aveva sempre cercato di dare voce, potessero affermarsi. Dalla sua Firenze partecipò attivamente a questo confronto schierandosi, nel presente, in difesa di De Gasperi e della sua politica, ma dando una precisa indicazione sull’orientamento futuro del partito: spettava ai cattolici superare la funzione di supplenza giocata fino a quel momento in vista dell’attuazione di un progetto ‘rivoluzionario’, finalizzato a rompere quell’equilibrio tra l’‘antifascismo senza eroi’ della seconda generazione e un pericoloso anticomunismo di cui diffidare, ma sempre più forte, nelle file della DC.
Una politica nuova, dunque, in grado di guardare oltre gli spettri degli scontri di classe e capace di recuperare il dialogo tra le ‘forze sane’ del Paese: quelle classi, media e operaia, che avrebbero insieme dovuto rappresentare la base portante del nuovo Stato repubblicano e democratico.
Nel vivace e talvolta severo dibattito che segnò la vita interna della DC nella metà degli anni Cinquanta, l’esperienza politica fiorentina servì a Pistelli da trampolino di lancio per un progetto destinato a superare i confini del localismo, senza tuttavia perdere mai di vista l’importanza che quel laboratorio politico aveva avuto nella sua formazione. Usando lo strumento che sempre predilesse, la scrittura, nel 1954 dette alle stampe un opuscolo intitolato La Pira, la Pignone e la questione delle Cascine, in cui, intervenendo sul caso nato dalla decisione della SNIA (Sanità Navigazione Industriale Applicazione) Viscosa di liquidare l’azienda e licenziare 1750 dipendenti, ribadì l’urgenza di agire in difesa della ‘povera gente’, riconoscendo che la posizione assunta dal sindaco di Firenze La Pira, che pure tante polemiche aveva suscitato, non incarnava altro che «una nuda esigenza morale che, per sentirsi tradita dalla presente struttura politica, cerca nuove forme di rapporto e di convivenza umana» (ibid., p. 80). Nelle sue scelte non mancò mai di coniugare, dunque, l’interesse per la politica municipale con le esigenze della politica nazionale, nella convinzione che l’una fosse presupposto per la miglior comprensione dell’altra.
Nel 1955 fu eletto vicesegretario provinciale della DC e iniziò ad avvicinarsi alla corrente di base, fondata da Aristide Marchetti nel 1953, divenendone esponente di primo piano. Il 1° luglio 1955, insieme a Edoardo Speranza, fondò un nuovo quindicinale, Politica, destinato a diventare punto di riferimento culturale e politico non soltanto per la corrente di sinistra della DC, ma per un ben più vasto pubblico di lettori. Dalle colonne del periodico Pistelli avrebbe combattuto la sua battaglia.
A partire dal richiamo al mondo cattolico, quel retroterra popolare da risvegliare per costruire un modello democratico più moderno, in cui conciliare la libertà con il primato della giustizia sociale. E ancora, il riferimento alla laicità, alla moralità e all’etica dell’azione, ancora più urgenti per un partito di ispirazione cattolica.
Le battaglie più importanti furono quelle condotte sui due grandi temi posti dalla morte di De Gasperi (1954) e dalla successione della seconda generazione: il problema del partito e la definizione del sistema di alleanze. Da consigliere nazionale della DC, eletto in occasione del Congresso nazionale di Trento dell’ottobre 1956 in rappresentanza della lista della sinistra di base, e da membro del Consiglio comunale di Firenze, Pistelli difese strenuamente l’idea del partito come luogo di formazione democratica e di sperimentazione; attaccò più volte la tendenza alla burocratizzazione e all’eccessiva subordinazione all’azione di governo e lottò contro la ‘correntizzazione’, intesa come mera logica numerica di potere alla quale opporre invece il peso delle idee e della strategia politica. Sul piano delle alleanze sostenne l’opportunità dell’ingresso del Partito socialista italiano (PSI) nell’area di governo, non tacendo certamente le differenze culturali e ideologiche, ma vincolando quell’operazione a un processo di revisione politica, tanto nell’universo cattolico quanto in quello socialista, che consentisse la convergenza su una piattaforma programmatica concretamente riformista. Convergenza che avrebbe consentito di modificare anche il rapporto con il Partito comunista italiano (PCI): occorreva costringerlo a uscire dall’isolamento e sottrargli il ‘monopolio’ di tutore della moralità pubblica (Pistelli, 1967, p. XVIII).
Se sul piano nazionale l’approdo alla nuova formula di governo avrebbe richiesto un lavoro di preparazione e di elaborazione lento e non privo di ostacoli, sul piano amministrativo locale la formazione delle giunte di centrosinistra avrebbe visto una genesi più rapida. Proprio a Firenze, nel 1960, Pistelli entrò a far parte della prima giunta di centrosinistra come assessore ai Lavori pubblici. Il nuovo incarico, che lo vide ancora una volta a fianco di La Pira, lo portò a percepire ancor più da vicino le esigenze della comunità locale, senza perdere di vista le battaglie combattute sui grandi temi della politica nazionale: dagli ammonimenti per un centrosinistra di programma e non di formula, all’attenzione per le questioni di politica internazionale, sua passione dagli anni universitari. Queste battaglie gli permisero di essere nuovamente eletto, in occasione del Congresso nazionale della DC del gennaio del 1962, consigliere nazionale e nel 1963 deputato al Parlamento nella circoscrizione elettorale di Firenze-Pistoia. Come parlamentare Pistelli si adoperò per la presentazione di un progetto di legge a favore del riconoscimento dell’obiezione di coscienza, tornò sul timore che il centrosinistra, ormai realizzato, si risolvesse in puro tatticismo, e auspicò l’apertura di un dialogo con il PCI in vista della costruzione di un clima politico nuovo «che consideri i comunisti portatori anch’essi di esigenze popolari legittime e profonde» (ibid., p. XX).
Morì il 17 settembre 1964, a seguito di un incidente automobilistico in cui rimase coinvolto sull’incrocio dell’Arnaccio, nei pressi di Pisa, di ritorno dall’XI Congresso della DC svoltosi a Roma dal 12 al 16 settembre. Lasciò la moglie, Tiziana, e i tre figli, Alessandra, Simeone e Lapo.
Opere. Dieci anni nella Democrazia cristiana, Firenze 1956; Scritti politici, a cura di E. De Mita, Firenze 1967.
Fonti e Bibl.: G. Di Capua, N. P., Roma 1972; M. Lancisi, La proposta politica di N. P.: dall’anticomunismo delle Cascine al centrosinistra ‘aperto’ (1954-1964), Figline Valdarno 1984; A. Scivoletto, N. P., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, a cura di F. Traniello - G. Campanini, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1984, pp. 512-516; Quando i cattolici costruivano la democrazia. Riflessioni su N. P., a cura di G. Campanini et al., Roma 1985; I. Mariotti, La sinistra democristiana di N. P.: gli anni della formazione, in Farestoria, 1989, n. 12, pp. 3-12; G.P. Cappelli, N. P.: la Dc dimenticata, Brescia 1995.