NISCO, Nicola
NISCO, Nicola (Niccola). – Nacque a Sant’Agnese, frazione di San Giorgio la Montagna (oggi San Giorgio del Sannio) – nel Regno di Napoli – il 29 settembre 1816, primogenito di Giacomo, possidente, e di Onorata Corona.
La famiglia Nisco, tra le più agiate e ragguardevoli del luogo, si era trasferita a San Giorgio alla fine del Settecento, dal paese di Terranova (Benevento). Il padre, carbonaro e liberale, aveva subito la prigionia politica tra il 1821 e il 1825. La madre, di famiglia benestante, era originaria di Teora (Avellino).
Formatosi presso il collegio dei Barnabiti ad Avellino, alla scuola del fisico e filosofo giobertiano Luigi Palmieri, si trasferì poi a Napoli dove si laureò in giurisprudenza nel 1838, coltivando da subito la passione per la storia e per la scrittura. Sempre a Napoli, frequentando lo studio di Giuseppe Poerio per la pratica avvocatizia, si inserì nei circoli sociali e intellettuali più raffinati. In tali ambiti, conobbe la nobile di origini bavaresi Adele de Stedingkche sposò, appena sedicenne, il 26 ottobre 1843, e dalla quale ebbe nove figli (Adolfo, Adriano, Beatrice, Carlo, Eleonora, Eugenia, Giacomo, Laura, Olimpia). Entrò inoltre in relazione con personaggi di formazione liberale, tra i quali Silvio Spaventa, Sigismondo Castromediano e Carlo Poerio, con alcuni dei quali avrebbe condiviso l’esperienza della prigionia politica seguita alla dura repressione attuata da Ferdinando II dopo il 1848.
Per il sovrano napoletano – considerato inizialmente di spirito riformatore – il barone Nisco fece parte della guardia d’onore e praticò da apprendista presso il ministero degli Affari Esteri; se ne allontanò progressivamente di fronte alla manifesta ostilità del re verso la concessione di libertà costituzionali. L’ispirazione al liberalismo neoguelfo – evidente nelle due opere incompiute I papi e la moderna civiltà (1846) e Storia dell’amministrazione civile del regno di Napoli (1847) – permeò il suo impegno politico, che si intensificò nel periodo costituzionale. Non eletto nel Parlamento del 1848, sostenne l’idea liberale, con un’azione di propaganda rivoluzionaria e con un’intensa attività pubblicistica sui periodici Il Nazionale e l’Unione. Accusato di cospirazione, fu arrestato il 13 novembre 1848; sottoposto al ‘processo alla setta dell’Unità italiana’, fu condannato a 30 anni ‘di ferri’, di cui ne scontò 11 nelle carceri più dure del regno (Nisida, Ischia, Montefusco e Montesarchio). Nel 1859, quando Ferdinando II graziò i prigionieri politici con l’esilio, Nisco – rifiutato dalla Baviera – fu inviato a Malta da dove, due mesi dopo ripartì per Firenze, riunendosi – nel luglio 1859 – alla famiglia e a molti esuli napoletani. A Firenze, grazie alla collaborazione con Bettino Ricasoli, ottenne l’insegnamento di economia sociale presso la sezione legale del Real istituto di perfezionamento.
Contemporaneamente, nominato socio corrispondente dell’accademia dei Georgofili, iniziò a scrivere per il quotidiano La Nazione, avviando successivamente intense collaborazioni anche con la Gazzetta di Napoli, Il Mattino, il Don Marzio, il Nazionale ecc. Liberista convinto, ispirato alle idee di Frédéric Bastiat, Michel Chevalier e Henry Charles Carey, fu un profondo conoscitore della scienza economica, cui contribuì con apporto empirico, legando la propria elaborazione all’osservazione dei problemi correnti, come la questione bancaria e la funzione del credito, due temi centrali del dibattito di politica economica del suo tempo. Sul piano dottrinario si espresse a favore del pluralismo di emissione e, rispetto alla circolazione, mostrò sintonia con la banking school inglese, assegnando un ruolo determinante per la crescita al credito, di cui richiamava l’elemento morale mutuato da Antonio Genovesi. Tali interessi, esplicitati nella Prolusione al suo corso (1859) e in La moneta e il credito - prolegomeni (Firenze 1859), furono costantemente ripresi negli scritti del ventennio successivo e in Parlamento nella veste di deputato.
L’esperienza d’insegnamento durò appena un anno. Chiamato da Cavour a Torino, fu inviato a Napoli nel luglio 1860 per contribuire ad accelerare la resa di Francesco II. Tale incarico gli aprì l’opportunità, nel 1861, di ricoprire il ruolo di direttore del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio della luogotenenza Carignano, carica che abbandonò tre mesi dopo per incompatibilità con l’elezione a deputato nel collegio di San Giorgio la Montagna. In Parlamento sedette come deputato della Destra ininterrottamente dal 1861 al 1874, ricoprendo peraltro un ruolo sempre marginale nella definizione degli indirizzi politico-economici del nuovo Stato.
Le gravi difficoltà finanziarie che i governi della Destra storica dovettero affrontare per consolidare il processo di unificazione, rendevano strategica la costruzione di un sistema bancario nazionale, caratterizzato dalla banca unica di emissione e dall’accentramento del credito fondiario (convenzione Fremy 1862), necessario quest’ultimo per la realizzazione del programma di alienazione dei beni del demanio pubblico e dell’asse ecclesiastico. Tali programmi incontrarono le maggiori resistenze da parte dei deputati meridionali che sostennero la polemica liberista e agricolturista – funzionale agli interessi della grande proprietà – portata avanti dal Banco di Napoli.
Nella complessa vicenda della scelta tra unicità o pluralismo del sistema di emissione, Nisco sostenne la pluralità e – contro il progetto di Quintino Sella di banca unica con affidamento a essa del servizio di Tesoreria – nel dicembre 1865, presentò un’interpellanza che provocò la caduta del governo La Marmora. Nell’opporsi a tale progetto sosteneva una politica creditizia che, convogliando capitali in opere pubbliche e credito all’agricoltura, stimolasse la crescita del Mezzogiorno. Su tale linea, riteneva necessaria una trasformazione del Banco di Napoli da istituto «infeudato ai commercianti e alla grossa borghesia» a istituto capace di assicurare il credito «anche alla proprietà immobiliare e alla industria agricola» (Il Banco di Napoli. Lettere del deputato N. N., Napoli 1866, pp. 8-12). Sviluppo capitalistico delle campagne e rapporto tra credito e rinnovamento agrario furono i punti sui quali si distaccò in parte dalle posizioni del ceto agrario meridionale dominante, appoggiando, come esponente della Destra moderata, gli interessi e le spinte al rinnovamento della piccola borghesia rurale. L’opposizione all’accentramento del credito fondiario della convenzione Fremy (decaduta nel 1864) si fondava sulla convinzione che un uso distorto del credito a favore delle classi dominanti avrebbe prodotto ulteriori squilibri sociali nelle campagne. Su tali basi Nisco si fece sostenitore della necessità di una specializzazione e complementarità tra credito fondiario (da esercitarsi da parte del Banco) e credito agrario (da diffondersi attraverso l’azione capillare delle casse di risparmio a favore dei piccoli conduttori di terreni). Molte delle sue riflessioni in tema bancario furono sviluppate nel citato volume Il Banco di Napoli ..., scritto celebrativo delle antiche tradizioni del Banco ma lontano da prospettive autonomiste. Per il Banco di Napoli fu membro del Consiglio Generale e, per sette mesi tra il 1866 e il 1867, direttore della sede di Firenze.
Lo sviluppo del territorio fu un cardine dell’azione politica di Nisco oltre che in materia bancaria anche in tema di politica infrastrutturale, come mostra il suo intervento nell’ambito della riorganizzazione della rete ferroviaria nazionale del 1865, quando ottenne la deviazione della trasversale appenninica meridionale per Benevento.
Con l’avvento della Sinistra e l’inizio del trasformismo, si ripresentò senza successo alle elezioni del 1876 e del 1880. Nel 1881 si ritirò dalla vita politica e l’anno seguente tornò stabilmente a Napoli. Gli anni successivi furono caratterizzati dalla ripresa degli studi storici e da un’intensissima attività pubblicistica.
Tra le opere più rilevanti, la Storia civile del Regno d’Italia dal 1848 al 1870 (Napoli 1885-92), scritta su commissione del re Umberto I, e Gli ultimi trentasei anni del reame di Napoli (1824-60) (ibid. 1884-89). Seguirono molti scritti di carattere vario, tra i quali quelli commemorativi per Michele Pironti (Benevento 1885), Silvio Spaventa (Benevento 1893) e per la moglie, morta nel 1891 (Napoli 1891), e celebrativi come quello su Francesco Caracciolo (Napoli 1900), scritto per il centenario della rivoluzione napoletana del 1799.
Morì il 25 agosto 1901 a San Giorgio la Montagna.
Per un elenco completo delle sue opere si rimanda a quello redatto dal figlio Adriano, Ricordi biografici di N. N., Napoli 1902.
Fonti e Bibl.:Biella, Fondazione Sella, Carte Quintino Sella, serie Carteggio, f. Nisco; Napoli, Arch. del Banco di Napoli, CdA, pandette 6 e 7, a. 1866; Affari Generali, Contenzioso personale, a. 1866; Fascicoli del personale, cart. 193, f. 2586; Atti parlamentari, Camera dei deputati, sess. 1861-62, s. documenti, vol. III, pp. 1977-2004; sess. 1865-66, s. discussioni, pp. 383 ss.; Atti della Reale Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, n.s., 1860, vol. 7, pp. XVII s. e XXII; ll credito fondiario Fremy, Pereire, Belinzaghi e simili, Lugano 1863; M. Moscarini, N. N., in Dizionario del Risorgimento Nazionale, III, Le persone, Milano 1933, pp. 706-708; Encicl. biografica e bibliogr. «italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, Roma 1941, pp. 250 s.; D. Demarco, Banca e congiuntura nel Mezzogiorno d’Italia, I. 1809-1863, Napoli 1963, pp. 25, 368 s., 371-73, 424; L. De Rosa, Il Banco di Napoli nella vita economica nazionale, 1863-1883, Napoli 1964, pp. 19-248; A. Capone, L’opposizione meridionale nell’età della Destra, Roma 1970, pp. 60 n., 200, 211, 307 n.; A. Zazo, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli 1973, ad vocem; A. Scirocco, Il Mezzogiorno nell’Italia Unita, Napoli 1979, pp. 189-237; G. Aliberti, Strutture sociali e classe dirigente nel Mezzogiorno liberale, Roma 1979, pp. 285-320; M. Augello et al., Le cattedre di economia politica in Italia. La diffusione di una disciplina «sospetta» (1750-1900), Milano 1988, pp. 291-301; Società italiana degli storici dell’economia, Credito e sviluppo economico in Italia dal medio evo all’età contemporanea, Atti del I Convegno naz. …1987, Verona 1988, pp. 613-621.