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GRIMALDI, Nicola

di Ennio Speranza - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)
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GRIMALDI, Nicola (Nicolò, Nicolino; detto anche Nicolini)

Ennio Speranza

Figlio di Nicola Francesco Leonardo e Barbara Santoro, nacque a Napoli, ove fu battezzato nella parrocchia di S. Anna il 5 apr. 1673.

Il fratello Antonio Maria, pur avendo abbracciato la carriera ecclesiastica, fu un ottimo tenore, tanto da essere assunto nel 1693 come cantante nella Reale Cappella di Napoli, mentre la sorella Caterina Speranza sposò nel novembre 1701 il compositore Nicola Fago.

Il G. intraprese gli studi musicali come evirato cantore presso il conservatorio napoletano della Pietà dei Turchini, dove fu notato da Francesco Provenzale. Il suo debutto teatrale risale al 1685, quando, dodicenne, interpretò il ruolo del paggio Armillo nella ripresa dell'opera Difendere l'offensore ovvero La Stellidaura vendicante, musicata appunto dal Provenzale, andata in scena al teatro dei Fiorentini. In questo periodo della carriera il G. fu apprezzato per la voce sopranile, che venne scurendosi con il passare degli anni fino a stabilizzarsi nel registro di contralto.

Nel 1686 è assai probabile che abbia preso parte, insieme con Matteuccio (A. Sassano), alla messa in scena del Clearco in Negroponte di A. Scarlatti, rappresentata il 21 dicembre a palazzo reale per celebrare il compleanno della regina madre Marianna d'Austria. Nel 1690 il G. successe all'apprezzato Antoniello di Montesarco nella cappella del Tesoro di S. Gennaro. Dal 5 genn. 1691 divenne musico soprano stabile anche presso la Reale Cappella, con la paga di 10 ducati al mese, portati a 14 nel 1695. Venne quindi scritturato per le stagioni 1697 e 1698 per una serie di opere andate in scena a Napoli al teatro S. Bartolomeo, tra le quali L'Ajace di C.A. Lonati e P. Magni (Idraspe, 16 nov. 1697), La caduta de decemviri (Icilio, 15 dic. 1697) e Il prigionierofortunato (Arconte, 14 dic. 1698) di A. Scarlatti, IlMuzio Scevola di ignoto (Ismeno, 1698), Tito Manlio (Decio, 1698) di C.F. Pollarolo, e LaPartenope (Emilio, 1699) di L. Manzo.

Nel 1701 il suo stipendio di musico presso la Reale Cappella venne aumentato a 24 ducati, che dovevano essergli corrisposti anche se "assente da Napoli per cose del Real servizio" (Beard, col. 1775). Il G. in quel periodo fu attivo a Parma, Bologna, Genova, Reggio e Venezia. Qui soprattutto consolidò la propria fama ricevendo nel 1705 il titolo di cavaliere della Croce di S. Marco per l'interpretazione nell'Antioco di F. Gasparini (autunno, teatro S. Cassiano). Altre importanti rappresentazioni che lo videro attivo a Venezia furono l'Ambleto, sempre del Gasparini (ibid., Carnevale 1705), La Partenope (Arsace, teatro S. Giovanni Crisostomo, 1707) e Il selvaggio eroe (Abida, ibid., 1707) di A. Caldara, e l'Alessandro in Susa di L. Mancia (Alessandro, ibid., 1708).

Nell'autunno 1708, sembra senza invito ufficiale o scrittura particolare, il G. si trasferì a Londra, per poi esordire al Queen's theatre il 14 dicembre dello stesso anno nel Pirro e Demetrio di A. Scarlatti nell'arrangiamento di N.F. Haym. Quindi si esibì come Prenesto nella Camilla di G. Bononcini (1709) e nei pasticci Clotilda e Thomyris Queenof Scythia.

Nel maggio 1709 stipulò con l'impresario del Queen's theatre, O. Swiney, un contratto triennale che prevedeva uno stipendio di 800 ghinee, più un'aggiunta di 150 sterline per ogni opera adattata e curata appositamente dal contraltista per le scene inglesi. Nonostante alcuni contrasti di natura economica con lo Swiney, il G. fu prodigo di consigli nei confronti dell'impresario suggerendogli di imitare amministrativamente il fortunato modello veneziano. Il successo si consolidò nella stagione seguente con Almahide (1710, Almiro), prima opera interamente eseguita in italiano, sebbene con intermezzo in inglese, ma soprattutto con L'Idaspe fedele di F. Mancini (6 marzo 1710), nella quale il G. fu protagonista e probabilmente anche adattatore, tenendo conto che la dedica del libretto è firmata da lui stesso. In quest'opera fece scalpore la ridicola scena del combattimento con il finto leone, letteralmente presa di mira dagli scrittori satirici inglesi denigratori dell'opera italiana e soprattutto da J. Addison (The Spectator, 15 marzo 1711), ma che infiammò il grande pubblico e, a quanto riporta lady Mary Wortley Montagu, le signore presenti in sala, visto che il G. si dibatteva sulla scena mezzo nudo.

Dopo l'Etearco di G. Bononcini, apparso il 10 genn. 1711, il G. cantò nel ruolo di protagonista alla prima assoluta del Rinaldo di G.F. Händel, avvenuta il 24 febbraio dello stesso anno al Queen's theatre. Fu questa una delle interpretazioni più importanti e celebrate, che il G. replicò successivamente nel 1712, 1715 e 1717. Con lo scadere del contratto, dopo aver cantato a Dublino con la prima compagnia italiana giunta in Irlanda (marzo 1711), e aver interpretato ancora a Londra un Antioco (12 dic. 1711) e un Ambleto (27 febbr. 1712) di Gasparini, oltre a un Ercole di ignoto (3 maggio 1712), il G. lasciò l'Inghilterra. Addison affermò che stavano perdendo "the greater performer in dramatic Music that is now living or that perhaps ever appeared upon a stage" (The Spectator, 14 giugno 1712).

Prima di far ritorno a Napoli nell'agosto del 1713, come riportano gli entusiastici Avvisi napoletani, il G. si esibì al teatro S. Cassiano di Venezia ne Le gare generose di T. Albinoni (Arminio, autunno 1712), quindi nella stagione di Carnevale 1713, ne La verità nell'inganno di F. Gasperini (Atalo) e ne I veri amici di A. Paulati (Evergete). Dall'Inghilterra il G. riportò la reliquia del bastone di s. Giuseppe che ogni anno, alla festa del santo, secondo gli Avvisi, aveva l'abitudine di esporre nella propria casa "con ogni più eccellente solennità di Apparato e Musica" (Faustini-Fasini, p. 305). Le stagioni 1713-14 e 1714-15 al teatro S. Bartolomeo di Napoli furono ricche di titoli, tra i quali spiccano il Porsenna di A. Lotti (Muzio Scevola, 19 nov. 1713) e le opere di Scarlatti Scipione nelle Spagne (Lucejo, 21 genn. 1714), Arminio (novembre 1714) e Tigrane (Carnevale 1715).

A maggio il G. fece ritorno in Inghilterra, prendendo parte, tra le altre opere, alla prima di Amadigi di Gaula di Händel (25 maggio 1715). Il 18 apr. 1716 cantò insieme con Antonio Bernacchi, esordiente sulle scene inglesi, nel Clearte, ignoto rifacimento de L'amor volubile e tiranno di Scarlatti; nell'aprile 1717 diede l'ultimo concerto in Inghilterra. Dopo essere nuovamente apparso nei teatri veneziani di S. Cassiano e S. Giovanni Grisostomo in opere di Albinoni, Bononcini e M. Gasparini, riassunse la direzione del S. Bartolomeo di Napoli, cantandovi ne La fede ne' tradimenti di D. Sarro (Fernando, maggio 1718). Seguirono una ripresa del Rinaldo con aggiunte di L. Leo, data il 1° ottobre al palazzo reale, e l'Arsace di Sarro. Nel gennaio 1719, insieme con Marianna Benti Bulgarelli e al contralto bolognese G.B. Minelli, cantò nella serenata di L. Leo che egli stesso organizzò nel proprio palazzo nella strada di Chiaia per festeggiare le vittorie siciliane dell'ammiraglio britannico George Byng. Il 4 febbraio, al S. Bartolomeo, allestì e interpretò la novità scarlattiana Cambise. Il 1721 lo vide trionfatore con l'opera Arianna e Teseo di Leo, nella quale, come riportano gli Avvisi, si meritò "ad alta voce il viva" (Faustini-Fasini, p. 308), soprattutto per la scena del combattimento di Teseo con il Minotauro. Dal 1722 in poi la carriera del G. non conobbe praticamente soste e si dipanò principalmente tra Napoli e Venezia. Il G. vi apparve nei maggiori teatri, spesso a fianco di virtuosi di rinomata fama tra cui la Benti, Francesca Cuzzoni, Vittoria Tesi, Bernacchi, G.B. Carestini, e C. Broschi, il celebre Farinelli. Con quest'ultimo cantò nel Carnevale 1729 al S. Giovanni Crisostomo nel Catone in Utica di Leo, in Semiramide riconosciuta di Porpora e nel pasticcio L'abbandono di Armida di A. Pollarolo, e nel Carnevale seguente in Artaserse di J.A. Hasse, in Idaspe di R. Broschi e nel Mitridate di G.A. Giaj.

Sebbene la voce del G. fosse ormai in declino, la sua recitazione era ancora tenuta in grande considerazione. Alla fine del 1731 fu chiamato al S. Bartolomeo di Napoli per sostenere il ruolo di Marziano nella prima opera di G.B. Pergolesi, La Salustia, ma si ammalò gravemente e morì l'1° genn. 1732, poco prima della rappresentazione.

Presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia si conservano sette caricature del G. a opera di Anton Maria Zanetti.

Sicuramente il G. può essere annoverato fra i più apprezzati cantanti del primo Settecento. Secondo il Burney le sue doti di attore erano pari, se non superiori, a quelle di grande cantante, e il medesimo giudizio è riscontrabile presso molti contemporanei. Proprio questa capacità a tutto tondo riuscì a imporre il G. nel panorama operistico inglese. All'indomani del Pirro e Demetrio, Richard Steele affermò che poteva ritenersi "pienamente soddisfatto nel vedere un attore che con la grazia e la proprietà della sua recitazione e della sua mimica fa onore alla figura umana. […] Con la recitazione dà risalto al personaggio come con la voce alle parole. Ogni membro del corpo e ogni dito contribuisce alla parte che egli interpreta al punto che con lui anche un sordo riuscirebbe a coglierne il senso" (TheTatler, 3 genn. 1709; trad. in Beard, col. 1775). Simili osservazioni espresse anche J.E. Galliard in una nota della traduzione inglese del trattato di P.F. Tosi Opinioni de' cantori antichi e moderni (Galliard, p. 152), sostenendo che nessuno dei successori del G. raggiunse mai un così felice connubio tra doti vocali e genuino talento istrionico.

Fonti e Bibl.: J.E. Galliard, Observations of the florid song, or sentiment on the ancient and modern singers, London 1743, p. 152; Ch. Burney, A general history of music from the earliest ages to the present period, IV, London 1789, pp. 207 s., 233 s., 249-252, 537; T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia 1897, ad indicem; C.A. Ricci, I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII, Bologna 1888, pp. 97, 132; S. Fassini, Il melodramma italiano a Londra nella prima metà del Settecento, Torino 1914, passim; S. Di Giacomo, Musicisti e istromenti al Tesoro di S. Gennaro nei secoli XVII e XVIII, Napoli 1920, passim; F. Häbock, Die Kastraten und ihre Gesangkunst, Stuttgart 1927, pp. 270 s., 467; E. Faustini-Fasini, Gli astri maggiori del "bel canto" napoletano: il cav. N. G. detto Nicolini, in Note d'archivio per la storia musicale, XII (1935), pp. 297-316; U. Prota-Giurleo, Breve storia del teatro di corte e della musica a Napoli nei sec. XVII-XVIII, in Il teatro di corte del Palazzo Reale di Napoli, Napoli 1952, pp. 9-149; A. Heriot, I castrati nel teatro d'opera, Milano 1962, pp. 147-153; The Spectator, a cura di D.F. Bond, London 1965, I, pp. 23, 55-60; II, pp. 305, 445; III, pp. 138 s., 513 s.; M. Wortley Montagu, Complete letters, I, 1708-1720, a cura di R. Halsbond, Oxford 1965, pp. 22 s.; P. Barbier, Gli evirati cantori, Milano 1991, pp. 20, 50, 81-83, 96, 106, 111, 120, 150, 163, 166; H.R. Beard, G., N., in Enc. dello spettacolo, V, Roma 1958, coll. 1774-1777; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, II, pp. 336 s.; Enc. della musica (Ricordi), II, p. 363; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, pp. 331 s.; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XVII, pp. 878 s. (s.v. Nicolini).

Vedi anche
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