GRANELLO, Nicola
Figlio del pittore Nicolosio e di Margherita, nacque a Genova intorno alla metà del XVI secolo.
La data di nascita dell'artista si deduce dal fatto che nell'aprile del 1571 fu nominato a Madrid da Filippo II d'Asburgo pittore di corte e, a tale data, egli doveva aver raggiunto quindi come minimo la maggiore età (Zarco).
Il G. è documentato per la prima volta nel maggio del 1568, quando insieme con la madre Margherita (andata sposa in seconde nozze al pittore Giovanni Battista Castello, detto il Bergamasco), e con il fratellastro Fabrizio Castello, raggiunse il patrigno in Spagna (Gerard), dove quest'ultimo svolgeva l'importante incarico di pittore e architetto di corte, concessogli il 5 sett. 1567. A partire dall'agosto del 1569, successivamente alla morte del Bergamasco avvenuta nel giugno dello stesso anno, il G. venne inserito nel gruppo di artisti formatosi intorno alla personalità del maestro in occasione delle fabbriche promosse dalla corte spagnola, ricevendo un compenso mensile di 15 ducati (Rosso del Brenna). È plausibile pertanto ipotizzare un primo apprendistato del G. nella rinomata bottega genovese del Bergamasco, probabilmente all'inizio degli anni Sessanta del Cinquecento.
Se i primi interventi furono realizzati dal G. verosimilmente proprio nell'ambito dei cicli pittorici commissionati dall'aristocrazia genovese al Bergamasco intorno alla metà del settimo decennio del Cinquecento, è in seguito al successivo trasferimento a Madrid che il pittore acquisì, inizialmente sempre sotto la direzione del Bergamasco, una piena padronanza delle proprie capacità di frescante. Egli riuscì infatti a conquistare, nonostante la giovane età e il vasto numero di maestranze riunite intorno alla corte madrilena, un ruolo tutt'altro che secondario nell'ambito dei vari cantieri avviati per volere di Filippo II e, in particolare, nella complessa decorazione di numerosi ambienti del monastero reale di S. Lorenzo all'Escorial, presso Madrid, prevalentemente affidata alla consolidata squadra di artisti che, guidati dal Bergamasco, avevano partecipato in precedenza all'esecuzione di vari cicli d'affreschi all'interno di numerose residenze reali.
Grazie proprio al favore riscosso presso i nobili spagnoli da questo gruppo di artisti italiani capeggiato dal pittore Romolo Cincinnato e composto, tra gli altri, oltre che dal G. e dal fratellastro Fabrizio, dai pittori Francesco e Gian Maria da Urbino, dal doratore Francesco de Viana e dallo stuccatore Pietro Milanese, il G. ebbe modo di emergere come il più dotato continuatore del ricercato lessico del Bergamasco. Si tratta di un linguaggio profondamente improntato a modelli culturali di matrice romana che permise all'artista di ottenere una piena e duratura fiducia da parte del re e, di conseguenza, un notevole numero di commissioni legate in particolare proprio al continuo ampliamento del complesso dell'Escorial.
Nominato nel 1571 pittore di corte da Filippo II, il G. venne incaricato di mantenere il fratellastro Fabrizio, dovere compiuto sino al 1577, anno in cui il suo salario mensile aumentò a 20 ducati (Cuevas Zarco). Risalgono proprio ai primi anni Settanta alcuni lavori, oggi perduti, realizzati dal G. insieme con Francesco da Urbino e gli altri pittori usciti dalla bottega del Bergamasco, nella casa del Bosque di Segovia, nell'Alcázar di Madrid e al Pardo. A partire dal 1581 il G. fu assiduamente impegnato ad affrescare alcuni ambienti dell'Escorial, sempre con le stesse maestranze; in quello stesso anno, unitamente a Francesco da Urbino, esecutore dei riquadri principali, realizzò alcune parti secondarie degli affreschi visibili nella volta della cella bassa del priore e raffiguranti alcuni episodi biblici e grottesche; il ciclo fu terminato dal solo G. nel 1589 con l'intervento di Romolo Cincinnato.
In questi anni il G. svolse anche il compito di intermediario per l'acquisto di opere fatte giungere dall'Italia; nel 1581 venne pagato dalla Corona spagnola per un dipinto raffigurante il Martirio di s. Lorenzo di Luca Cambiaso, mentre due anni dopo percepì un compenso relativo a due tele realizzate rispettivamente dal Tintoretto (Iacopo Robusti) e dal Veronese (Paolo Caliari).
Nel luglio del 1582, sempre in coppia con Francesco da Urbino, gli fu commissionata da Filippo II anche la decorazione della volta del coro della chiesa di S. Lorenzo all'interno del monastero. Nel dicembre dello stesso anno, alla morte di Francesco da Urbino, il G. assunse la direzione del cantiere.
Il cantiere fu avviato, con l'aiuto di Fabrizio Castello e Francesco de Viana, all'inizio del 1583, quando le superfici murarie vennero intonacate e imbiancate, e portato avanti dalla stessa équipe con continuità, come documentano i pagamenti al G. nel corso di questo stesso anno; si ignora tuttavia quali fossero le pitture poste a decorare questo ambiente poiché, già nel giugno del 1584, Luca Cambiaso risulta intento a rifarle completamente.
A partire dal settembre del 1583 il G. iniziò a decorare anche l'atrio della sacrestia; tale lavoro gli fu liquidato, insieme con i dipinti della volta del coro della chiesa, nel maggio dell'anno successivo.
Al centro del soffitto il G. dipinse una grande figura angelica colta in volo mentre regge un versatoio e un panno, chiaro riferimento al rito dell'abluzione, volto a creare, come spesso accade anche in altri vani del monastero, un legame diretto tra la decorazione pittorica e la funzione liturgica cui era adibito lo spazio. Intorno a questo personaggio si sviluppano una finta balaustra e un raffinato insieme di fasce percorse da elementi ornamentali; sopra le porte sono dipinti tre personaggi allegorici e, negli angoli, coppie di eroi ed eroine biblici con candelabri, mentre sulla parete orientale e su quella occidentale sono disposti, rispettivamente, due soldati e due pastori, in entrambi i casi accompagnati da eroine. Per il riquadro con la figura angelica, concordemente riferito alla mano del G., M. Newcome (1993, p. 27) ha individuato presso il Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi un disegno preparatorio (inv. 13650 F).
Preponderanti risultano in questa zona gli interventi dei vari collaboratori del G., attivi ininterrottamente anche nella decorazione del soffitto della sacrestia i cui affreschi furono condotti a termine, con ogni probabilità, sempre nel 1584. Anche sul soffitto di questo ambiente venne riproposto il medesimo complesso repertorio decorativo utilizzato nell'antisacrestia; mentre il riquadro centrale fu sostituito da medaglioni ottagonali che racchiudono ancora delle solenni figure allegoriche.
Dopo l'arrivo all'Escorial, nell'ottobre del 1583, di Luca Cambiaso insieme con il figlio Orazio, Lazzaro Tavarone e lo scultore Gaspare Forlani, il G. e il fratellastro si unirono a questo nuovo gruppo di artisti. Nel dicembre dell'anno successivo, mentre Cambiaso era impegnato nell'esecuzione dei nuovi affreschi dell'abside e del coro della chiesa del monastero, Filippo II commissionò a questa consolidata équipe di pittori genovesi, capeggiata dal G., la direzione del vasto cantiere del soffitto della galleria dell'appartamento della regina; il lavoro fu terminato nel mese di luglio quando venne periziato da Romolo Cincinnato e da Diego da Urbino.
Sulla volta dell'ambiente si sviluppa un equilibrato gioco di grottesche armoniosamente disposte su una compatta superficie bianca suddivisa da un asse centrale, sulla quale si alternano elementi geometrici che racchiudono piccole figure allegoriche; i pennacchi sono marcati da fasce monocrome che ne sottolineano la struttura, alla stessa maniera delle lunette, nelle quali sono inseriti fantasiosi particolari "all'antica" con motivi fitomorfi, mentre numerosi personaggi mitologici, ciascuno disposto all'interno di un piccolo tempio, sono visibili all'apice dei pennacchi.
Nel settembre 1585 le stesse maestranze ornarono poi la volta delle due sale capitolari, quella vicariale e quella priorale, e il soffitto dell'atrio; in entrambi i casi i pittori utilizzarono il peculiare repertorio di elementi decorativi di derivazione romana, nelle sale maggiori alternati a riquadri con angeli o figure allegoriche, il tutto eseguito su una superficie suddivisa da fasce che evidenziano la struttura architettonica del vano. Questi lavori, documentati da vari pagamenti, l'ultimo dei quali datato 13 sett. 1586, furono stimati in questo stesso anno da Hernando de Ávila e Diego da Urbino.
L'anno seguente il G., Orazio Cambiaso, Fabrizio Castello e Lazzaro Tavarone ritornarono a operare nella galleria della regina, affrescando insieme in sequenza alcuni momenti della Battaglia della Higueruela, raffigurazione che, imitando un arazzo, doveva essere esemplata su una tela a monocromo quattrocentesca proveniente dall'Alcázar di Segovia e restaurata dal Bergamasco nel 1582; l'ultimo pagamento per questo cantiere risale al 23 sett. 1589. Dal 1590 lo stesso gruppo, orfano di Orazio Cambiaso rientrato nel frattempo a Genova, fu impegnato a dipingere, sempre nel medesimo ambiente, una serie di finti arazzi raffiguranti alcune battaglie combattute da Filippo II contro la Francia, utilizzando alcuni prototipi su tela forniti dal pittore Rodrigo de Holanda, cinque dei quali tutt'oggi conservati all'Escorial.
Il G. affrescò gli episodi della Cattura di Strozzi, dello Sbarco nell'isola Tercera e l'Accampamento sopra Dourlens, che insieme con altre scene eseguite dai compagni e raffiguranti alcuni avvenimenti della Battaglia di San Quintino, la Presa di Châtelet, la Presa di Ham e la Battaglia di Gravelingues, dovevano costituire, secondo precisi dettami stabiliti in un contratto stipulato il 7 febbr. 1591, un omogeneo manifesto politico della potenza del sovrano.
In concomitanza con questo cantiere l'artista, sempre con il fratellastro, Lazzaro Tavarone e Francesco de Viana, operò nella biblioteca conventuale, commissione per la quale il G. e Viana furono pagati il 1° ag. 1590. La tipica fantasiosa decorazione a grottesche, ideata dal gruppo di artisti genovesi e ampiamente utilizzata negli spazi ornati precedentemente, in quest'ambiente doveva integrarsi in particolare con i brani affrescati nello stesso periodo dal bolognese Pellegrino Tebaldi, al quale era stato affidato il compito di realizzare alcune scene con figure.
In concomitanza con la partenza di Lazzaro Tavarone, ritornato nel marzo del 1592 a operare in Liguria, e la contemporanea diminuzione dei lavori nel grande centro religioso, dove sporadicamente sarebbe tornato comunque a operare nel corso dei mesi seguenti, il G. realizzò alcuni affreschi nell'Alcázar di Madrid (López Torrijos, p. 156).
Newcome (1993, pp. 26, 40) ha attribuito al G. in via ipotetica un disegno raffigurante La costruzione dell'Escorial nel 1576 (Hatfield House, Marquess of Salisbury), opera già accostata alla produzione di Fabrizio Castello. I caratteri stilistici che contraddistinguono il foglio, delineato utilizzando un sottile tratto tanto meticoloso quanto privo di ricercatezze, non permettono di evidenziare forti tangenze con l'Angelo in volo degli Uffizi, da considerare una più sicura testimonianza della sua attività grafica.
Il G. morì nel monastero dell'Escorial nel 1593 (López Torrijos).
Dei numerosi figli avuti dalla moglie spagnola solo Francesco è documentato nei primi anni del XVII secolo come pittore di retabli a Madrid e a Toledo.
Fonti e Bibl.: F.M. Tassi, Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, pp. 160 s.; J.A. Ceán Bermúdez, Diccionario histórico de los más ilustres profesores de las bellas artes en España, Madrid 1800, pp. 227-234; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia…, V, Bassano 1809, p. 304; A. Rotondo, Descripción de la gran basílica del Escorial, Madrid 1861, pp. 74, 78, 258; C. Pérez Pastór, Noticias y documentos relativos a la historia y literatura española, in Memorias de la Real Academia española, XI (1914), pp. 23, 64; E. Cuevas Zarco, Pintores italianos en San Lorenzo El Real de El Escorial (1515-1613), Madrid 1932, pp. 29, 53-55; G. Rosso del Brenna, Giovanni Battista Castello, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo, II, Bergamo 1976, p. 390; V. Gerard, De castillo a palacio. El Alcázar de Madrid en el siglo XI, Madrid 1984, p. 98; M. Newcome, An addendum to the Genoese drawing exhibition in the Uffizi, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXXVI (1992), pp. 401 s.; Id., Affreschisti genovesi nell'Escorial, in Los frescos italianos de El Escorial, a cura di M. Di Giampaolo, Madrid 1993, pp. 26 s., 40-51; A. Bustamante García, La octava maravilla del mundo (Estudio histórico sobre El Escorial de Felipe II), Madrid 1994, p. 276; R. Mulcahy, The decoration of the royal basilica of El Escorial, Cambridge 1994, pp. 19, 69, 72, 99, 146, 168, 199; S. Causa, Rivendicazione di un G., in Napoli, l'Europa. Ricerche di storia dell'arte in onore di Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate - F. Sricchia Santoro, Catanzaro 1995, p. 164; L. Magnani, Luca Cambiaso da Genova all'Escorial, Genova 1995, pp. 253, 259, 270; R. López Torrijos, La pittura genovese in Spagna, in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999, pp. 147-150, 153 s., 156, 167, 169; E. Parma, G., N., ibid., pp. 395 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 513 s.; The Dictionary of art, XIII, p. 307.