FRECCIA, Nicola
Appartenente a una famiglia di Ravello, della quale si hanno notizie fin dal tardo XI secolo, dovette nascere intorno al 1250.
Accanto alla tradizionale attività del commercio marittimo nel XIII secolo, a partire dall'ultimo decennio del regno di Federico II, i Freccia cominciarono a impiegarsi nell'amministrazione fiscale e demaniale delle province del Regno; in qualità di giudici a Ravello e a Minori e come fondatori di chiese, cappelle e altari si guadagnarono prestigio e autorità in patria e nelle località in cui svolsero i loro uffici.
Sebbene a partire dal XIII secolo molti personaggi della famiglia siano noti, non è possibile identificare i genitori del Freccia. Oltre a un "Nicolaus domini Sthephani Frecza de Mauro filius", di cui si ha notizia nel 1285-90, è attestato nel 1276 un "Nicolaus filius quondam Constantini Frecza" e dal 1295 anche un altro Nicola Freccia, membro del tribunale della Magna Curia: l'identità del F. non è provata con alcuno di costoro, con l'ultimo addirittura esclusa.
Il F. non scelse la carriera mercantile né quella di appaltatore di imposte ma, come altri amalfitani o ravellesi della sua generazione, decise di studiare diritto a Napoli, dove seguì assiduamente, intorno al 1272-73, anche le lezioni di Tommaso d'Aquino, come ci informa Bartolomeo da Capua, suo amico. A Napoli conseguì il grado di magister, ma non raggiunse mai il titolo di iuris civilis professor e pertanto, contrariamente all'opinione di alcuni studiosi (Camera, 1881, p. 388; Monti, p. 81), non insegnò presso la locale università; negli ultimi anni del regno di Carlo I entrò invece nel tribunale della Magna Curia. Il successivo dato certo su di lui risale al maggio 1284, quando gli fu conferito l'ufficio (creato solo dopo il 1282) di "advocatus pauperum in curia litigantium", incarico che, sebbene fosse di basso livello nella gerarchia del tribunale, gli servì, così come per altri giudici dopo di lui, da trampolino per la carriera. Come stipendio mensile percepiva 2 onze e mezza d'oro.
Non oltre il 1290 Carlo II lo creò giudice del tribunale della Magna Curia, carica nella quale lo troviamo fino al 1297. Lo stipendio mensile era di 5 onze d'oro; gli erano colleghi Andrea d'Isernia, Landolfo d'Aiossa e Nicola da Somma. Del suo ufficio conosciamo soprattutto incarichi speciali, che egli svolse di volta in volta con Andrea d'Isernia. Intervenne in un contenzioso riguardante un caso di omicidio a Caserta; in un'altra occasione indagò sull'aggressione compiuta da un nobile legato alla corte ai danni dell'arcivescovo di Salerno Filippo Capuano; nel 1292 dovette anche comporre una contesa ereditaria sorta all'interno della famiglia de Pando, originaria di Scalea.
Dal 1294 furono affiancati regolarmente al protonotario del Regno Bartolomeo da Capua altri datari, con il compito di coadiuvarlo nel superlavoro causato dagli affari di politica estera e dalle sue frequenti assenze. Quando Bartolomeo, nel febbraio 1297, ottenne dal re il diritto di scegliere personalmente il suo sostituto, optò per il F. in ragione della sua legalis experientia. Dallo stesso mese il F., in qualità di "locumtenens protonotarii regni Sicilie", autorizzato anche a riscuotere pagamenti per la Corona, spedì un gran numero di lettere e mandati, e il suo stipendio fu elevato a 8 onze d'oro e 10 tarì.
Con il nuovo incarico il F. lasciò il tribunale della Magna Curia e da quel momento si concentrò solo sui suoi compiti nella Cancelleria dei re Carlo II e Roberto e dei vicari generali da loro designati. Nel febbraio 1299 ad esempio fu inviato presso la Curia per trattare con il pontefice Bonifacio VIII l'esatto ammontare dei debiti del re e prendere accordi per la loro restituzione. Dato che Bartolomeo da Capua nel corso della sua presenza a corte continuava a datare documenti e mandati, evidentemente vigeva una divisione del lavoro tra lui e il F., in virtù della quale quest'ultimo si occupava soprattutto degli affari correnti, come la nomina di giudici, notai, medici e farmacisti, nonché di giustizieri e altri funzionari. Il F., peraltro, non si limitò sempre alle faccende della normale routine: convalidò infatti i mandati per la Magna Curia e nel 1307, in qualità di datario, i nuovi capitula Regni promulgati nell'ambito della legislazione. Naturalmente prese parte ai Consigli della corte, come prova la frequente menzione del suo nome in veste di testimone.
Già Carlo II, nel 1291, aveva esentato da imposizioni i beni del F. a Trani e a Bisceglie. Nel 1304 gli assegnò una pensione annua di 30 onze d'oro per garantirgli l'aspettativa su un feudo di eguale valore. Il F. ottenne in seguito nel 1305 il feudo di Baiano (presso Nola) in Terra di Lavoro e, nel 1308, quello di Macchia negli Abruzzi rimasto vacante. Sebbene nel 1307 Giacomo da Capua, figlio di Bartolomeo, fosse ordinato viceprotonotario al fianco del F., questi rimase il datario più attivo fino alla fine del 1311. A partire dal 1312 Matteo Filomarino entrò in carica come nuovo datario con le competenze del F.; non oltre questa data, dopo quindici anni di attività presso la corte, va situato, perciò, il suo congedo dal servizio.
La data di morte non è tramandata con certezza. Lo stesso 1312, avanzato per la prima volta da Marino Freccia nel 1554, è comunque più probabile che il 1314, per il quale la bibliografia più recente si è in generale orientata seguendo quanto affermato dal Camera (1889, p. 135). Nella chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli, nei pressi della quale era andato probabilmente ad abitare dopo il suo ingresso nel tribunale della Magna Curia, il F. aveva fatto erigere una cappella dedicata a s. Nicola. Qui fu sepolto; l'epitaffio, tramandato, è di epoca posteriore.
L'orazione funebre fu tenuta da Bartolomeo da Capua, suo protettore e amico per tanti anni, il quale elogiò soprattutto la cultura giuridica e la lealtà del Freccia. Una menzione particolare meritò l'incorruttibilità della sua condotta in servizio, mostrata sia nella sua attività di giudice sia nella audientia petitionum.
I figli del F. rimasero in corte a Napoli, dove seguirono la carriera paterna. Giacomo, "iuris civilis professor", entrò nel 1311 come giudice nel tribunale della Magna Curia, ma prima del 1319 passò al Collegio dei maestri razionali. Andrea dal 1320 fu impiegato nelle province. Due altri Freccia, la cui parentela diretta con il F. non è certa, Nicola e Giovanni, iniziarono nel 1295 e nel 1300 come fisci patroni la loro carriera nella Magna Curia. Il F. va perciò considerato come un vero e proprio iniziatore di una tradizione familiare in campo giuridico, culminata nella carriera di Marino Freccia (1503-66).
Fonti e Bibl.: Napoli, Bibl. nazionale, cod. VII.E.2 (sec. XV): Collatio, quam fecit idem logotheta in obitum domini Nicolai Friccie carissimi amici nostri, ff. 198v-199; Vienna, Staatsbibliothek, cod. 2132 (sec. XIV), ff. 72 s. (la stessa collatio); Syllabus membranarum ad regiae Siclae archivum pertinentium, II, 1, Napoli 1832, p. 203 n. 9; II, 2, ibid. 1845, p. 106 n. 1; C. Minieri Riccio, Studii storici sui fascicoli angioini, Napoli 1863, pp. 2, 24, 64; Id., Saggio di Codice diplomatico, Suppl. I, Napoli 1882, p. 108 n. 106; N. Barone, La ratio thesaurariorum della Cancelleria angioina, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XI (1886), pp. 14 s.; L. Palumbo, Andrea d'Isernia. Saggio storico-giuridico, Napoli 1886, pp. 276 n. 2, 280 s. n. 5; G. Caetani. Documenti dell'Archivio Caetani. Regesta Chartarum, I, Perugia 1922, pp. 252 s.; E. Sthamer, Bruchstücke mittelalterlicher Enqueten aus Unteritalien, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, Phil.-hist. Kl., II (1933), pp. 101 s.; Fontes vitae S. Thomae Aquinatis, IV, a cura di M.H. Laurent, St-Maximin 1934, p. 373; C. Carucci, Codice diplom. salernitano del sec. XIII, III, Subiaco 1946, p. 128 n. 99; A. Nitschke, Die Reden des Logotheten Bartholomäus von Capua, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, XXXV (1955), pp. 238, 259, 261 s.; R. Filangieri, I registri della cancelleria angioina…, XXVII, 2, Napoli 1979, p. 414; XXXII, ibid. 1982, p. 200; XXXV, ibid. 1985, p. 187; XXXVIII, ibid. 1991, pp. 13, 47 s., 76; Marinus Freccia, De subfeudis baronum et investituris feudorum…, Napoli 1554, f. 34; C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, III, Napoli 1671, p. 164; A. Miola, Notizie d'un codice della Biblioteca nazionale di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napoletane, V (1880), pp. 409 s.; M. Camera, Memorie storico-diplomatiche dell'antica città e ducato di Amalfi, II, Salerno 1881, p. 388; Id., Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I e Carlo III, Salerno 1889, p. 135; L. Cadier, Essai sur l'administration du royaume de Sicile sous Charles Ier et Charles II d'Anjou, Paris 1891, pp. 209 s., 281 s.; G.M. Monti, L'età angioina, in Storia della università di Napoli, Napoli 1924, pp. 81, 101; A. Cutolo, Il regno di Sicilia negli ultimi anni di vita di Carlo II d'Angiò, ibid. 1924, ad Ind.; G.M. Monti, Da Carlo I a Roberto di Angiò, Trani 1936, pp. 118 s.