FRECCIA (Frezza), Nicola
Nato intorno al 1220, apparteneva a una nota famiglia di Ravello, attestata sin dal tardo XI secolo, che, nel corso del XIII secolo, si era ramificata ampiamente e, pur conservando partecipazioni in compagnie commerciali e di navigazione, aveva acquisito prestigio e autorità grazie ai giudici che annoverò nei propri ranghi, alla fondazione di chiese, cappelle e altari e a patronati ecclesiastici. Già nel XII secolo i Freccia avevano stretto legami di parentela con parecchie famiglie eminenti della città, come i Muscettola e i Rufoli. In armonia con le tradizioni familiari il F., di cui non sono noti i nomi dei genitori, fu indirizzato alla pratica mercantile. Come altri ravellesi, sembra avere trasferito il centro delle sue attività per qualche tempo in Terra di Bari, probabilmente a Trani. Qui è ricordato più volte come creditore e soggetto al pagamento di imposte. Diversamente dai suoi antenati, però, egli abbandonò gli affari privati per mettere le proprie competenze professionali al servizio della Corona.
Negli anni 1245-46 l'imperatore Federico II gli conferì l'ufficio di maestro portolano di Puglia, insieme con Morico da Siponto. Quando gli appaltatori del dazio dei maestri camerari della Capitanata imposero anche ai commerci della Corona il plateaticum, i due maestri portolani si opposero, ma ci fu bisogno di un ordine espresso dell'imperatore perché la libertà di commercio della Corona fosse garantita. Nel marzo 1250 il F., che aveva finito il servizio in Puglia verso il 1247, amministrò come maestro camerario la provincia d'Abruzzo. In tale veste richiese una collecta dagli abitanti di Casale Scorziose presso Chieti, borgo sottoposto alla giurisdizione ecclesiastica, ma, dopo un processo da lui stesso condotto su mandato di Federico II, nel luglio 1250 dovette rinunciare alle sue pretese e riconoscere i diritti della Chiesa. Sotto Corrado IV, nella primavera 1252, tornò come maestro camerario in Puglia, carica in cui è documentato fino al novembre dello stesso anno: nel corso di questo breve periodo respinse la lamentela di un privato contro il monastero di Montesacro e dispose restituzioni a favore dell'Ordine teutonico a Siponto.
Dopo la morte di Corrado (1254) il F. passò al servizio della Chiesa. Papa Innocenzo IV aveva fatto il primo passo, quando, dopo il suo ingresso nel Regno nell'ottobre 1254, confermò un'investitura del reggente Manfredi a favore del figlio del F., Stefano, e nel marzo 1255 il F. stesso entrò in carica a Capua come "magister procurator Romane ecclesie in Principatu et Terra Laboris" e diede in affitto terreni della Corona. I successi di Manfredi come reggente non interruppero la sua carriera. Nel dicembre 1256 ritornò in Puglia come maestro portolano e maestro procuratore. Amministrò questa provincia fino al 1257 e nell'anno della seconda indizione (1258-59) svolse gli stessi compiti, dopo che Manfredi era diventato re. Tre anni dopo, nel 1262, come secreto della quinta indizione (1261-62) la sua carriera lo condusse per la prima e unica volta in Sicilia. Sono noti alcuni atti amministrativi svolti in tale occasione dal F.: ad Agrigento fece pagare le decime, a Messina garantì dopo un'inquisizione le rivendicazioni del convento di S. Maria Monialium contro quelle avanzate dalla Corona, mentre a Patti fallì nel tentativo di piegare la curia vescovile al pagamento delle marinaria.
Sotto Carlo I il F. proseguì la sua carriera senza interruzione. Ancora nell'agosto 1266 sostituì il secreto di Puglia Sergio Bove e fino all'agosto 1267 nelle vesti di una sorta di grand commis generale si occupò delle imposte, dei demani e dei porti di questa provincia, concentrando nelle sue mani, come secreto, maestro portolano e procuratore e maestro del sale, tutti gli uffici relativi; suo figlio Stefano lo affiancò temporaneamente in questi incarichi. Il F. riuscì a dare esecuzione alle sentenze di restituzione decretate dal cardinal legato Radulfo di Albano e dai giustizieri e a ripristinare nei loro diritti e nei loro beni le chiese danneggiate dalle revocazioni di Federico II, di Corrado e di Manfredi e i nobili perseguitati. Fu spesso sollecito inoltre ad anticipare di tasca propria le somme necessarie per la riparazione di castelli pugliesi.
Negli anni 1268-69 il F. affiancò i giustizieri di Terra di Lavoro e della contea del Molise, Bonifacio de Galiberto e Hugo de Susa, come vicegiustiziere. Quando Bonifacio all'inizio dell'estate 1269 lasciò per alcuni mesi la provincia per rinforzare con le sue truppe l'esercito regio, impegnato nell'assedio di Lucera dove resistevano gli ultimi focolai di opposizione al dominio angioino, il F. lo sostituì come vicario. Con questa funzione Carlo I lo incaricò anche della punizione dei prigionieri secondo l'ordo iuris, con l'eccezione comunque dei colpevoli di alto tradimento. Già nel marzo 1269 Carlo I aveva affidato al F. e ad Andrea da Capua, avvocato della Magna Curia, il compito di riscuotere in Terra di Lavoro e in Molise le imposte straordinarie per l'assedio di Lucera. Quando il re, nel novembre 1269, dovette pagare al Collegio dei cardinali il tributo per la Curia romana, ammontante a 8.000 onze d'oro, il F. contribuì con un prestito di 200 onze. Anche in seguito mise il suo capitale privato a disposizione della Corona: nel 1270-71 prestò 2.000 onze, nel 1274 ne prestò 500.
Nel novembre 1270 il F. assunse di nuovo la carica di secreto di Puglia, alla quale, nell'anno della quindicesima indizione (1271-72), si aggiunsero, come già cinque anni prima, le funzioni di maestro portolano e procuratore e di maestro del sale. Per rifornire l'esercito reale impegnato nell'assedio di Cartagine con grano e altri vettovagliamenti fece dapprima stabilire i prezzi e poi trasportare in Tunisia le merci acquistate, con le navi che si trovavano nei porti pugliesi. Quando l'esercito del re ritornò in Sicilia, incaricò mercanti pugliesi di assicurare i rifornimenti. Inoltre il F. si dedicò alla manutenzione dei castelli e degli altri edifici di proprietà della Corona e completò con l'assegnazione dei feudi le investiture conferite ad alti personaggi del seguito del re, quali l'ammiraglio Philippe de Toucy, il siniscalco Galeran d'Ivry o il maresciallo Adam Morier. Come maestro portolano durante la Quaresima del 1472 inviò alla corte pesce proveniente dai ricchi fondali pugliesi, mentre in occasione delle nozze del figlio del re, Filippo, procurò vini scelti. Per l'ordinamento cavalleresco del principe ereditario Carlo di Salerno, sempre nel 1272, il F. mise a disposizione i suoi mezzi finanziari per l'acquisto di panni preziosi a Venezia. Alla fine del mese di agosto, dopo quasi due anni, lasciò l'ufficio di secreto, conservando quello di maestro portolano e di procuratore fino all'inizio del 1274. In questa veste si occupò del rifornimento dell'esercito che Carlo I manteneva in Albania a sostegno della sua politica in Oriente. Contemporaneamente concesse agli ordini cavallereschi di trasportare a San Giovanni d'Acri grano pugliese sulle loro navi.
Nel settembre 1274 il F. esercitò per la prima volta i suoi uffici in Campania, dove come secreto di Principato, Terra di Lavoro e Abruzzo fino all'agosto 1275 esaminò le richieste di decime delle chiese, partecipò all'armamento di navi per la protezione delle coste e pagò il soldo ai castellani e alle loro guarnigioni. Quando il reggente Roberto d'Arras, bisognoso di denaro, fu disposto nell'ottobre 1275 a lasciare in pegno una corona d'oro per un prestito di 1.000 onze d'oro, il F. contribuì alla somma. Nel dicembre dello stesso anno ritornò come secreto in Puglia, dove fino all'agosto 1276 diede in appalto i tributi e amministrò i demani. Il 1° maggio 1277 cambiò questo ufficio con quello di maestro portolano e procuratore in Puglia e negli Abruzzi, che esercitò insieme con il napoletano Sergio Pinto. Negli Abruzzi amministrò nello stesso periodo il monopolio regio sul sale, le cui entrate finanziarie sotto Carlo I erano cresciute di anno in anno.
Il F. morì in servizio il 15 ag. 1277, dopo sette anni di quasi ininterrotta attività in ruoli chiave dell'amministrazione finanziaria delle province prestata ora nel servizio delle gabelle ora in quello delle taglie. Al suo posto subentrò in un primo momento il figlio Stefano.
Nel 1268 il F. aveva acquisito, dietro pagamento, dalla famiglia del notaio imperiale Giovanni di Lauro (m. 1242) i diritti su Casale San Marzano presso Sarno. Sebbene Carlo I nel febbraio 1268 ratificasse l'acquisto del feudo, che consentiva al F. l'accesso al rango cavalleresco, dopo pochi anni lo perse ugualmente, dato che lo stesso Carlo I nel 1271 concesse Sarno al suo siniscalco Galeran d'Ivry e questi, mediante un'inquisizione, riuscì a far stabilire che il feudo concesso a suo tempo da Federico II a Giovanni di Lauro non apparteneva al demanio, bensì alla baronia di Sarno. Nel 1272 San Marzano fu perciò assegnato al siniscalco, sebbene già nel 1270 al F. fossero stati richiesti i servizi feudali.
Il F. fu uno dei primi mercanti amalfitani che si misero al servizio della monarchia e impiegarono le loro capacità e il loro capitale per una gestione efficiente delle imposte indirette e per la promozione di una politica commerciale attiva da parte dello Stato, senza lasciarsi coinvolgere da grandi scrupoli di lealtà. Il F. servì tutti i sovrani da Federico II fino a Carlo I con funzioni affini e indirizzò sulla stessa strada anche gli altri membri della famiglia. Al contrario, non gli riuscì di inserirsi durevolmente nella nobiltà feudale di rango cavalleresco, dato che poté conservare il feudo acquistato solo per pochi anni.
Il figlio Stefano (morto nel 1297) seguì la carriera paterna ricoprendo per la prima volta nel 1260-61 la carica di maestro procuratore in Puglia. Sotto Manfredi fu nel 1263 maestro portolano di Calabria; durante il regno di Carlo I nel 1268-69 e 1270-71 secreto di Principato, Terra di Lavoro e Abruzzi. Dopo la morte del padre gli succedette nell'agosto 1277 per alcuni mesi come maestro portolano e procuratore in Puglia e negli Abruzzi. Dopo i Vespri siciliani, nel gennaio 1284, presentò un rendiconto per gli uffici ricoperti dal padre a partire dal 1266 e per i propri.
Fratello del F. fu probabilmente Giovanni, cioè il "magister Iohannes Freczia", canonico di Ravello, eletto arcivescovo di Siponto (odierna Manfredonia) nel 1271.
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