FORLOSIA, Nicola
Nacque a Napoli tra gli anni Ottanta e Novanta del sec. XVII in una famiglia appartenente al ceto legale attivo in provincia. Dei fratelli del F. Carmine esercitò l'avvocatura, Basilio il notariato, e Marco fu sacerdote a Seiano.
Secondo il ricordo di A.F. Kollar, il F. trascorse gran parte della sua giovinezza in casa di Alessandro Riccardi (il fratello Basilio diceva che costui e sua moglie gli "avevano fatto da genitori") e, indirizzato da lui, compì privatamente gli studi di lettere aderendo poi al pensiero di questo giurisdizionalista. Quando il Riccardi si trasferì a Vienna come avvocato fiscale del Supremo Consiglio di Spagna, il F. decise di seguirlo. Là, ancora grazie al Riccardi, conobbe il medico P.N. Garelli, professore all'università di Vienna dal 1696 e, introdotto da loro, venne presentato al prefetto della Biblioteca Palatina, il prelato trentino J.F. Gentilotti von Engelbrunn, che lo assunse come bibliotecario.
Il Kollar data l'entrata in servizio del F. nella Biblioteca al 1723, anno in cui alla prefettura del Gentilotti successero congiuntamente gli stessi Riccardi e Garelli. È tuttavia provato che il F. già operava come bibliotecario al tempo della contestata spoliazione delle biblioteche dei monasteri napoletani portata a termine da G. Argento, proprio sulla base delle precise indicazioni fornitegli, da Vienna, dal Riccardi e dal F., tra il 1716 e il 1719. L'anno citato dal Kollar potrebbe pertanto essere quello della promozione del F. a "primo custode".
Successivamente all'arrivo nella Palatina dei novantasette codici trafugati da Napoli, il F. redasse una lettera in latino contenente la versione ufficiale di tutta la vicenda (scritta per essere premessa ad un progettato supplemento ai Commentarii… di P. Lambeck) che li facesse apparire come il frutto di spontanee donazioni dei Napoletani all'imperatore Carlo VI, appassionato bibliofilo, e non di un furto. Il Kollar la inserì, nel 1760, nei propri supplementi al Lambeck (Commentariorum…, I, coll. 765-778), e solo nel 1878 B. Capasso ricostruì il reale andamento dei fatti.
Nell'anno seguente il F. cominciò quella lunga collaborazione con L.A. Muratori i cui frutti costituiscono, oggi, l'aspetto più significativo della sua attività culturale. Su richiesta del Muratori, il F. spedì a Modena le copie di un commento del Gentilotti ad Ottone di Frisinga, i Libri de gestis Friderici I di quest'ultimo e il Chronicon di Ottone di San Biagio (pubblicati nel VI volume dei Rerum Italicarum Scriptores, Mediolani 1725) tratti dai codici della Biblioteca viennese ed opportunamente collazionati con l'edizione di C. Urstigio, già prima del 28 febbr. 1725. Entro la fine dello stesso anno, il F. cercò per lui alcune cronache del Regno di Napoli, trascrisse una copia del Poema elegiacum di Ermoldo Nigello e degli Annali Lambeciani, più alcune varianti di Liutprando. Molto soddisfatto del materiale ricevuto, il Muratori non mancò di citare il F. man mano che lo pubblicava.
Intanto, sul finire del 1724 il Riccardi aveva chiesto ed ottenuto il permesso di ritornare a Napoli per sei mesi. Preda della nostalgia, del timore di avere perso il favore imperiale e di una crescente invidia nei confronti del Garelli, forse presentiva la propria fine imminente. Il F., per stargli in qualche modo vicino, incaricò suo fratello Basilio di venire a prenderlo ed accompagnarlo in Italia fino a Napoli, dove il Riccardi rimase per gran parte del 1725, scambiando regolarmente lettere con lui fino al momento della morte.
Basilio avrebbe voluto scrivere una biografia del Riccardi e per questo si fece mandare dal F. una raccolta di lettere, ma la discussa fama del giurisdizionalista napoletano, provata dalle molte difficoltà che i Forlosia incontrarono solamente per farne celebrare il funerale ed altri problemi successivi lo fecero desistere dal progetto.
Frattanto, dopo il Riccardi ed il Garelli, a Vienna il F. era diventato amico del più illustre tra i membri della colonia napoletana, Pietro Giannone, esule, dopo le vicende seguite alla pubblicazione dell'Istoria civile, dal 1723 e assiduo frequentatore della Palatina.
Durante tutto il periodo che il Giannone trascorse a Vienna il F. gli garantì facile accesso alla Biblioteca, disponibilità ad ogni sua richiesta di libri rari, aiuto nelle ricerche svolte per il Triregno e la traduzione in latino di alcuni suoi scritti. Nel 1731 il F. procurò al Giannone le Discussioni istoriche, teologiche e filosofiche di C. Grimaldi, quindi gli tradusse la Breve relazione de' Consigli e Dicasteri della città di Vienna, che però poté essere pubblicata, per ragioni di censura, solo a Venezia, con le false indicazioni dell'autore e del luogo di stampa, tra il 1734 e il 1735. Nel 1732 gli tradusse invece la Dissertazione intorno al vero senso della iscrizione "Perdam Babilonis nomen" posta in una moneta di Ludovico XII re di Francia…, saggio che trasformò un problema di erudizione in uno scontro tra cattolici da una parte e gallicani e protestanti dall'altra non appena comparve nelle due edizioni inglesi (Sylloge scriptorum sui temporis di J.A. De Thou, VII, ibid. 1733) e nella seconda parte della raccolta di opere postume del Giannone a cura di G. Gravier (Napoli 1766). Quindi lo affiancò nella critica all'operato di M. Egizio e S. Paoli che, a Napoli, si adoperavano per screditare l'Istoria civile.
Quando, dopo la sconfitta dell'Austria in Italia, il Giannone dovette abbandonare Vienna nel 1734, non mancò di salutare commosso il F. che, appena un anno dopo, seppe, insieme con il Garelli e Apostolo Zeno, difenderlo dall'accusa, ordita a Roma, di aver sottratto un manoscritto dalla Palatina, dimostrando che nulla vi mancava.
Non riuscì invece a salvare l'amico dall'arresto a tradimento da parte del governo sabaudo il 25 marzo 1736. Avvertito da J. Vernet, e poi dallo stesso Giannone, il F. chiese aiuto al principe Eugenio di Savoia, sperando che i suoi legami di parentela con la corte di Torino permettessero la liberazione del prigioniero. Il principe Eugenio, però, morì poco dopo vanificando il tentativo.
Desideroso di salvarne almeno le idee, il F., tra il 1733 ed il 1740, pensò di prendere in mano il vecchio progetto giannoniano di un'edizione critica dell'epistolario di Pietro della Vigna, sulla base di un manoscritto di proprietà del principe Eugenio la cui biblioteca, acquistata nel 1737 dalla Palatina, gli sarebbe toccato ordinare. Il F. cominciò stendendo un progetto dell'edizione, che avrebbe voluto dedicare al Garelli, ma non riuscì ad andare oltre.
Lo scritto (Vienna, Nationalbibl., cod. S.N. 14014: Adversaria pro paranda editione epistolarum Petri de Vineis) risentiva più dell'insegnamento del Riccardi che di quello del Giannone. Con uno spirito polemico che echeggiava tematiche gallicane e gianseniste, il F. addebitava alla dottrina scolastica la decadenza della Chiesa e dei pontefici che, preda della debolezza umana e dei loro vizi, predicarono allora la loro superiorità sui vescovi e sul potere temporale. In questo contesto, Federico II rappresentava per lui il legittimo difensore dello Stato contro le pretese del Papato.
Un certo moralismo, seppur provocato da un'autentica tensione etica verso questi problemi, faceva dimenticare al F. la lezione del Giannone sull'inevitabile storicità delle istituzioni. Forse per questo egli si bloccò al momento di dover intraprendere un lavoro di ricerca più approfondito, ostacolato, tra l'altro, dalle normali attività di bibliotecario.
Infatti, la mole di lavoro svolta dal F. durante il suo lungo servizio fu tale da lasciargli poco tempo per lo studio personale. In quegli anni la Palatina si stava trasformando da biblioteca di corte a vera biblioteca nazionale, ampliando la consistenza del suo patrimonio. Nel 1720 acquistò la biblioteca Hohendorf, ed a lui il Garelli affidò il compito di riordinarla. Cosi pure ordinò, dopo il 1724, quella dell'arcivescovo di Valenza A. Folch de Cardona, ammontante a 4.000 volumi, quindi gli toccò quella del Riccardi, nel 1734, e infine, nel 1737, quella del principe Eugenio, con ben 15.000 stampati e 237 manoscritti. Insieme con questo lavoro, egli doveva badare alla quotidiana corrispondenza e all'aggiornamento delle vecchie catalogazioni del Lambeck e di D. De Nessel. Allo scopo, il F. approntò di sua mano un catalogo dei manoscritti della Palatina (Vienna, Nationalbibl., cod. S.N. 11924: Catalogus Manoscriptorum) ed un altro di tutto il fondo eugeniano, del quale è però rimasta solo la parte attinente alla medicina ed alle scienze naturali (ibid. 11892: Catalogus scriptorum e bibliotheca Principis Eugenii qui de historia naturali et de re medica scripserunt).
Nel 1739 morì il Garelli, ed il F. pensò che fosse giunto il suo momento per prenderne il posto di prefetto. Così preparò un articolato memoriale (ibid. 4298, c. 160: Notamento intorno a don Nicolò di Forlosia primo custode e vice prefetto della R. Biblioteca) ove chiedeva di essere promosso lamentando il suo basso stipendio annuo di 1.200 fiorini più 500 di soprassoldo. Purtroppo per lui, Maria Teresa gli preferì G. van Swieten, ed egli rimase primo bibliotecario viceprefetto per tutta la vita.
Il colpo dovette essere grave, tanto che ne risentirono anche i suoi corrispondenti: come tutti anche il Muratori notò un cambiamento nel suo animo. Comunque, i rapporti epistolari tra loro non si interruppero e dalle lettere del Muratori si evince che il F. gli passò altri documenti, tra i quali il Chronicon di Domenico di Gravina, un'elegia greca composta da lui stesso per delle nozze, un sacramentario ed un necrologio della Chiesa romana.
A questo periodo risalgono altre opere del F. rimaste manoscritte e citate dal Kollar: due traduzioni latine (Libanii Sophistae Orationes XIX e Himerii Sophistae Orationes tres Graece cum versione Latina), un supplemento ai Commentarii del Lambeck ed uno a quelli del Gentilotti.
Pubblicò inoltre, alle pp. 85-88 dell'Evangelarium quadruplex (Romae 1749), curato da G. Bianchini, la Descriptio… codicis Vindobonensis, descrizione accurata di un evangeliario appartenuto al Seripando, parte di quelli asportati dalla biblioteca degli agostiniani a Napoli, che egli datava al sec. V-VI, aggiungendovi un inventario dei codici viennesi dell'Antico e Nuovo Testamento, con quattro lettere del 1746, da lui indirizzate al vescovo conte G. Thun sullo stesso argomento.
Nel 1756 provò ad intraprendere un'ultima opera, intitolata "Tractatus de solemni festorum cultu" in cui invocava per il bene dello Stato la diminuzione dell'eccessivo numero di religiosi. Anche questa restò allo stadio di abbozzo, un insieme di appunti tratti perlopiù dalla Théorie et pratique du commerce di B. Ustaritz (Vienna, Nationalbibl., cod. S.N. 4298, cc. 2 ss.).
Come ha notato G. Ricuperati, in queste note del F. si scorge il sottile legame tra le idee del Giannone, del Riccardi e del Muratori e gli inizi della politica giuseppina. La sua morte, avvenuta a Vienna l'11 apr. 1758, gli impedì di procedere oltre.
Oltre a quanto è stato citato, restano di lui la corrispondenza con il Riccardi e il fratello Basilio a Napoli (Vienna, Nationalbibl., cod. S.N. 9737 u), alcune lettere scambiate con C. Galiani a proposito della riforma dell'università di Napoli, lette da F. Nicolini, e, secondo F. Hernády, il testo dell'iscrizione marmorea con le istruzioni per l'uso dei libri posta nella Biblioteca nazionale di Vienna e in quella di Pécs, che il F. trasse da un famoso ex libris scritto da G. Martorelli per F. Vargas Macciucca.
Fonti e Bibl.: L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, VI, Mediolani 1725, p. 633; II, 2, ibid. 1726, p. 85; A. Sorbelli in Dominici de Gravina Chronicon, a cura di A. Sorbelli, in Rerum Ital. Script., 2ª ed., XII, 3, p. 548; P. Lambecii Commentariorum de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi, 2ª ed., a cura di A.F. Kollar, I, Vindobonae 1766, coll. 798-809; L. Panzini, Vita di P. Giannone, in Opere postume di P. Giannone, II, a cura di G. Gravier, Napoli 1777, pp. 67, 110, 134; Lettere di L.A. Muratori a G.G. Leibnitz ed a N. F., a cura di G.A. Spinelli, Modena 1893, ad Indicem; L.A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, VI-XIII, Modena 1903-1915, ad Indicem; P. Giannone, Vita, a cura di F. Nicolini, Napoli 1905, pp. 141, 195, 217, 233 s., 283, 377; Id., Vita scritta da lui medesimo, a cura di S. Bertelli, Milano 1960, pp. 185, 198, 244, 317; L.A. Muratori, Scritti giuridici complementari del trattato del 1742 "Sui difetti della giurisprudenza", a cura di B. Donati, Modena 1942, p. 58; Illuministi italiani, I, Opere di Pietro Giannone, a cura di S. Bertelli - G. Ricuperati, Milano-Napoli 1971, ad Indicem; M. Denis, Einleitung in die Bücherkunde, I, Wien 1777, p. 207; B. Capasso, Sulla spogliazione delle biblioteche napoletane nel 1718, in Arch. stor. per le prov. napoletane, III (1878), pp. 563-566; M. Schipa, Il Muratori e la cultura napoletana del suo tempo, ibid., XXVI (1901), pp. 578, 647; F. Nicolini, Gli scritti e la fortuna di P. Giannone, Bari 1913, p. 24; Id., Uomini di spada, di chiesa, di toga, di studio ai tempi di G.B. Vico, Milano 1942, pp. 306, 309, 319; H. Benedikt, Das Königreich Neapel unter Kaiser Karl VI, Wien-Leipzig 1927, pp. 561, 596, 606, 608; F. Hernády, Iscrizione di origine italiana nella prima biblioteca pubblica d'Ungheria, in La Bibliofilia, LIX (1957), p. 155; G. Ricuperati, Le carte torinesi di P. Giannone, in Mem. dell'Accad. delle scienze di Torino, s. 4, IV (1962), p. 5; Id., La difesa dei "Rerum Italicarum scriptores" di L.A. Muratori in un inedito giannoniano, in Giorn. stor. della lett. ital., CXLII (1965), pp. 389-394, 405-409; Id., Giannone e i suoi contemporanei, in Miscellanea in onore di W. Maturi, I, Torino 1966, pp. 67, 74, 76; Id., A. Riccardi e le richieste del "ceto civile" all'Austria nel 1707, in Riv. stor. italiana, LXXXI (1969), pp. 767-770; Id., L'esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone, Milano-Napoli 1970, pp. 231-243, 386, 406, 431, 494, 527; S. Bertelli, Giannoniana, Milano-Napoli 1968, pp. 530 s.; F. Venturi, L'Italia fuori d'Italia, in Storia d'Italia (Einaudi), III, Torino 1973, p. 1009; B. Nicolini, Scritti inediti di F. Nicolini su P. Giannone, Napoli 1981, pp. 20 s., 29, 49.