NICOLA da Longobardi (al secolo Giovanni Battista Clemente Saggio), santo
NICOLA da Longobardi (al secolo Giovanni Battista Clemente Saggio), santo. – Nacque a Longobardi nell’allora diocesi di Tropea (Calabria Citra, baronìa di Fiumefreddo) il 6 gennaio del 1650, da Fulvio, proprietario di un minuscolo podere e zappatore a giornata, e Aurelia Pizzini, filatrice. Dei suoi primi anni sembrano accertati li battesimo e la cresima, celebrati nella chiesa longobardese di S. Domenica rispettivamente il 10 gennaio 1650 dal parroco p. Francesco di Gaudio, e il 3 maggio 1668 dal vescovo di Tropea, monsignor Luigi de Morales. Primo di quattro fratelli, con un fisico gracile, «allegro nel volto, con gli occhi brillanti» (Perrimezzi, 1713, p. 10), il ragazzo aiutò la famiglia nel lavoro dei campi e nella coltivazione del baco da seta anche dopo la sua aggregazione (tra il 1669 e il 1670) al Terz’Ordine dei minimi nel locale convento dell’Assunta, aperto nel 1615, e ormai comunemente intitolato al fondatore Francesco di Paola, canonizzato nel 1519. Giovanni Battista aveva maturato fin dall’infanzia, grazie alla madre (e forse, più tardi, grazie a un imprecisato parente sacerdote), profonda spiritualità, viva devozione e una crescente propensione al messaggio penitenziale e caritatevole dei minimi che nella prima metà del secolo avevano consolidato la loro forte crescita anche nella Calabria Citra, dove contavano 29 conventi.
A ridosso del terremoto del marzo 1638, l’invocazione di Francesco di Paola come santo protettore delle terre circonvicine a Paola, sua città natale (Isidoro Toscano di Paola, 1698, p. 628) aveva ampliato la devozione popolare al fondatore e rafforzato ulteriormente la considerazione delle popolazioni locali per il modello austero del carisma minimitano. L’Ordine era uscito quasi indenne dalla prima soppressione innocenziana del 1652 e, caduto il veto pontificio di nuove vestizioni, aveva ripreso già dal 1666 ad accogliere giovani come frati o terziari (Campanelli, 2008, pp. 145 s.).
Era il Terz’Ordine a interessare Giovanni Battista: istituito da s. Francesco di Paola e normato tra il 1493 e il 1506 (Benvenuto, 2000), era ben radicato anche nel Regno di Napoli; proponeva a uomini e donne, anche del tutto privi di istruzione, una vita di penitenza da viversi nella pratica della fede e della carità, sotto la direzione dei frati, ma in forma individuale o nella famiglia di origine, e dunque in una modalità compatibile con il lavoro dei campi necessario al sostentamento dei Saggio. La candidatura del giovane fu valutata dal provinciale p. Isidoro Verardo di Fuscaldo, che lo ammise all’Ordine in qualità di oblato, fratello converso, affidandolo al provinciale del convento di Paola, p. Giacomo Corba. Sotto la direzione del maestro dei novizi p. Giacomo Paletta di Bonifati, vestito dell’abito «serio», dal «colore non vistoso», e del cordone «a due nodi» previsti dalla Regola del Terz’ordine (del 1502 e 1506, capo 6), assunse il nome di Nicola, oblato minimo. Concluse il suo anno di noviziato fitto di offici e di «faccende», costantemente obbediente ai superiori nonostante le tensioni interne che divampavano proprio in quel tempo nei conventi nel Regno di Napoli (Campanelli, 2008, p. 149). Il 29 settembre 1671 emise la professione nelle mani del padre correttore, assumendo i quattro precisi 'impegni' (allora ancora detti 'voti') che la Regola prevedeva per gli oblati: perseguire l’emendazione della vita e la correzione dei costumi, osservare i mandati di Dio, adempiere l’officio divino e l’officio dei defunti (Messinese, 1991; Benvenuto, 2000).
Poco dopo, fu destinato a Longobardi, del cui convento fu alla bisogna sagrestano, ortolano, dispensiere, cuoco e questuante, assiduo negli offici, nella pratica sacramentale, nella preghiera e nella mortificazione. Risiedeva nella famiglia di origine, per il sostentamento della quale era tornato a lavorare la terra, come un anacoreta tra i suoi e tra i paesani, «uomo tutto di Dio e niente del mondo» (Perrimezzi, 1786, p. 20). A Longobardi trascorse due anni generosi di lavoro, preghiera, penitenza, prima di essere destinato (nel 1673) al convento di S. Marco Argentano, poi nelle comunità di Montalto (Montalto Uffugo), Cosenza, Spezzano, e infine nel protoconvento di Paola. Oblato esemplare di vita incontaminata, fu scelto per accompagnare il provinciale p. Carlo Santoro nella visita ai conventi della provincia religiosa e, nel maggio 1679, destinato a Roma, presso il convento-collegio per i calabresi nel rione Monti, con l’incarico di affiancare l’anziano parroco, suo conterraneo, p. Angelo da Longobardi, nella cura della parrocchia, vasta e popolosa. Si dedicò con zelo e carità ai più svariati compiti tra i fedeli, e fu guardiano del convento.
Le fonti registrano una svolta del suo profilo spirituale successiva al pellegrinaggio a Loreto, compiuto con una compagnia mista di frati e terziari nel 1683, per impetrare l’aiuto mariano nella difesa di Vienna sotto assedio ottomano. Al ritorno, si affidò completamente a p. Giovanni Battista di Spezzano, che scelse come suo direttore spirituale, avviandosi a pratiche severissime di penitenza, digiuno, veglia, esasperando la sua attitudine al silenzio, all’«esatta obbedienza», osservata anche nell’ufficio di portinaio, ricoperto dal 1684 al 1692, e poi in quello di sacrestano, assegnatogli da p. Paolo Stabile di Castrovillari. Furono anni di forte impegno tra i poveri, gli infermi e i bambini della parrocchia, che l’oblato invogliava alla «eletta Dottrina» sempre provvisto di santini, coroncine benedette, Agnus Dei (Laino, 2014, p. 83, e testimonianza di Giuseppe Mannocchi in Sacra Rituum Congregatione, 1761, s.v.), e che numerose fonti connotano di esperienze mistiche e ascetiche, la cui eco pare si diffuse nel rione.
Forse per questa sua fama santa, e nel timore di «perderlo negli applausi di Roma» (Perrimezzi, 1713, p. 27), il padre generale Bernardino Plastina di Fuscaldo decise di trasferirlo nel convento di Paola. Le fonti non consentono di capire se si trattò di un esilio di opportunità o di purificazione, e neppure di confermare gli accenni a maltrattamenti e derisioni di cui pare fosse stato vittima nella comunità paolana, dove restò con l’incarico di secondo sacrestano, addetto alle pulizie di chiesa, convento e chiostro, e portinaio fino al 1694, quando fu inviato a Longobardi per portare a termine la fabbrica della chiesa annessa al convento dell’Ordine, che riuscì a concludere in poco più di due anni con l’aggiunta di una seconda navata grazie alle elemosine raccolte e al lavoro prestato senza compenso dai compaesani.
Nell’autunno 1696, per ordine del vicario generale p. Giuseppe Maria Mascaroni e su richiesta della comunità, tornò al convento romano di S. Francesco di Paola, alternandosi fino alla morte nell’ufficio di sacrestano, guardiano della torre campanaria, portinaio e custode della cappella del Fondatore, e affidandosi ancora alla direzione spirituale di p. Giovanni Battista di Spezzano, morto di lì a poco, e sostituito da p. Antonio Via di Celico, e negli anni a seguire dai padri Francesco Riccardo da Rivello, Paolo Accetta da Longobucco, Alberto Gullo da Cosenza. Diversi tra questi religiosi di solida dottrina testimoniarono nei processi per la beatificazione di Roma, Tropea, Cosenza (Sacra Rituum Congregatione, 1761, s.v.; e Perrimezzi, 1786, ll. II e III) sulle virtù, estasi e visioni, la «perenne elevazione in Dio» nel cenobio e tra la gente, sui «doni» di Orazione, Intelletto e Sapienza, riproponendo il topos della docta ignorantia che consentì all’oblato, come già a Francesco di Paola (Luongo, 2012, p. 656), di discernere i misteri della fede.
A ridosso dell’anno santo 1700, quando la chiesa ai Monti si completava con la nuova facciata e il riassetto degli interni per offrirsi ai pellegrini ormai come chiesa 'nazionale' dei calabresi, l’oblato riprese l’azione assistenziale e caritativa presso i poveri, i mendicanti, gli infermi del rione, entusiasta del suo ritorno. Nel nuovo clima devoto che si respirava alla fine del secolo, e non solo per il giubileo, la fama santa dell’oblato non era più considerata scomoda o rischiosa per l’Ordine. Così, «per maggior edificazione della Chiesa» e ritenendolo non più «tenero» ma «rassodato nelle virtù, e spezialmente in quella della umiltà», i superiori decisero di tenerlo «a vista», comandandogli «il trattare» con «il Mondo in quel capo del Mondo» (Perrimezzi, 1713, pp. 32 s.). Da allora, 'fra' Nicola, come da tempo veniva chiamato, abbandonò il suo fare ritirato, e prese a frequentare e a essere onorato da grandi famiglie romane. Con qualche incongruità fra la storiografia dell’Ordine e le testimonianze processuali, l’oblato risulta essere familiare ai Colonna di Paliano, assistendo Lorenzo Onofrio in punto di morte, e in un legame già saldo con il figlio Filippo, gran connestabile del Regno di Napoli e sposo di Lorenza de La Cerda de Aragón y Cardona (signori di Fiumefreddo, e dunque di Longobardi). Dalla coppia, ricevette in dono per la chiesa minimitana del suo paese le reliquie di una martire dei primi secoli, s. Innocenza, prima conservate nella cappella Palatina; le trasportò via mare nel settembre 1698, dopo la morte della donatrice e con il permesso del superiore del convento romano, curandone una degna sistemazione e le prime forme di devozione prima di far ritorno a Roma. La storiografia dell’Ordine riferisce di altre occasioni di familiarità, con i Colonna (e con Olimpia Pamphili, seconda moglie di Filippo, che lo volle padrino del primogenito), e altre famiglie di primo piano (Chigi, Orsini, Borghese, Rospigliosi), insistendo sul carattere secondario di queste frequentazioni, talvolta evitate, rispetto alla centralità caritativa verso i poveri e gli infermi, alla meditazione, alla penitenza. Fonti esterne alla memorialistica dei minimi accennano a sermoni disciplinanti pronunciati dall’oblato a dame e principesse (Cacciari, 1756, e testimonianza del canonico di S. Spirito Domenico Napolioni in Sacra Rituum Congregatione, 1761, s.v.), ne attestano la «segnalata virtù» e la pratica ininterrotta di digiuni, veglie, penitenze e mortificazioni corporali (sebbene mitigate dai confessori) anche nei suoi ultimi anni, ancora dedicati alla carità, vigilando su chiunque si trovasse «in angustie e miseria» per provvedervi immediatamente mobilitando allo scopo famiglie religiose, confraternite, singoli devoti di ogni ceto in efficaci reti di carità e assistenza.
Nel gennaio del 1709, partecipò al giubileo straordinario di otto giorni indetto da Clemente XI nella fase più drammatica della guerra di successione spagnola per invocare la protezione divina sulla città e lo Stato nel passaggio degli imperiali verso Napoli; il pontefice decise l’esposizione del Ss. Salvatore del Sancta Sanctorum in S. Pietro, chiamando alla veglia di preghiera del 2 gennaio tutti i religiosi di Roma. Nel freddo rigido di quella notte di Candelora, passata interamente in orazione, contrasse una grave patologia polmonare che il 3 febbraio 1709 lo uccise.
La sua salma venne esposta per tre giorni nel convento ai Monti a causa del grande accorrere di popolo che lo invocava come uomo santo, e che spinse l’Ordine dei minimi a inoltrare la richiesta di beatificazione già nel 1716, caldeggiata dall’imperatore Carlo VI e da Filippo V di Spagna, Giacomo III Stuart, Augusto di Polonia. Il processo, celebrato a Roma, Tropea e Cosenza, si chiuse con la beatificazione, proclamata (assieme a quella del frate minimo Gaspar de Bono i Manzón) il 17 settembre 1786. La canonizzazione data 23 novembre 2014.
Fonti e Bibl.: Isidoro Toscano di Paola, Della vita, virtu, miracoli, e dell'istituto di S. Francesco di Paola libri cinque, Roma 1698, l. V, cap. I; G.M. Perrimezzi, De la Vita di fra Niccolò di Longobardi religioso oblato professo della Provincia di San Francesco di Paola dell’Ordine de’ Minimi Libri quattro, Roma 1713; E. Endrerius [E. Intrieri], Vitam Ven. Servi Dei Nicolao de Longobardo Laici dicti Ordinis, Romae 1720; P.T. Cacciari, Della vita, virtù e doni sopranaturali del venerabile servo di Dio P. Angiolo Paoli carmelitano dell’antica osservanza, Roma 1756, p. 141; Sacra Rituum Congregatione E.mo, et R.mo D.no Card. Cavalchini Romana Beatificationis, et canonizationis Ven. Servi Dei fr. Nicolai a Longobardis oblati professi ordinis minimorum S. Francisci de Paula... Positio super dubio, Romae 1761; G.M. Perrimezzi, Vita del B. Niccolò di Longobardi… ristampata dal p. Liborio Maria Tedeschi, Roma 1786; Compendio della vita del beato Niccolò Saggio di Longobardi religioso oblato professo dell'ordine de' minimi di s. Francesco di Paola, Milano-Verona 1787; B. Pane, Vita del B. Niccolò Saggio detto di Longobardi, religioso oblato professo dell'Ordine de' Minimi... ricavata dal sommario e da processi del medesimo beato…, Roma 1791; P.A. Miloni, Vita del Beato Niccola di Longobardi religioso... estratta dalli processi di sua beatificazione e canonizzazione, Napoli 1859; G. Roberti, Panegirico del Beato N. Saggio da L., Napoli 1918; A. Galuzzi, Origini dell’Ordine dei Minimi, Roma 1967; E. Frangella, Il Beato N. da L. oblato professo dell'Ordine dei Minimi 1649-1709, Cosenza 1980; A. Bellantonio, Nicola Saggio: piu in alto delle aquile: biografia del Beato N. Saggio da L.…, Roma 1986; L. Messinese, Regola costituzioni-direttorio del Terz'Ordine dei Minimi, Roma 1991; R. Benvenuto, Origini del Terz’Ordine dei Minimi, in Bollettino ufficiale dell'Ordine dei Minimi, XLVIII (2000), 2-3, pp. 253-298; G. Fiorini Morosini, Le Regole dell’Ordine dei Minimi, Roma 2000; Id., Il carisma penitenziale di San Francesco di Paola e dell’Ordine dei Minimi. Storia e spiritualità, Roma 2000; A. Savagio, Territorio, feudi e feudatari in Calabria Citra in età moderna, Castrovillari 2003; M. Campanelli, Gli insediamenti dei Minimi nel Regno di Napoli fra XV e XVII secolo, in S. Francesco di Paola e l'Ordine dei minimi nel Regno di Napoli (secoli XV-XVII), Napoli 2008, pp. 143-184; G. Luongo, Due agiografi napoletani per san Francesco di Paola: Davide Romeo e Paolo Regio, in Prima e dopo san Francesco di Paola. Continuità e discontinuità, a cura di B. Clausi - P. Piatti - A.B. Sangineto, Catanzaro 2012, pp. 653-698; O. Laino, San N. da L. (al secolo: Giovanni Battista Clemente Saggio): religioso oblato professo dell'Ordine dei Minimi di san Francesco da Paola (1650-1709), Roma 2014; P. Ponte, Vita di F. Nicolò di Longobardi, oblato professo dell’Ordine dei Minimi di S. Francesco di Paola, riscritta dalli processi di sua beatificazione e canonizzazione, a cura di R. Benvenuto, Paola 2014; G. Amato, L’arte della santità. San N. Saggio di L. 1650-1709, Roma 2016.