CIMINELLO, Nicola
Del C., che ebbe la ventura di essere indicato per circa tre secoli come l'autore dei Cantari sulla guerra aquilana di Braccio, nulla sappiamo se non che fu rappresentante dei metallieri del "maestrato" del terzo bimestre del 1424 all'Aquila.
L'opera, composta di undici cantari, ognuno di 48 ottave in media, narra con acume storico e notevole documentazione l'assedio del 1423-1424 posto da Braccio da Montone all'Aquila, suo feudo, rioccupato dalle milizie di Giovanna II, che egli tentava allora di recuperare. L'assedio durò tredici mesi, culminando il 2giugno 1424 con una battaglia campale, che vide la sconfitta e la morte di Braccio. I particolari storici e la passione che anima il racconto dimostrano come l'autore assistette e partecipò allo svolgersi degli avvenimenti ed alle crudeli vicissitudini che la città si trovò a sopportare. Cessate le ostilità, fu inoltre cura dell'autore di raccogliere altro materiale storico sulle vicende alle quali, per l'isolamento in cui era forzatamente vissuto per più di un anno, non aveva assistito personalmente. Il poema, destinato ad essere letto in pubblico, deve essere stato compiuto entro i sei anni successivi all'epilogo della vicenda narrata. Di esso si hanno tre edizioni. La prima in ordine di tempo fu pubblicata nel sesto volume delle Antiquitates Italicae Medii Aevi (Mediolani 1742), a cura di A. L. Antinori; basata su una copia secentesca esemplata da Salvatore Massonio su un manoscritto anteriore incompleto, deperdito, fu pesantemente rimaneggiata. La seconda vide la luce a cura di V. Parlagreco (La guerra di Braccio..., Aquila 1903)., che la condusse su una copia anchessa, secentesca ed incompleta, scritta da Francesco Agnifili nel 1693. L'ultima infine per opera di R. Valentini, che la pubblicò a Roma nel 1935 nelle Fonti per lastoria d'Italia (LXXV, pp. 3-227), basandosi sul codice Antonelli del XV secolo posseduto dalla Biblioteca Augusta di Perugia. Questo manoscritto, donato all'Augusta pochi anni prima di quest'ultima edizione, era un codice che si riteneva perduto, ma che era stato conosciuto dall'Antinori. Questi infatti aveva apposto in calce al testo muratoriano un'annotazione, nella quale avvertiva di aver rinvenuto l'"originale" dell'opera quando l'edizione era già pronta, e di limitarsi, visto che dalla collazione (molto sommaria, si deve rilevare) non risultavano varianti di rilievo, ad aggiungere il nome dell'autore: Nicolò di Cimino, detto Ciminello. Il codice Antonelli reca in effetti la nota: "Opera di Nicola di Cimino di Bazzano" che però è posteriore di due secoli al codice stesso.
Resta da stabilire come si sia arrivati a questa attribuzione. I Cantari, nonostante il loro indubbio valore documentario, non avevano avuto molta fortuna fra gli storici, probabilmente perché scritti in volgare aquilano, e in secondo luogo a causa della loro forma poetica di carattere popolareggiante ed anche per la loro estensione notevole a confronto del periodo cronologico relativamente breve che trattavano. Tuttavia nel XVI secolo Angelo Fonticolano ne fece una traduzione in latino. Li conobbero anche Giuseppe Cacchio, Salvatore Massonio e Claudio Crispamonti, che li considerarono tutti opera di autore ignoto. Fu per primo Girolamo Rivera, altro erudito aquilano, morto nel 1622 che attribuì al C. l'opera. I dati sui quali egli si basò non possono però resistere alla più blanda contestazione: tra essi fu il fatto che il C., come rappresentante dei metallieri fu nel "maestrato" del maggio-giugno 1424, e che nelle copie del poema che circolavano al tempo del Rivera il C. figurava come portainsegna del quartiere di S. Maria prima della battaglia del 2 giugno. Il fatto che l'autore dell'opera con grandissima probabilità aveva partecipato di persona agli avvenimenti narrati sembrò avvalorare l'ipotesi che esso fosse un magistrato ed un combattente cittadino. In quanto. al secondo dato basta a vanificarlo la constatazione che nel codice Antonelli, di poco posteriore alla stesura dei Cantari, il nome del portainsegne non è Cola di Cimino, ma Nicola di Tonello. Inoltre sarebbe stato più che improbabile che un abitante di Bazzano recasse le insegne di un altro quartiere (cfr. V. Parlagreco, La guerra..., Aquila 1901 p. XII). Il dato che riguarda la magistratura non è parimenti valido come prova, poiché, come il C., sono nominati nel poema altri quarantasette magistrati; in quanto poi allo stemma miniato sulla prima carta del codice Antonelli non si sa di chi sia e quand'anche fosse dimostrato, come si volle per un certo periodo, che sia dei Cimini, non costituirebbe in alcun modo una prova a favore dell'attribuzione del poema al Ciminello.
I Cantari sulla guerra aquilana di Braccio sono tornati quindi, dal 1933, ad opera di R. Valentini, ad essere considerati anonimi ed al C. non rimane che l'attribuzione della magistratura già citata.
Bibl.: R. Valentini, Del cosidetto C. e del cod. Antonelli nuovamente ritrovato, in Convegno storico abruzzese-molisano. Atti e memorie, I, Casalbordino 1933, pp. 209-22; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, III, p. 118.