AMETRANO, Nicola
Nacque a Massalubrense alla fine del sec. XVI da un mercante di seta. Fu abate e visse in Napoli, dove nel 1620, per incarico del visitatore generale Juan Chacon, esercitava "con autorità eccessiva ed in modo infame" la vigilanza sui contrabbandi. Mancano altre notizie precise sull'attività dell'A. nel periodo precedente al 1647: si sa però che egli era a capo di una banda di ladri e di sicari che spargeva il terrore nei quartieri napoletani di Porto, di S. Caterina dei Trenettari "et altri luoghi di basso la città", spingendosi spesso anche sino a Massalubrense. Tutti questi delitti rimanevano impuniti per la protezione concessa all'A. da vari nobili napoletani e particolarmente dal duca di Maddaloni. Di quest'ultimo l'A. fu servitore fedelissimo, impegnato continuamente in incarichi riservati e pericolosi. Quando, il 12 maggio 1647, esplose nel porto di Napoli il galeone ammiraglio dell'armata navale spagnola, carico di settecento cantaia di polvere, che era in procinto di partire per la Spagna, la voce popolare accusò, quale ideatore dell'attentato, il duca di Maddaloni e, quale esecutore, l'A., che avrebbe ricevuto 4.000 scudi.
Con maggiore sicurezza si può attribuire all'A. un ruolo di primaria importanza, sempre come esecutore di ordini del Maddaloni, nella reazione nobiliare ai moti di Masaniello. Sicuramente introdusse in Napoli "molti huomini di fatdoni", fatti venire dai territori del duca, particolarmente da Maddaloni ed Arienzo, per opporli ai partigiani di Masaniello. L'A. organizzò e diresse, insieme con Domenico Perrone, altro partigiano del duca di Maddaloni, l'attentato contro Masaniello del 10 luglio 1647, nella chiesa del Carmine. L'attentato falli e, mentre il Perrone venne ucciso dai partigiani di Masaniello, l'A. riuscì a fuggire ed a rifugiarsi nella casa del duca di Caivano (secondo altre fonti l'A. si sarebbe invece nascosto nella chiesa di S. Anello delli Grassi). I popolari lo cercarono a lungo, ma dovettero limitarsi a dar fuoco alla sua casa. Il 15 luglio però l'A., travestito da marinaio, si pose alla ricerca di un altro asilo. Riconosciuto per i suoi lunghi capelli, fu trucidato e la sua testa fu portata in giro sulla punta di una lancia.
Qualche tempo dopo la morte dell'A., il 9 ag. 1647, un certo Andrea Paulucci, accusato di aver negoziato a Roma con l'ambasciatore del re di Francia presso il papa, F. Duval di Fontenay Mareuil, ai danni del governo spagnolo di Napoli, confessò sotto la tortura di aver avuto contatti con emissari del principe Tommaso di Savoia per introdurre le armi francesi nel Regno. Secondo questa confessione, tra gli ispiratori di questi contatti sarebbe stato anche l'Ametrano.
Fonti e Bibl.: G. Donzelli, Partenope liberata, Napoli 1647, p. 80; P. A. de Tarsia, Tumultos de la Ciudad y Reyno de Napoles en el año de 1647..., en Leòn de Francia 1670, p. 66; A. Giraffi, Ragguaglio del tumulto di Napoli, Brusselle 1844, p. 141; F. Capecelatro, Diario delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650, a cura di A. Granito di Belmonte, I, Napoli 1850, pp. 89 e 98; T. De Santis, Storia del tumulto di Napoli, I, Trieste 1858, p. 130; G. Ganuccio, Il Masaniello ossia La Rivoluzione di Napoli nel 1647. Memorie, Napoli 1860, p. 211; O. Sauli, Notizie circa la rivoluzione ultima nel regno di Napoli nelli anni 1647 e 1648, in Arch. stor. per le prov. napol., XV (1890), p. 373; B. Candida Gonzaga, Memorie delle fam. nobili delle province meridionali d'Italia, II, Napoli 1876, p. 149; A. Fiordelisi, Gli incendi a Napoli ai tempi di Masaniello, Napoli 1895, pp. 3, 36, 38, 40; M. Schipa, La mente di Masaniello, parte II, in Arch. stor. per le prov. napol., XXXIX (1914), p. 122.