NICODEMO
(Nicodemus, Nihodemus). – Non si hanno dati biografici di questo scultore e plasticatore, documentato negli Abruzzi tra 1150 e 1166, che in collaborazione con altri artefici, Ruggero e Roberto, realizzò cibori e pulpiti per chiese distribuite nell’arco dell’intera regione, dalla Marsica alla Maiella e alle valli del Vomano e del Pescara.
La bottega dei tre artefici, attestata epigraficamente per quattro volte, rivela legami familiari, secondo una pratica frequente nella tradizione artistica del tempo: Ruggero fu il padre di Roberto e Nicodemo sicuramente figlio di uno scultore; infatti, in un esametro dell’epigrafe (1151) di S. Martino sulla Marrucina (Chieti) si legge «inge/nio patrioq(u)e labore», evidente richiamo all’eredità artistica e tecnica del padre. Per le affinità nei modi e nello stile è ipotizzabile una parentela diretta di quest’ultimo con uno degli altri due scultori, più anziani, che eseguirono la più antica opera della bottega: il ciborio della chiesa di S. Clemente al Vomano (nel comune di Notaresco, Teramo), dipendenza del monastero di S. Clemente a Casauria (Aceto, 2001).
L’esame delle epigrafi e delle opere superstiti della bottega indica in Nicodemo lo scultore maggiormente attestato, con tre opere, mentre il ‘capostipite’ Ruggero venne registrato una volta sola e Roberto due volte.
Il loro linguaggio fuse e innovò le istanze artistiche fiorite in Abruzzo nella prima metà del XII secolo sia nella scultura lapidea sia nell’intaglio ligneo, anche grazie all’impiego dello stucco, una tecnica probabilmente nuova per la regione. La decorazione plastica veniva realizzata con un impasto fine e solido che permise agli scultori una ricca, calligrafica definizione di figure e disegni. Gli artisti utilizzavano molto probabilmente casseforme sagomate entro cui colare la miscela dando vita a moduli che venivano assemblati e rifiniti dopo la messa in opera, con ampi interventi scultorei di modellamento e la dipintura delle superfici (ancora oggi in parte policrome; Perugini, 1996; Gandolfo, 2002; Nenci, 2006). Questa pratica offrì agli scultori la possibilità di differenziare, nell’ambito di cibori e pulpiti dalla forma analoga, i particolari esecutivi delle singole realizzazioni, palesando soluzioni iconografiche e formali sempre diverse, anche nel caso di scene simili replicate da un’opera all’altra.
Nicodemo fu attivo dapprima nella chiesa di S. Maria in Valle Porclaneta (nel comune di Magliano de’ Marsi, Aquila), donata da Berardo III conte dei Marsi al monastero di Montecassino intorno al 1077. Il pulpito, mutilo e in parte ricomposto, è assegnato allo scultore, insieme a Roberto, da un’iscrizione in esametri, posta lungo la cornice della scala, che celebra le capacità dei due artefici (in primis Roberto) e reca una data, giunta in una formulazione lacunosa, da interpretare come 1150; nel coro si conserva, inoltre, il ciborio, di forma analoga all’esemplare di S. Clemente al Vomano, assegnabile agli stessi artefici.
Da solo eseguì nel 1151 un’opera nella chiesa del monastero di S. Martino a San Martino sulla Marrucina (Chieti), come attesta un’epigrafe (conservata oggi in municipio) che proviene dalla chiesa, crollata nel 1919, dove, erratica, era murata nella parete sinistra (Balzano, 1949). La lunga iscrizione in esametri ripete formule già presenti a S. Maria, con la data, accompagnata dalla rara attestazione dell’epatta come nelle imposte lignee figurate (1132) della chiesa benedettina di S. Maria de Cellis (ora nel Museo di Celano, Aquila); inoltre vi si loda il multiforme ingegno dell’artista (menzionato più volte), capace di fondere figure umane, di volatili e di animali terrestri.
Nella chiesa del monastero benedettino di S. Maria del Lago a Moscufo (Pescara), eseguì, ancora da solo, un nuovo pulpito, le cui epigrafi attestano la datazione (1159) e il nome dell’artista. Un terzo pulpito da attribuire a Nicodemo, datato al 1166 da un’iscrizione, si conserva nella chiesa parrocchiale di S. Stefano a Cugnoli (Pescara) dove l’opera fu trasferita da un cenobio ignoto (si è supposto quello di S. Pietro, in prossimità della cittadina). Nelle iscrizioni di entrambe le opere viene menzionato quale committente l’ecclesiastico Rainaldo («prelatus» a Moscufo, «abbas» a Cugnoli; Bologna, 2003).
La ripetuta presenza delle opere di Ruggero, Roberto e Nicodemo all’interno di edifici benedettini fa ritenere che gli artefici fossero legati all’ambiente monastico, per esempio quali laici conversi dediti ad attività artistiche. Rimanda, inoltre, allo stesso milieu culturale l’insistita formulazione delle epigrafi che, sia pure in un latino non sempre sicuro, mostra richiami alla classicità e l’intenzione di celebrare le capacità degli artefici e le peculiarità tecniche e iconografiche delle opere quali espressioni della volontà divina.
I pulpiti di Nicodemo sono retti da colonne che racchiudono un altare secondo la soluzione dell’ambonziborium frequente nell’arredo medievale (Braun, 1924). Raggiunti da una scala a doppia rampa hanno la forma a cassa, con due lettorini semicircolari al centro delle due facce principali recanti i simboli degli evangelisti e un terzo leggio nel lato corto addossato alla scala; uno dei colonnini angolari (decorati con figure addossate, tra cui lo Spinario, replica della statua bronzea romana simbolo della lussuria nel Medioevo) fungeva da reggicandelabro pasquale. Sui parapetti della scala scorrono episodi della vita del profeta Giona, figura Christi e allegoria della disubbidienza a Dio punita (Gandolfo, 2004). Sulla cassa, entro riquadri, si riconoscono: il re David che suona, smascella il leone (in una posa che lo confonde con Sansone), combatte l’orso; tre santi (Onofrio, Giorgio, Giovanni evangelista); tre diaconi con aureola celebranti: con il turibolo; con il calice; un terzo che legge dal pulpito (Aventin, 2003). Nei pennacchi e sui capitelli, racemi abitati con figure umane e animali, reali fantastiche e mostruose intrecciate e in lotta tra di loro.
Fonti e Bibl.: C.C. Perkins, Italian sculptors, London 1868, pp. 29 s.; D. Salazaro, Studi sui monumenti dell’Italia meridionale, II, Napoli 1877, p. 43; C. Rohault de Fleury, La messe, III, Paris 1883, pp. 40 s.; V. Bindi, Artisti abruzzesi, Napoli 1883, pp. 194-196; Id., Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi, Napoli 1889, pp. 513-516, 902 s.; A. De Nino, Ambone nella chiesa parrocchiale di Cugnoli, in L’Arte, V (1902), pp. 262 s., 424 s.; J.L. Hieberg, Die Kanzel in Moscufo und verwandte mittelalterliche Kanzeln aus den Abruzzen, in Zeitschrift für Bauwesen, LIII (1903), coll. 275-283; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, III, L’arte romanica, Milano 1904, pp. 710-714; É. Bertaux, L’art dans l’Italie méridionale, Paris 1904, pp. 560-566; J.L. Hieberg, Die Kanzel in Cugnoli, in Die Denkmalpflege, VII (1905), pp. 128-130; V. Balzano, L’arte abruzzese, Bergamo 1910, pp. 20-28; J. Braun, Der christliche Altar in seiner geschichtlichen Entwicklung, II, München 1924, pp. 223-227, 251 s.; P. Toesca, Il Medioevo, Torino 1927, pp. 842 s.; I.C. Gavini, Storia dell’architettura in Abruzzo, I, Milano-Roma 1927-28, pp. 176-196, 292-293; O. Lehmann-Brockhaus, Die Kanzeln der Arbuzzen im 12. und 13. Jahrhundert, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, VI (1942-44), pp. 271-317; V. Balzano, Una famiglia di scultori abruzzesi e le loro iscrizioni del secolo XII. L’iscrizione di mastro N. (1151), in Bullettino dell’Archivio paleografico italiano, VIII (1949), pp. 11-17; M. Moretti, Architettura medioevale in Abruzzo (dal VI al XVI secolo), Roma s.d. [ma 1971], pp. 86-97, 172-181; A. Perugini, Der Ambo von Moscufo und Beobachtungen zur Stucktechnik in den Abruzzen, in Stuck des frühen und hohen Mittelalters, Atti del Convegno… Hildesheim… 1995, a cura di M. Exner, München 1996, pp. 140-149; M.L. Fobelli, Ruggero, Roberto e N., in Enciclopedia dell’arte medievale, X, Roma 1999, pp. 201-204 (con ulteriore bibliografia); F. Aceto, L’Abruzzo e il Molise, in La scultura d’età normanna tra Inghilterra e Terrasanta. Questioni storiografiche, Atti del Congresso… Ariano Irpino… 1998, a cura di M. D’Onofrio, Roma-Bari 2001, pp. 52-59; F. Gandolfo, L’uso dei modelli in una bottega di stuccatori abruzzesi alla metà del XII secolo, in Medioevo: i modelli, Atti del Convegno… Parma… 1999, a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2002, pp. 319-329; L. Aventin, Des images au service de la parole. Le programe iconographique des ambons de Rosciolo, Moscufo et Cugnoli (Abruzzes, 1157-1166), in Cahiers de civilisation médiévale, XLVI (2003), pp. 301-326; F. Bologna, Ambone di N., 1156. S. Maria del Lago, Moscufo; Ambone del 1166. Chiesa di S. Stefano, Cugnoli in Dalla valle del Fino alla valle del medio e alto Pescara, Pescara 2003, pp. 335-340, 403-405; F. Gandolfo, Scultura medievale in Abruzzo, Pescara 2004, pp. 61-90; C. Nenci, Gli stucchi italiani. Nuove ricerche su alcune opere in stucco dell’Abruzzo, in Stucs et décors de la fin de l’antiquité au Moyen Âge (Ve-XIIe siècle), Actes du colloque international… Poitiers…2004, a cura di C. Sapin, Turnhout 2006, pp. 269-283; A. Dietl, Die Sprache der Signatur, Berlin 2009, pp. 226-245, 751 s., 913-915, 1092-1094, 1513-1516 (con ulteriore bibliografia); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 445.