DELLA SCALA, Nicodemo
Nacque, probabilmente verso la fine del secolo XIV, dal matrimonio di Guglielmo, figlio illegittimo di Cangrande (II) Della Scala, signore di Verona e Vicenza, con una nobildonna di cui si ignora il nome, appartenente forse alla casa di Savoia; fu quindi fratello minore di Brunoro e di Antonio. Trasferitosi in Baviera insieme con la madre e alcuni dei suoi fratelli, vi passò l'adolescenza e fu avviato alla carriera ecclesiastica. Nel 1417 è ricordato, al pari dei fratelli Brunoro, Paolo, Fregnano e Bartolomeo e della sorella Oria (Laura), al concilio di Costanza, dove entrò in contatto con Sigismondo di Lussemburgo e col neo eletto papa Martino V.
Un documento del 13 apr. 1419 ci informa che il D. era canonico di Basilea, familiare e cubiculario pontificio: si tratta dell'atto con cui il pontefice nominò il D. - allora a Firenze - suo "capellanum, commensalem et subdiaconum". Successivamente il D. prestò il giuramento prescritto davanti al cardinale camerlengo (Arch. segr. Vat., Div. Cam. 5, ff. 58v-59v) e il 6 maggio 1419 chiese due canonicati con prebenda a Basilea e a Strasburgo (Ibid., Reg. Suppl. 125, ff. 68rv): la sua richiesta dovette essere accolta, dato che egli risulta titolare di un canonicato a Strasburgo al momento della nomina a vescovo (ibid. 140, f. 131r). Negli anni successivi visse alla corte di Landshut, dove ricoprì l'ufficio di tesoriere ducale e dove, durante l'assenza del duca Enrico IV di Baviera-Landshut, assunse l'amministrazione del ducato, risanando completamente le finanze disastrate. Da allora i Wittelsbach del ramo di Landshut furono considerati "i duchi ricchi".
Fu certamente grazie alle qualità dimostrate in questa occasione che Martino V lo nominò, il 29 marzo 1420, vescovo di Frisinga come successore di Hermann von Cilly, trasferito a Trento. Il D. tuttavia non poté prendere possesso del vescovato, anche se il 25 giugno 1421 si obbligò regolarmente al pagamento dei servizi (Arch. segr. Vat. [Fondo Archivio di Stato], Com. Ap. Annatae A. 1, f. 21r), perché impedimenti canonici si opponevano al trasferimento di Hermann a Trento. Un successivo tentativo di procurare al D. il vescovato di Gurk fallì ugualmente. Soltanto dopo la morte di Hermann (13 dic. 1421), Martino V, il 20 marzo 1422, assegnò di nuovo al D. il vescovato di Frisinga, nonostante che il capitolo avesse eletto vescovo (29 genn.) il canonico Johannes Grünwalder, figlio naturale di un duca bavarese (Ibid., Reg. Lat. 221, ff. 126r-127v). Al Momento della nomina il D. si trovava in Curia e si impegnò immediatamente al pagamento dei servizi che ammontavano a 4.000 fiorini, dopo aver rinunciato, il giorno precedente, ai suoi diritti come suddiacono (Ibid., Oblig. et Sol. 58, f. 219v).
Nemmeno questa volta, però, fu facile per lui prendere possesso del vescovato. Sia il duca Alberto V di Austria, sia i duchi Ernesto e Guglielmo III di Baviera si rifiutarono di riconoscere la sua nomina. I possedimenti del vescovato si trovavano per lo più nei territori dell'Asburgo il quale, nonostante le lettere pontificie che autorizzavano il D. a prendere possesso della diocesi, si oppose tenacemente, forse anche a motivo di una lite con i Della Scala che durava dal 1417, giudicandolo inadatto a ricoprire la dignità in quanto straniero e privo della necessaria familiarità con i costumi e con la liturgia dei suoi sudditi. Alla fine il duca Enrico di Baviera riuscì a fare cambiare atteggiamento ad Alberto d'Austria: il 18 sett. 1422 questi riconobbe il D. come vescovo di Frisinga e concluse con lui un accordo di mutuo soccorso. Poco prima, il 26 agosto, Sigismondo di Lussemburgo nella sua qualità di re dei Romani aveva investito il D. delle regalie spettanti al suo vescovato. Ancora più difficile fu, comunque, per il D. vincere le resistenze che la sua nomina incontrava nella Baviera stessa, dove i duchi Ernesto e Guglielmo sostenevano apertamente il Grünwalder, al quale avevano concesso il castello e la signoria di Werdenfels come sede provvisoria del vescovato. Anche il capitolo di Frisinga stava dalla parte del Grünwalder. Perciò il procuratore del D., Johannes Stalberg, benché munito di lettere pontificie, non poté prendere possesso del vescovato; e nemmeno i pieni poteri conferitigli da Martino V il 2 maggio 1423 - in virtù dei quali era investito dell'autorità di procedere con i mezzi più severi contro chiunque gli avesse impedito l'esercizio delle sue funzioni - riuscirono a fargli raggiungere l'obiettivo. Solo il 7 dic. 1423 la questione si risolse grazie alla mediazione dell'arcivescovo di Salisburgo: il Grünwalder rinunciò ai diritti sulla diocesi ed ottenne in cambio una pensione annua di 200 fiorini d'oro. Soltanto allora il D. poté entrare in possesso del suo vescovato e dei possedimenti annessi.
Il problema più urgente che dovette affrontare fu quello della restituzione dei debiti che erano stati accumulati negli anni della lotta per la sede vescovile, e che erano costituiti principalmente dalle somme arretrate dovute alla Curia (il pagamento avvenne a rate di 400 o 200 fiorini d'oro e ancora nel giugno del 1431 il debito non era del tutto estinto) e da un credito di 2.550 fiorini ungheresi accordatogli dal duca Guglielmo di Baviera, inizialmente suo avversario (di tale somma il 1º febbr. 1424 risultavano restituiti 1.000 fiorini).
Il D. si riconciliò subito sia con il capitolo del duomo sia con il Grünwalder - che nominò proprio vicario generale - e stabilì ben presto ottimi rapporti con il duca Alberto d'Austria, sostenendolo dal 1423 nel conflitto per il vescovato di Passavia. Per espresso desiderio di Alberto, Martino V nominò il D., il 18 genn. 1425, amministratore apostolico in quelle parti della diocesi che facevano parte del territorio dell'Asburgo. Tuttavia già il 28 febbraio la nomina dovette essere modificata nel senso che il D. doveva fungere soltanto come vicario del vescovo Leonhard von Laymingen. Nonostante la piena soluzione degli antichi contrasti, il D. incontrò tante difficoltà nel governo della sua diocesi che chiese al papa di sollevarlo dall'amministrazione del vescovato. La sua richiesta fu accolta il 29 giugno 1425.
Cordiali furono anche i rapporti del D. con il re dei Romani, Sigismondo di Lussemburgo, alla corte del quale egli fu spesso presente: nell'estate del 1422 a Norimberga (insieme con i fratelli Brunoro, Paolo, Fregnano e Bartolomeo, i "quattro signori di Berna"); nell'ottobre del 1423 a Ofen, quando Alberto V d'Austria fu investito della Marca di Moravia; nel gennaio del 1425, quando Sigismondo gli confermò i privilegi della Chiesa di Frisinga. Anche in seguito lo troviamo spesso a fianco del re: nel marzo 1426 fu insieme con lui a Vienna; nel 1428 partecipò a Norimberga, tra il febbraio e l'aprile, alla riunione dei principi dell'Impero; nel 1429 partecipò alla Dieta imperiale di Presburgo e nel maggio del 1430 fu di nuovo presente a Norimberga.
Nel frattempo erano diventati sempre più stretti i rapporti del D. con il duca Alberto d'Austria presso il quale egli si recava spesso a Vienna. Nel marzo del 1429 Alberto gli conferì l'incarico di assicurare che il denaro raccolto per la campagna contro gli ussiti finisse effettivamente nelle casse ducali (Reg. Imp., XI, nn. 7194, 7199). Infine il duca lo nominò suo rappresentante ufficiale al concilio di Basilea.
Insieme con il rappresentante dell'università di Vienna, Thomas Ebendorfer, e il teologo Johannes Himmel che gli era stato affiancato come consigliere, il D. arrivò a Basilea il 28 giugno 1432 e fu incorporato nel concilio, dopo aver prestato il giuramento, il 4 luglio 1432. Partecipò attivamente alle trattative con gli ambasciatori di Eugenio IV e ai lavori della "deputacio pro communibus" di cui faceva parte. Il 24 sett. 1432 fu inviato come rappresentante del concilio a Norimberga per presenziare alla riunione dei principi elettori. Accompagnato dall'Ebendorfer e dal suo giovane segretario Enea Silvio Piccolomini, il futuro Pio II, il D. lasciò Basilea per farvi ritorno il 18 ottobre. Il 24 dello stesso mese presentò all'assemblea conciliare i risultati delle trattative condotte a Norimberga. Nel settembre dell'anno successivo il D. abbandonò definitivamente la città del concilio, costringendo il Piccolomini a cercarsi un nuovo padrone. Durante un altro suo soggiorno a Vienna il rettore dell'università si recò da lui per ringraziarlo ufficialmente della generosa ospitalità accordata a Basilea all'Ebendorfer, il quale, dal canto suo, non seppe mai lodare abbastanza la benevolenza e la liberalità dimostrategli dal Della Scala.
A fianco dell'imperatore il D. tornò ancora una volta a Basilea nell'aprile del 1434; insieme con il fratello Brunoro è ricordato varie volte come testimone o come assessore del tribunale imperiale. Sempre al seguito di Sigismondo partecipò tra il maggio e l'agosto del 1434 alla Dieta di Ulm, dove l'imperatore il 20 giugno gli confermò i privilegi della Chiesa di Frisinga ed assunse il vescovato sotto la protezione imperiale (Reg. Imp., XI,nn. 10518 s.). Il 1º febbr. 1435 il suo nome ricorre, insieme con quello del fratello Brunoro, tra i testimoni di una sentenza imperiale pronunciata a Vienna (ibid., n. 11018).
Anche il successore di Sigismondo, Alberto V d'Austria (re Alberto II), si servì del D. come consigliere e ambasciatore. Il 29 giugno 1438 il D. presenziò a Praga all'incoronazione di Alberto a re di Boemia. Assistette anche alla morte di Alberto, avvenuta a Langendorf sul Danubio (Neszmely) il 27 ott. 1439. Nel testamento il re aveva inserito il D. in una commissione di rappresentanti degli stati dei suoi territori cui era demandato il controllo della contabilità.
Anche i rapporti del D. con il successore di Alberto, Federico V (III) d'Austria, furono buoni ma di breve durata, ché, mentre era a Vienna per la conferma delle regalie della Chiesa di Frisinga, il D. morì improvvisamente il 13 ag. 1443. Fu sepolto a Vienna, nella chiesa degli eremitani di S. Agostino vicino al castello davanti all'altare della S. Croce.
Il monumento sepolcrale fatto erigere per il D. fu distrutto nel 1608 in occasione dei lavori di trasformazione della chiesa. Si è invece conservato il monumento letterario dedicatogli dal suo vecchio segretario Enea Silvio che nel 1443 aveva avuto di nuovo occasione di incontrare il D. nella Cancelleria reale. Nel Pentalogus de rebus ecclesiae et imperii il D. figura, infatti, tra i partecipanti a una discussione su un tema allora di grande attualità, la posizione, cioè, che l'Impero doveva assumere nel contrasto tra il concilio e il papa. Il D. vi viene indicato come "vir praestantisimus et maximae probitatis", un giudizio pienamente. giustificato dalla sua condotta di vita. Egli, infatti, aveva dedicato attenta cura alla sua diocesi preoccupandosi, tra l'altro, di migliorare la disciplina ecclesiastica, come dimostra il sinodo diocesano celebrato nell'autunno 1440. Alla sua Chiesa il D. donò una preziosa icona, che secondo una leggenda era stata dipinta da s. Luca e che egli aveva ereditato dal fratello Brunoro.
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