STROZZI, Niccolò.
– Nacque a Firenze il 3 novembre 1590, da Tommaso di Simone e da Francesca Guidotti.
Il padre apparteneva a un ramo della grande consorteria già ricco e influente, ma impoveritosi nel corso del Quattrocento a causa di rovesci economici e politici. Nei concitati avvenimenti del 1527-30 vari esponenti si erano segnalati per la posizione fermamente antimedicea e per la decisa adesione all’ultima Repubblica, ed erano incorsi nelle dure ritorsioni seguite all’instaurazione del principato ereditario mediceo, andando ad alimentare negli anni di Cosimo I i ranghi del fuoruscitismo politico. Tuttavia, all’epoca di Niccolò si era già verificato il reinserimento fiorentino della famiglia.
Niccolò fu fratello minore dell’erudito e raccoglitore di memorie familiari Carlo e di Alessandro, canonico del duomo, auditore presso la nunziatura di Firenze, vescovo di Adria e poi di S. Miniato.
Inizialmente destinato alla carriera mercantile, Strozzi fu impiegato all’inizio del 1610 nel banco commerciale di Alessandro, Alfonso e Filippo Strozzi. Nel 1612, a seguito della morte del padre (12 giugno), entrò in possesso assieme con i fratelli dei limitati beni del suo ramo familiare, che comprendevano una casa per loro abitazione situata nel «popolo di San Pancrazio nella Vigna de’ Rucellai» (poi via della Vigna Nuova; Archivio di Stato di Firenze, Dec. Grand., 2749, arr. 72, 2768, arr. 124). Tra il 1620 e il 1626, mediante vari atti di divisione, lodo e donazione che posero fine a una serie di liti tra i fratelli, tutti i beni vennero assegnati al fratello Carlo. Niccolò ne trasse una modesta rendita annuale, alla quale poté aggiungere in seguito i proventi che gli derivarono dall’impiego diplomatico e dai benefici ecclesiastici di cui divenne titolare; certamente però il suo tenore di vita non superò mai un livello di moderata agiatezza.
Nel frattempo, attorno al 1620, si era trasferito a Roma dove svolse mansioni di segreteria presso ecclesiastici della Curia; con l’elezione al soglio pontificio di Maffeo Barberini (papa Urbano VIII, 6 agosto 1623), al quale la famiglia di Strozzi era assai legata, la sua carriera si indirizzò con maggior decisione in ambito ecclesiastico. Dal 1623 si stabilì in Spagna, come segretario presso quella nunziatura, retta da monsignor Innocenzo Massimi, vescovo di Bertinoro, che in precedenza (1621-22) era stato nunzio in Toscana. Con questo impiego, Strozzi maturò competenze in ambito diplomatico – un’esperienza che gli sarebbe tornata utile nel prosieguo della vita; in pari tempo, nella capitale spagnola ebbe modo di coltivare e approfondire i suoi interessi letterari, prendendo anche parte al ‘cenacolo italiano’ di Lope de Vega – di cui la nunziatura pontificia fu, assieme con l’ambasciata toscana uno dei poli di aggregazione – e costituì uno dei principali vettori dell’intensa circolazione delle opere letterarie spagnole – in specie teatrali – a Firenze. Il grande drammaturgo spagnolo dedicò anche a Strozzi un suo sonetto (Levi, 1935, p. 103).
Nel 1623 Strozzi seguì da vicino le negoziazioni relative al progetto di matrimonio tra il principe Carlo d’Inghilterra e l’infanta Maria Anna d’Asburgo, non concretizzatosi per motivi religiosi, e fu testimone del viaggio e permanenza del principe a Madrid (Archivio di Stato di Firenze, Carte strozziane, Serie prima, 286). Di questa trattativa matrimoniale redasse una dettagliata relazione rimasta manoscritta (Serie terza, 222, cc. 202-229). Manoscritto si è conservato anche un suo più tardo componimento sui modi più opportuni di comportamento nelle corti (Avvertimenti aulici al sig. Niccolò Della Luna, (1654-1655), Firenze, Biblioteca nazionale, Baldovinetti, 161; minuta con correzioni in Carte strozziane, Serie terza, 222, cc. 259-292).
Fece rientro in patria verso il 1626-27 con il titolo di protononario apostolico e diversi benefici ecclesiastici (abate di S. Antonio di Bisceglie e dei Ss. Eleuterio e Giovanni di Marcia). Al servizio di Alessandro Cesarini, dopo la nomina di quest’ultimo a cardinale (1627) ebbe la carica di coppiere.
Rimase sempre in rapporti particolarmente stretti con il fratello Carlo, al quale lo legavano i comuni interessi letterari, come testimoniano i frequenti scambi epistolari tra i due conservatisi nell’archivio di famiglia. Nel 1635, da Roma, si fece latore al fratello delle correzioni da apportare alla nuova edizione dell’opera di Ugolino Verino De illustratione urbis Florentiae – alla quale quest’ultimo stava lavorando e che sarebbe uscita nel 1536 – nella parte riguardante i Barberini, onde rispettare i desideri di Urbano VIII e rendere gradita al papa la pubblicazione (Carte strozziane, Serie terza, 47; cfr. su questo episodio, diffusamente, Del Lungo, 1917, pp. 3-78). A Roma frequentò gli ambienti culturali della corte barberiniana ed ebbe familiarità con molti dei letterati che vi praticavano. Nel 1637 curò l’edizione della Instruttione alla vita civile per li giovanetti nobili, opera in versi di Francesco Bracciolini, con dedica di Strozzi al marchese Luigi Strozzi.
Al titolo di abate si aggiunse, nel 1638, quello di canonico del duomo di Firenze (Salvini, 1782, p. 125).
Grazie alla protezione di Maria de’ Medici, regina di Francia, e poi del cardinale Giulio Mazzarino, poté entrare e mantenersi al servizio della corte francese. Ebbe il titolo onorifico di elemosiniere di Luigi XIII, che lo nominò successivamente suo consigliere e ministro residente in Toscana, cariche che mantenne anche sotto Luigi XIV. Fu sempre in ottimi rapporti con il cardinale Mazzarino, e i suoi scambi epistolari con la segreteria del cardinale testimoniano la sua solerzia nel trasmettere avvisi e informazioni che potevano essere di qualche utilità per la politica estera francese. Una sede diplomatica certo secondaria quella toscana, ma collocata al centro del palcoscenico italiano al quale Mazzarino dedicò sempre una grande attenzione. Una parte delle carte diplomatiche di Strozzi, e in particolare della sua corrispondenza con Mazzarino e altri ministri della corte francese, è conservata nel fondo strozziano fiorentino (Carte strozziane, Serie prima, 310; Serie terza, 150, 224, 248).
Malgrado la carriera diplomatica, i suoi interessi prevalenti rimasero sempre quelli letterari. Negli anni giovanili fu affiliato all’Accademia Fiorentina (1606) e a quelle degli Alterati (con lo pseudonimo di Ammostato) e degli Svogliati. Fece parte anche dell’Accademia romana dei Fantastici, che pubblicò in una propria raccolta diverse sue poesie (Poesie de’ signori accademici Fantastici, Roma 1637). Fra l’ottobre del 1644 e il marzo del 1648 fu ammesso all’Accademia della Crusca per iniziativa del principe Leopoldo de’ Medici. Assunse il nome accademico di Contento e fu membro della deputazione «sopra la scelta delle composizioni da porsi in luce d’autori fiorentini» nel 1650, consigliere nel 1651-52.
Di lui come letterato restano componimenti poetici di vario genere, orazioni e testi di circostanza: epitalami, encomi e panegirici funebri, dei quali fu reputato compositore e acclamato oratore. Molte di queste sue composizioni furono declamate di fronte alle accademie di cui fece parte, o ai confratelli della Compagnia fiorentina dell’Arcangelo Raffaello, della quale fu per molti anni tra i più attivi animatori. Un elenco delle opere (comprendenti una raccolta di poesie dal titolo Selva del Parnaso, rimasta manoscritta nell’archivio di famiglia) è contenuto nel catalogo degli scrittori fiorentini compilato agli inizi del Settecento da Giulio Negri (1722, p. 432); inoltre, una parte della sua produzione letteraria, manoscritta e a stampa, si trova riunita nella già citata busta 222 delle Carte strozziane, Serie terza. Si segnala in particolare il primo canto di un ambizioso poema sulle gesta di Amedeo di Savoia, rimasto incompiuto alla morte di Strozzi (cc. 242-258).
Strozzi morì a Firenze il 17 gennaio 1655.
Pompeo Litta (1839) lo definisce «di un umore molto bizzarro e inclinatissimo a scrivere poesie oscene»; Salvino Salvini invece, nel suo Catalogo dei canonici fiorentini (1782), lo segnala come «riguardevole per la pietà» e «celebre letterato e poeta toscano» (p. 125). Sul suo carattere prudente, componente essenziale delle doti di diplomatico, così come sulla sua ‘gentilissima’ ispirazione poetica e la sua «rara e dotta eloquenza nell’arte oratoria», pone invece l’accento il gesuita ferrarese Giulio Negri (1722, p. 432). Per Francesco Inghirami (1844) fu «facetissimo e oggetto di scherzo» dei suoi amici (p. 330), e, certo, fu questa impronta caratteriale a essere più sottolineata dagli osservatori contemporanei.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Carte strozziane, Serie prima, 286 (lettere al fratello Carlo e documenti sul matrimonio tra Carlo principe di Galles e l’infanta Maria); 310 (Istruzioni e carte diplomatiche); Serie terza, 47, cc. 36-72 (lettere di Strozzi da Roma, 1635); 150 (lettere a Strozzi); 222 (poesie e altre opere manoscritte di Strozzi); 224 (corrispondenza di Strozzi come residente toscano del re di Francia, 1642-48); Serie quarta, 97-99, 106, 108, 110 (ricordi e documenti di amministrazione relativi a Strozzi e ai fratelli); Decima granducale, 2749 (arr. 72, a. 1612), 2771 (arr. 143, a. 1626); Notarile moderno, 6779, n. 59, 9310, n. 174 (atti di divisione tra Strozzi e i fratelli); Miscellanea medicea, 511-512 (copie di lettere della segreteria del cardinale Mazzarino a Strozzi); Firenze, Biblioteca nazionale, Palatini, 263, p. 211; Panciatichi, 320, c. 144r, 366, cc. 94v-95r; Landau Finaly, 211, cc. 147r-149v (sonetti di Strozzi); Nuove accessioni, 1112.
I. Rilli, Notizie letterarie ed istoriche intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, Firenze 1700, pp. 310 s.; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 432; S. Salvini, Catalogo cronologico de’ canonici della Chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1782, p. 125; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, II, Firenze 1805, pp. 370 s.; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Strozzi di Firenze, s. l. 1839, tav. XV; F. Inghirami, Storia della Toscana..., XIV, Fiesole 1844, pp. 329 s.; I. Del Lungo, Una manipolazione letteraria nel secolo XVII, in Archivio storico italiano, LXXV (1917), 1, pp. 3-78; E. Levi, Lope de Vega e l’Italia, Firenze 1935, pp. 51-58, 103; S. Vuelta Garcia, I cultori del teatro spagnolo nelle accademie fiorentine del Seicento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens (XVII-XVIII siécles), a cura di J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Roma 2005, pp. 474-479; Accademia della Crusca, Catalogo degli Accademici, Strozzi Niccolò, http://www.accademicidellacrusca.org/scheda?IDN=2276 (14 gennaio 2019).