PASQUALIGO, Niccolo
PASQUALIGO, Niccolò. – Nacque a Venezia, nella zona di S. Stae, il 26 luglio 1770, terzo dei quattro figli di Francesco di Giovanni e di Taddea Bembo. Prima di lui nacquero Giulia, sposa il 10 ottobre 1781 a Giuseppe Da Riva, e Giovanni; dopo di lui, Lorenzo. Fanciullo, rimase orfano del padre, che morì a 59 anni il 28 dicembre 1777 ab intestato.
Dall’inventariazione dei beni paterni risulta che l’abitazione della famiglia fosse più che decorosa, con mobili anche di pregio, drappi, tappeti, specchi, argenteria. Inoltre, il defunto lasciò alcune proprietà in Friuli, tutte modeste, meno se sommate. Tra i libri di Francesco vi erano opere di qualche storico veneto, ma anche di Antonio Genovesi, Jacques Bénigne Bossuet, Ludovico Antonio Muratori, Cicerone, dizionari – quello italo-francese e quello italo-latino –, trattati giuridici, specie di materia criminale. Nulla però della recente letteratura illuministica.
Diciottenne, Pasqualigo si imbarcò su La fama, di cui era comandante Angelo Emo, che lo ebbe in simpatia. Ai suoi ordini partecipò al conflitto con il bey di Tunisi, alla repressione d’una pirateria testardamente non doma. Morto Emo, il 1° marzo 1792, a Malta, Pasqualigo, al comando dell’Enea, recò la notizia a Cagliari al viceammiraglio Domenico Condulmer. Giunta la salma di Emo a Venezia il 25 maggio 1792, la Serenissima ripiegò su una politica conciliante e il 18 maggio concluse un trattato con il bey di Tunisi. Il 16 giugno la flotta fu richiamata a Corfù, dove, nel 1793, fu castellano un altro Pasqualigo, Andrea Francesco. Continuavano intanto – come lamenta, il 28 febbraio 1796, il capitano del Golfo Bernardo Trevisan – le «arbitrarie intrusioni» in Adriatico «de’ corsari delle reggenze affricane», contro le quali anche Pasqualigo fu mobilitato. Sopracomito o capitano di galera, era a Zara quando cadde la Serenissima e la città fu occupata dall’Impero. Essendo rimasta a disposizione dell’Austria la parte delle squadre venete rimasta in Dalmazia, la galea Zaira, da lui capitanata, fece parte delle quattordici unità veneziane utilizzate dal generale cesareo Matteo Rukavina per l’occupazione delle bocche di Cattaro, nell’agosto del 1797. Inquadrato come ufficiale di marina, gli fu affidato il comando della marineria costiera. Promosso capitano di corvetta nel 1800, nel 1804 fu nominato ciambellano e nel 1805 direttore principale dell’Arsenale.
Pasqualigo non fu un avventuriero disposto a battersi per tutte le bandiere, ma un ufficiale di marina ed è la continuità del suo servizio che lo connota, anche se le bandiere cambiarono. Finita la prima dominazione austriaca, durata dal 18 gennaio 1798 al 19 gennaio 1806, divenne ciambellano di Sua maestà imperiale e reale apostolica. Per quel che lo concerne, la pace di Presburgo del 26 dicembre 1805 non costituì un dramma. L’inaugurazione, il 16 agosto 1806, all’Arsenale del busto di Napoleone – magari nell’intimo non più tanto gradita – non comportò, per la sua inquadrata esistenza, alcun sommovimento. Decretata da Napoleone, già il 30 marzo 1805, l’unione di Venezia al Regno d'Italia, fu insignito dell’ordine cavalleresco della Corona ferrea e messo al comando della fregata Adria, poi di un’altra fregata, più grossa, La corona. A capo di questa si unì alla flotta – altrimenti costituita da sole unità francesi – comandata da Bernard Dubourdieu. Avvistata, nell’avvicinarsi a Lissa, la divisione britannica, Dubourdieu l’attaccò. Disponeva di forze ben maggiori: quattro fregate, tra le quali la Favorita, donde guidava la flotta, e La corona, agli ordini di Pasqualigo; due corvette, due brigantini, uno sciabecco. Inferiori quelle agli ordini del suo avversario, il commodoro William Hoste: solo tre fregate e una corvetta. Ma la maldestra direzione di Dubourdieu – peraltro colpito a morte nello scontro – procurò la vittoria degli inglesi. La sconfitta della flotta franco-italiana avvenne l'11 marzo 1811 (ma venne appresa a Venezia il 13). Pasqualigo, al comando come detto de La corona, dopo lunga resistenza, fu costretto alla resa dall’incendio scoppiato a bordo. Tradotto a Malta e qui prigioniero – ma trattato con riguardo per rispetto al grado e anche del suo valoroso comportamento –, fu liberato dopo qualche tempo dietro scambio con ben quattro prigionieri inglesi. La sua carriera proseguì: promosso capitano di vascello fu al comando del Rigeneratore, un’unità forte di 74 cannoni.
Ma ormai s’approssimava la seconda dominazione austriaca; il 29 aprile 1814 gli austriaci presero possesso di Venezia, il 7 aprile 1815 fu istituito il Regno Lombardo Veneto; il 3 maggio Venezia giurò fedeltà a Francesco I. Pasqualigo, cambiando divisa ma non professione, divenne capitano di vascello nella Cesarea regia marina, il cui comando supremo dipendeva dall’Imperial regio aulico Consiglio di guerra di Vienna. Nel 1815 pubblicò il Telegrafo marino ad uso della Imperiale reale marina (Venezia, per Francesco Andreola, tipografo dell’Imperial regia marina e dipartimentale), dove descrisse e spiegò lo strumento segnaletico così chiamato. Toccò a Pasqualigo, inoltre, al comando delle fregate Carolina e Sparviero, intimidire e reprimere la pirateria barbaresca. Fu di nuovo, nel 1817, sulla Carolina con il compito di condurre in Brasile l’ambasciatore austriaco conte di Eltz in occasione delle nozze, a Rio de Janeiro, dell’arciduchessa, figlia di Francesco I, Leopoldina d’Austria, con il principe ereditario del Brasile dom Pedro di Braganza, futuro imperatore. Reduce dal Brasile con il titolo di commendatore del regio ordine portoghese di Cristo fu ulteriormente decorato con l’ordine austriaco della Corona ferrea di terza classe, conferitogli da Francesco I, il quale nutriva stima e simpatia per Pasqualigo, al punto da eleggerlo a proprio compagno di viaggio, allorché, nel 1819, visitò Roma e Napoli.
Di nuovo a Venezia e con il grado di colonnello, si dedicò con gran lena, seguendo di persona i lavori d’allestimento all’Arsenale, alla spedizione a lui affidata contro i corsari.
Profusosi senza risparmio nell'impegno, si ammalò e morì, nella notte tra il 18 e il 19 gennaio 1821, di «reuma intestinale», a detta dei medici, non senza fosse opinione diffusa che la morte «se la volle egli», esagerando nel non aver alcun riguardo alla propria salute. Il giorno 21 ricevette solenni esequie militari nella basilica marciana, seguite dalla sepoltura nell’isola cimiteriale di S. Michele.
Non fu abbandonato il progetto che Pasqualigo doveva capeggiare, per il comando del quale circolò il nome del modenese Amilcare Paolucci delle Roncole che, già direttore e ispettore generale della Marina del Regno italico, era transitato il 2 giugno del 1814, al servizio dell’Austria con il grado di maggiore generale.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Giudici di petizion, Inventari, b. 470/135 n. 34; Venezia, Biblioteca civica Museo Correr, Codd. Cicogna, 2845: E.A. Cicogna, Diari, II, alla data 22 gennaio 1821; Personaggi illustri della veneta patrizia gente Pasqualigo richiamati alla memoria per celebrare le fauste nozze Pasqualigo-Scovolo, Venezia 1822, pp. 33 s.; F. Mutinelli, Il cimiterio di Venezia. Necrologie, Venezia 1838, pp. n.n.; Id., Annali delle province venete dall'anno 1801 al 1840, Venezia 1843, pp. 86, 252; E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, ad nomen; T. Erber, Storia della Dalmazia dal 1797 al 1814, I, Zara 1886, p. 71; Id., Storia della Dalmazia dal 1797 al 1814, in Archivio storico per la Dalmazia, XIII (1932), pp. 5, 102 s.; Venezia-Vienna, a cura di G. Romanelli, Milano 1983, ad ind.; A. Zorzi, Venezia austriaca, 1798-1866, Roma-Bari 1985, ad ind.; Id., Marinai sotto altre bandiere, in Storia di Venezia, Temi, Il mare, a cura di A. Tenenti - U. Tucci, Roma 1991, pp. 561-584, in partic. pp. 564 e 566.