MICHELOZZI, Niccolo
MICHELOZZI, Niccolò. – Nacque a Firenze, nel quartiere di S. Giovanni, «gonfalone» Drago, il 5 dic. 1444, da Michelozzo, architetto e scultore, e da Francesca Galigari (da altre fonti la data di nascita è spostata fra il 1446 e il 1447).
Si formò alla scuola di Marsilio Ficino e fu partecipe del clima culturale fiorentino della metà del secolo, accanto ad altri giovani dediti allo studio dei classici e a un’originale elaborazione poetica: Angelo Poliziano (A. Ambrogini), Alessandro Braccesi, Naldo Naldi, Bartolomeo Della Fonte, Pietro Cennini.
Di queste relazioni danno testimonianza sedici lettere scritte dal M. tra il gennaio e il novembre 1465 conservate dal ms. Magl. VIII.1421 della Biblioteca nazionale di Firenze (cc. 1r-10r). Da esse si apprende che egli scambiava libri con Antonio Steforo, che aveva trascritto Diodoro Siculo, che intendeva copiare l’epitome di Giustino. Per Naldo Naldi copiò estratti da Prisciano e per Poliziano le Epistole di Seneca (cfr. Miscellanea, I, cap. 77); la trascrizione del commento di Servio a Virgilio, compiuta sul finire dell’agosto 1464, ci è giunta nel ms. 91 sup. 20 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Tracce di carteggi con Domizio Calderini, Antonio Ivani ed esponenti della politica fiorentina del tempo sono trasmesse dai manoscritti Firenze, Biblioteca nazionale, Ginori Conti, 29, cc. n.n.; Londra, British Library, Add. Mss., 21520, c. 11r; 24215, c. 3r; 28105, c. 1r (tre lettere del Poliziano); Oxford, Bodleian Library, F.2.17; altre epistole, conservate fra le carte di T. De Marinis, sono edite in T. De Marinis - A. Perosa. Ci è giunta inoltre l’orazione tenuta all’arte dei giudici e notai il 5 dic. 1465, al momento cioè dell’iscrizione all’arte dopo il completamento degli studi notarili (Magl., VIII.1421, cc. 10v-11r).
Nel giugno 1466 il M. dovette partire da Pisa per raggiungere il padre, prostrato fisicamente e moralmente, nell’isola greca di Chio. Da lì, con una lettera del 29 apr. 1467 ad A. Braccesi, chiese di essere raccomandato al cancelliere Bartolomeo Scala. Il viaggio di ritorno, dopo una sosta a Costantinopoli e l’imbarco su nave anconetana, subì imprevisti di varia natura: la nave fu catturata dai Veneziani per sospetti contatti con i Turchi, poi padre e figlio furono trattenuti ad Ancona fino al dicembre 1467; solo nel mese successivo arrivarono a Venezia e da lì i Michelozzi poterono rientrare a Firenze. Al 1468 risale la presenza del M. nella Cancelleria fiorentina: in un documento datato 8 aprile egli si sottoscrive come coadiutore del cancelliere Bartolomeo Scala e tra il febbraio e il luglio 1469 fu presente come testimone ad alcuni atti notarili stipulati nei locali della Prima e della Seconda Cancelleria, in palazzo Vecchio. Il 31 genn. 1469 ha inizio il suo protocollo (Archivio di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 14099), che continua fino al 7 ag. 1495. All’interno dell’arte dei giudici e notai il M. ricoprì più volte incarichi di rilievo: fu, per esempio, proconsolo nel 1496 e nel 1501.
Nel 1471 entrò al servizio di Lorenzo de’ Medici, divenendone fedelissimo segretario e prezioso uomo di collegamento con gli uffici dello Stato e, di conseguenza, con gli esponenti più in vista della classe di governo fiorentina. La prima testimonianza documentale in questa veste risale al 6 luglio 1471, ma il M. continuò a lavorare nella Cancelleria fino al settembre dello stesso anno (l’ultimo atto è del giorno 21). Anche dopo questa data non cessò di ricoprire incarichi pubblici: fu notaio degli Ufficiali delle gabelle di Cortona (1473), degli Atti della Camera del Comune di Firenze (1475 e 1480), degli Ufficiali dell’onestà (1476). Lavorò nella Cancelleria medicea fino all’estate 1480, concentrando su di sé le maggiori responsabilità nel mantenimento dei rapporti con i corrispondenti. Dal 1474 ebbe come aiutante Angelo Poliziano.
Apportò un notevole miglioramento nell’organizzazione, introducendo – sul modello della Cancelleria pubblica – i registri dei «ricordi di lettere», cioè protocolli dove venivano elencate le lettere inviate da Lorenzo. Anche la registrazione delle lettere in arrivo fu resa più sistematica con annotazioni di Cancelleria, spesso di mano del M., apposte sul verso delle missive, che facilitavano il mantenimento e il reperimento di una documentazione sempre più rivolta alla sfera pubblica. Le lettere, in non pochi casi, erano direttamente elaborate dal M., come dimostra in modo speciale la corrispondenza tenuta con Francesco Gaddi, oratore in Francia, nel corso del 1480.
La vicinanza a Lorenzo portò il M. a occuparsi di tutto quanto ruotava intorno alla vita e all’attività del Magnifico, sia dal punto di vista politico, sia da quello riguardante parentele, affari commerciali, cultura e avvenimenti occasionali. Tali relazioni sono documentate da numerose lettere per lo più autografe del M., per la stragrande maggioranza in volgare, grazie alle quali è possibile seguire con regolarità l’evolversi delle vicende fiorentine e italiane per un ventennio, fino alla morte di Lorenzo (sono conservate nell’Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato).
Il ruolo del M. fu anche di riferimento e di filtro nei confronti dello stesso Magnifico, come appare dalle numerose missive a lui indirizzate, che chiedevano interventi di varia natura, specie raccomandazioni per uffici, sgravi fiscali, annullamento di condanne e simili, nonché informazioni di carattere più squisitamente politico. Entro l’ambiente laurenziano fu in familiarità con personaggi che segnarono l’umanesimo fiorentino della seconda metà del secolo. Delle lettere scambiate con artisti e letterati è rimasta una parte modesta, tuttavia il materiale superstite consente di intuire il ruolo importante ricoperto dal M. in questo ambito. In una lettera a Lorenzo del 12 dic. 1474 egli parla dei preparativi della celebre giostra che sarebbe stata poi vinta da Giuliano de’ Medici e immortalata da Poliziano nelle Stanze.
Non c’è dubbio che l’amicizia di maggiore significato per il M. fu quella con Poliziano, il quale nella Elegia a Bartolomeo Della Fonte (composta forse tra il 1473 e il 1474) lo ricorda tra i poeti contemporanei e come amico prediletto che ricercava per farsi leggere i suoi versi, di cui, purtroppo, non ci è giunto alcunché. Da Poliziano il M. è menzionato anche nella prima centuria dei Miscellanea (cap. 77), come «elegantis homo ingenii», della cui biblioteca egli si era giovato per un antico codice delle Epistole di Seneca.
Nel 1478 il M. divenne secondo cancelliere dei Dieci di balia, insieme con Francesco Gaddi, mentre Lorenzo de’ Medici era membro di quella magistratura, all’indomani della congiura dei Pazzi. Gli incarichi divennero anche diplomatici: nel 1479 fu inviato a Milano presso Ludovico il Moro e di nuovo nel 1485 come ambasciatore straordinario. Alla fine del 1479, insieme con Agostino Biliotti, accompagnò Lorenzo a Napoli per la firma della pace dopo la guerra seguita alla congiura. Svolse varie altre missioni, a Gubbio, a Ferrara, a Ostia, ma ininterrotta rimase la sua presenza negli uffici. Nel 1483 fu notaio dei Consoli del mare, nel 1484 dei Capitani di Orsanmichele e, nello stesso anno, rappresentò la Signoria fiorentina a Cesena alla conferenza convocata dopo la guerra di Ferrara. Nel 1486 divenne notaio del Camarlingo dei contratti, nel 1488 delle Permute.
Nel novembre 1489 fu mandato a Roma, con Giovanni Antonio da Arezzo, per sostituire Giovanni Lanfredini, oratore presso il papa, che si era ammalato. Alla sua morte, poco dopo, ne prese il posto. Rimase a Roma fino al marzo 1490 e nell’occasione tenne informato Lorenzo anche sulla gravidanza della figlia Maddalena, sposata a Francesco Cibo. Nell’agosto 1490 fu nominato commissario a Perugia, nel 1491 divenne ambasciatore a Napoli, dove lo sorprese la morte di Lorenzo l’8 apr. 1492. A fine giugno Piero de’ Medici lo inviò a Roma per seguire il conclave da cui uscì eletto Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI. Rientrò a Firenze a novembre. Nello stesso anno ricoprì l’ufficio di notaio degli Ufficiali delle gabelle di Pisa, nel 1493 fu notaio dei Cinque ufficiali del contado.
Alla caduta dei Medici, nel 1494, subì l’emarginazione insieme con altri cancellieri laurenziani (Giovanni Guidi, Simone Grazzini, Francesco Baroni, Piero Dovizi). Subì il carcere e le sue case – abitava in via Larga davanti al palazzo Medici – vennero saccheggiate. Prosciolto dalle accuse, già nel 1495 poté riprendere gli uffici di notaio degli Ufficiali di torre. Nel 1496 e di nuovo nel 1501, 1513 e 1520 ricoprì l’ufficio di proconsolo dell’arte dei giudici e notai. Ma negli anni finali del secolo e nei primi di quello successivo più che alla politica si dedicò a seguire i suoi affari commerciali in Oriente, indirizzati soprattutto alla seta e alle spezie, per i quali si servì di Giovanni Mazzinghi, agente a Costantinopoli anche dei Medici e di altre famiglie fiorentine. Il commercio gli procurò lauti guadagni e notevole agiatezza, come appare dal minuto inventario, rivolto a Domenico Mazzinghi, in cui descrive i preziosi oggetti che gli erano stati rubati nella villa di Quinto.
Caduto il regime di Pier Soderini, col ritorno al potere dei Medici nel 1512 il M. ricoprì nuovi incarichi. Il 7 novembre prese il posto di Niccolò Machiavelli, rimosso dall’ufficio di segretario della Seconda Cancelleria e confinato, con l’altissimo stipendio di 200 fiorini. Nello stesso mese venne beneficiato di sgravi fiscali per i pesanti debiti impostigli dai suoi avversari tramite le prestanze. In dicembre era cancelliere dei Dieci di balia e stringeva rapporti sempre più stretti con Giuliano de’ Medici, il futuro duca di Nemours, che informava dettagliatamente sull’attività della Cancelleria.
Nel 1515 fu eletto notaio degli Ufficiali delle prestanze e poi degli Ufficiali della carne, nel 1517 degli Attuari, mentre in questo stesso periodo i suoi poteri all’interno della Cancelleria si erano sostanzialmente ridimensionati. Nel 1519 fu anche notaio dei Provveditori dei contratti. Nel 1520, avendo rinunciato per anzianità alla carica di segretario della Seconda Cancelliera, divenne cancelliere degli Otto di pratica in sostituzione di Giovanni da Poppi, rimanendo invariato il salario di 200 fiorini. Al suo posto, a capo della Seconda Cancelleria, fu nominato Lorenzo Violi. Nel 1521 fu notaio degli Ufficiali dei pupilli.
Il M. morì a Firenze il 20 o il 21 genn. 1526 e venne sepolto il 22 nella chiesa di S. Marco.
Si era sposato nel 1484; ebbe una figlia, Antonia, andata sposa nel 1518 a Giuliano di Bartolomeo Baldi, e un figlio, Lorenzo, che nel 1520 sposò Lisabetta di Bernardo Rossi. Oltre alla casa di via Larga, la famiglia possedeva anche una casetta e una vigna nel «popolo» di S. Donnino a Brozzi, come risulta dalla dichiarazione catastale del M. del 1480, quando ancora era viva la madre, Francesca.
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