ESTE, Niccolò Maria d'
Nacque a Ferrara all'inizio della seconda metà del XV secolo. Suo padre Gurone, figlio naturale del marchese Niccolò [III], era uomo di prestigio tra i principi estensi non regnanti, come testimoniano gli uffici di cui fu investito, tra cui la commenda dell'abbazia di Nonantola. L'E. godette dei favori della corte ferrarese e in particolare dello zio Ercole I. Sebbene personaggio di minore rilievo rispetto ad altri esponenti della casata d'Este, le sue vicende personali e le funzioni svolte si intrecciano con gli sviluppi della politica estense in uno dei momenti di massima espansione e fulgore.
Le cronache ferraresi sono avare di notizie sulla giovinezza dell'E.: il 15 maggio 1473 il Caleffini ne rileva la presenza, in compagnia del padre, nel corteo che accompagnava all'esilio Alberto d'Este; nel 1479 lo Zambotti lo dice studente di diritto canonico nello Studio ferrarese. Vediamo quindi l'E. prendere viva parte nelle contese tra gli studenti di diritto per l'elezione del loro rettore e, nel 1481, capeggiare una spedizione degli studenti contro i cortigiani del duca Ercole, poi rientrata. Non ci è dato sapere se l'E. portasse a compimento gli studi universitari; nel 1487 e ancora nell'aprile del 1490 lo troviamo comunque tra i testimoni notevoli alla laurea di due nobiluomini ferraresi. Sempre al periodo universitario risale la sua amicizia con il cronista B. Zambotti, anche lui studente di diritto, al quale in seguito, divenuto vescovo, fece conferire gli ordini minori affinché potesse conseguire qualche beneficio ecclesiastico.
Nel 1483 l'E. ottenne la prepositura di Bondeno (Ferrara). Sempre in quell'anno gli fu conferita la commenda dell'abbazia benedettina di S. Maria di Gavello (Rovigo) e l'ufficio di rettore dell'ospedale di S. Iacopo Valdilamola.
Alla morte del padre (1484) i monaci di Nonantola, ritenendo loro dìritto darsi un successore, si riunirono in capitolo e, il 6 marzo dello stesso anno, elessero abate l'E., benché assente, e il duca Ercole appoggiò l'elezione. Sisto IV però, ignorando la decisione dei monaci, con bolla del 9 marzo 1484, destinò la pingue commenda a suo nipote, il cardinale Giuliano Della Rovere. Pare che infine si raggiungesse un accordo in base al quale entrambi godettero dei beni della badia.
Nel giugno del 1487 Ercole I, allora a Roma, chiese che il vescovato di Adria, vacante per la morte di Tito Novello, fosse assegnato all'E., che già godeva di notorietà tra la popolazione. Le trattative furono condotte a buon fine dal segretario ducale Paolo Antonio Trotti. La consacrazione dell'E. avvenne il 12 ag. 1487 per mano di Filasio Roverella, arcivescovo di Ravenna, con l'intervento formale del duca Ercole, della duchessa Eleonora, di Sigismondo, Rinaldo e Alberto d'Este e dei vescovi di Urbino e di Faenza, in qualità di assistenti.
La diocesi di Adria era allora divisa fra due domini: Rovigo e il Polesine ricadevano nella giurisdizione di Venezia, mentre Adria era tornata al Ducato estense nel 1484. Per questo motivo fu la Repubblica, per mezzo del suo rappresentante in Rovigo, a immettere l'E. in possesso dei beni della mensa nel Polesine. Scarsamente attento all'obbligo della residenza, l'E. affidò l'amministrazione della diocesi prevalentemente ai vicari, come è testimoniato dall'assenza di documenti da lui datati in Rovigo, in Adria o in altro luogo della sua giurisdizione. Tra le poche cose degne di nota da lui operate a favore della diocesi va ricordata la fondazione di un ospizio per vedove bisognose a Lendinara e lo sviluppo del culto di s. Bellino, protettore di Rovigo, del quale l'E. curò una memoria suddivisa in nove lezioni che introdusse nell'ufficio particolare della festa di quel santo.
Negli anni successivi alla sua elezione a vescovo di Adria l'E. compì numerosi viaggi in Italia e all'estero, spesso con delicati incarichi, altre volte in veste di semplice invitato ad alcuni dei più importanti matrimoni del tempo. In generale è attestata la sua presenza agli eventi principali della casa d'Este e la sua familiarità con il pontefice Alessandro VI. Nel gennaio del 1488 partecipò insieme con i più alti dignitari della corte ferrarese ai festeggiamenti in onore di Ottaviano da Montefeltro. Il 29 ottobre dello stesso anno presenziò alle esequie del cardinale di Milano G. Arcimboldi svoltesi a Roma.
Il 12 febbr. 1490 era stato nella comitiva che aveva accompagnato Isabella d'Este, figlia di Ercole I, da Ferrara a Mantova in sposa a Francesco Gonzaga.
In ottobre l'E. fu inviato in Ungheria per conferire con Beatrice d'Aragona, sorella della duchessa di Ferrara, e per rendere omaggio al nuovo re Ladislao jagellone. Partì da Ferrara il 26 dello stesso mese insieme col giureconsulto Armando De Nobili, anch'egli in qualità ambasciatore. Entrambi furono però costretti dalla guerra di successione ungherese a un lungo soggiorno a Zagabria e non portarono a termine la loro missione.
Nel novembre del 1492, in occasione dell'elezione di Alessandro VI, l'E. fu inviato a Roma in visita di omaggio. Nel 1498 si trovava di nuovo a Roma, dove di lì a poco ottenne la nomina a auditore di rota. Nel dicembre 1501 era ancora a Roma nella comitiva guidata da Ippolito d'Este per la celebrazione del contratto matrimoniale tra Alfonso d'Este e Lucrezia Borgia: toccò a lui tessere le lodi dei futuri coniugi e, come fanno notare i cronisti, l'eccessiva lunghezza del sermone lasciò insoddisfatto il pontefice.
Nel maggio del 1502 l'E. scriveva a Ercole I, dichiarando di volersi trasferire a Roma per cercarvi "miglior fortuna". Il 4 giugno dello stesso anno infatti Alessandro VI, su richiesta del figlio Cesare, concesse all'E. il governo di Viterbo con una provvigione di 100 ducati al mese.
L'E. entrò in possesso della carica il 20 ott. 1502. La città era dilaniata dalle lotte tra i partigiani degli Orsini e dei Colonna e l'E. s'adopro non poco per riportare la pace; a questo fine Alessandro VI gli diede piena facoltà di assolvere i colpevoli di qualsiasi delitto ed eccesso commesso nelle precedenti turbolenze e di restituire i beni confiscati e riammettere agli uffici chiunque ne avesse diritto. Non senza difficoltà furono allora avviate le trattative per la riappacificazione generale a cui molto contribuì l'opera svolta dall'illustre viterbese Egìdio. L'accordo di cui si fecero garanti i giurati delle arti fu sanzionato con pubblico rogito il 9 giugno 1503 e festeggiato con un solenne banchetto.
Nella situazione seguita alla morte di Alessandro VI l'E., dopo aver sventato un tentativo d'assedio da parte francese, scampò ad una sommossa fomentata da Renzo da Ceri, che costò la vita a molte persone, tra le quali suo nipote Borso Dell'Oro. Nell'ottobre 1503 fu sollevato dall'incarico con la promessa di provvigioni non meglio specificate ma "di miglior loco". Negli ultimi anni visse stabilmente a Ferrara, dove entrò in intima amicizia con Lucrezia Borgia. La sua ultima apparizione è nel 1505 durante i festeggiamenti per il nuovo duca Alfonso I.
Morì a Ferrara il 5 ag. 1507 e fu seppellito con gran pompa nella cattedrale. Lasciò tre figli naturali, Niccolò, Gurone ed Ercole.
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